Ritornare a Dio con il Perdono di Assisi cosa significa? Il “Perdono di Assisi sarebbe una devozioncella? Pare proprio di no.
Scrive Papa Benedetto XVI
“Qui devo aggiungere che nel corso del tempo l’indulgenza, in un primo momento riservata solo al luogo della Porziuncola, fu poi estesa prima a tutte le chiese francescane e, infine, a tutte le chiese parrocchiali per il 2 agosto. Nei ricordi della mia giovinezza il giorno del perdono d’Assisi è rimasto come un giorno di grande interiorità, come un giorno in cui si ricevevano i sacramenti in un clima di raccoglimento personale, come un giorno di preghiera.
Nella piazza antistante la nostra chiesa parrocchiale in quel giorno regnava un silenzio particolarmente solenne. Entravano e uscivano in continuazione persone dalla chiesa. Si sentiva che il cristianesimo è grazia e che questa si dischiude nella preghiera. Indipendentemente da ogni teoria sull’indulgenza (qui vi suggeriamo di leggere il testo integralmente perché spiega altre cose interessanti), era quello un giorno di fede e di silenziosa speranza, di una preghiera che si sapeva certamente esaudita e che valeva soprattutto per i defunti…”
“Nell’ambito spirituale tutto appartiene a tutti. Non c’è nessuna proprietà privata. Il bene di un altro diventa il mio e il mio diventa suo. Tutto viene da Cristo, ma poiché noi gli apparteniamo, anche ciò che è nostro diventa suo ed è investito di forza salvifica.
È questo ciò che si intende con le espressioni «tesoro della Chiesa» o «meriti» dei santi.
Chiedere l’indulgenza significa entrare in questa comunione di beni spirituali e mettersi a propria volta a sua disposizione.
La svolta nell’idea di penitenza, che ha avuto inizio alla Porziuncola, ha conseguentemente portato a questo punto: anche spiritualmente nessuno vive per se stesso. E solo allora la preoccupazione per la salvezza della propria anima si libera dall’ansia e dall’egoismo, proprio perché diventa preoccupazione per la salvezza degli altri.
Così la Porziuncola e l’indulgenza che da lì ha avuto origine diventa un compito, un invito a mettere la salvezza degli altri al di sopra della mia e, proprio in questo modo, a trovare anche me stesso. Si tratta di non chiedere più: sarò salvato? ma: che cosa vuole Dio da me perché altri siano salvati?
L’indulgenza rinvia alla comunione dei santi, al mistero della sostituzione vicaria, alla preghiera come via per diventare una cosa sola con Cristo e con il suo volere. Egli ci invita a partecipare alla tessitura dell’abito bianco della nuova umanità, che proprio nella sua semplicità è la vera bellezza. L’indulgenza in fondo è un po’ come la chiesa della Porziuncola: come bisogna percorrere gli spazi piuttosto freddi ed estranei del grande edificio per trovare al suo centro l’umile chiesetta che tocca il nostro cuore, così occorre attraversare il complesso intreccio della storia e delle idee teologiche per giungere a ciò che è davvero semplice: alla preghiera, con cui ci lasciamo cadere nella comunione dei santi, per cooperare con essi alla vittoria del bene sull’apparente onnipotenza del male, sapendo che alla fine tutto è grazia”. (Joseph Ratzinger “Il Perdono di Assisi” Ed. Porziuncola 2005)
Dalle Fonti Francescane (cfr FF 392-399)
Una notte dell’anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola presso Assisi, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l’altare il Cristo e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore!
Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: “Santissimo Padre, benché io sia misero peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, gli conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe”.
“Quello che tu chiedi, o Frate Francesco, è grande gli disse il Signore , ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio Vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza”. E Francesco si presentò subito dal Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: “Per quanti anni vuoi questa indulgenza?”. Francesco scattando rispose: “Padre Santo, non domando anni ma anime”. E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo richiamò: “Come, non vuoi nessun documento?”. E Francesco: “Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l’opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni”.
E qualche giorno più tardi insieme ai Vescovi dell’Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!”.