Walt Heyer è uno dei primi transgender al mondo. Uomo, sposato, con moglie e figli, decide di cambiare sesso. Poi la vita riserverà altre sorprese.
A lui la parola:“Per strane ragioni mia nonna sin da piccolo mi vestiva da bambina e quando mio padre lo scoprì non fece che peggiorare le cose: basò la mia educazione su una disciplina severissima. Vennero poi ad aggiungersi le molestie di mio zio, un adolescente disturbato, che cominciò a toccarmi quando avevo 10 anni. Inconsciamente pensavo che se fossi stato una bambina non mi avrebbero più trattato in quel modo. E così cominciai segretamente a pensare di cambiare sesso. All’età di 15 anni mi sentivo intrappolato. Volevo fuggire dal mio corpo. Lo reputavo la causa del mio malessere”.
Dopo questi fatti, il matrimonio, e con gli anni la decisione clamorosa: “un giorno presi la decisione di cambiare sesso per via chirurgica”, però “è successo che invece della felicità sono caduto in una depressione ancora più forte. In una vita fatta di promiscuità e follie. Solo dopo otto anni mi resi conto che non avevo fatto altro che peggiorare le cose. Non ero diventato una donna. E la depressione mi annientava. Ma sentivo che ormai era troppo tardi per tutto. Mi ricordai che all’università avevo studiato psicologia e che quando le persone hanno una grande pena nella vita diventano depresse o alcolizzate o tossicodipendenti. O tutte e tre le cose insieme. Perciò, dovevo capire da dove veniva la mia pena. Dovevo sapere quale era la verità. E così mi venne in mente che l’unico che poteva conoscere il mio dolore e la mia verità era Colui che mi aveva creato. Perciò feci la cosa più semplice di questo mondo: andai in chiesa a cercarlo. A cercare Dio. E lì trovai uno che mi aiutò per davvero. Un prete. Gli chiesi se avrebbe provato a cambiarmi e lui, sorridendo, mi rispose: ‘Il mio mestiere è volerti bene, a cambiarti ci penserà Dio’”.
A questo punto Walt decide di ritornare ciò che è sempre stato: un uomo. Si è convinto che il mondo LGBT sia fondamentalmente infelice: “In realtà è un mondo di frustrazione, rabbia, dolore che riversa le sue contraddizioni contro le persone che vivono una condizione normale e, giustamente, la difendono. Chi soffre pensa (o per razionalizzare il dolore o perché viene convinto di questo) che la colpa del suo disagio sia della società eterosessuale. Quella che viene erroneamente definita “omofoba”. Perciò la maggioranza dei trans e gay desiderano che sparisca qualsiasi sesso. Dall’altra parte c’è la responsabilità di chi sa, ha studiato ma tace per paura di mettere a repentaglio la propria carriera o per timore di finire in tribunale. Il problema è questo: transessuali, gay e lesbiche nascondono pubblicamente il loro disagio. Quando ero uno di loro ho ascoltato tanto dolore. Ma privatamente non ho mai sentito parlare di amore. Io stesso ero malato, depresso, alcolizzato. Oggi (ritornato uomo, ndr) ho 72 anni e sono sanissimo. Mentre la maggioranza di chi ora si trova nella mia condizione di un tempo, statisticamente non arriva alla mia età, muore prima per abuso di alcol, droga e promiscuità, il miglior viatico ad Aids e malattie letali di ogni genere”[1].
Oggi Walt ritiene di avere un compito: aiutare tutti coloro che si sentono a disagio con il loro corpo (W. Heyer, Paper genders, il mito del cambiamento di sesso, SugarCo, Milano, 2013). Per lui, a contribuire alla infelicità, alla depressione, all’alcolismo e all’alto tasso di suicidi dei transgender non sono coloro che li spingono a riconoscere un loro reale disagio psichico, e a tentare di riconciliare la loro anima con il loro corpo, ma al contrario quanti, di fronte ad una mascolinità innata e naturale, ma immatura e incompiuta, inducono un soggetto sofferente non a riconoscerla e a coltivarla, ma a ripudiarla e a contrastarla con pesanti e prolungate terapie ormonali e operazioni chirurgiche volte a violentare il corpo, così come esso, per natura, è. Inducendo un contrasto ancora più forte e dilacerante tra psiche e corpo. Per aiutare altri che soffrono, come ha sofferto lui, a riconciliarsi con il proprio corpo e con se stessi, Heyer ha scritto un libro, Papergenders, e gestisce alcuni siti, cui si rivolgono migliaia di persone per richiesta di aiuto (www.waltheyer.com/; www.sexchangeregret.com/; vedi immagini sotto).
[1] Intervista concessa alla giornalista Benedetta Frigerio, del settimanale Tempi, 29 aprile 2013.