di Pasquale Ferraro.
La storia del conservatorismo italiano è stata così piena di difficoltà e di ostacoli, che la sua stessa esistenza ne è stata minata: probabilmente non basterebbe un solo trattato per spiegare a fondo le ragioni che hanno impedito che si formasse in Italia un partito conservatore in passato, ma è sufficiente guardarsi attorno per comprendere a fondo le necessità e i motivi, grazie ai quali si è aperta una strada per la nascita, oggi, di un movimento liberal-conservatore in grado di incarnare le nuove sfide della destra italiana
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Parafrasando il grande poeta Giovanni Pascoli: “c’è qualcosa di nuovo oggi (in Italia ndr), anzi d’antico?”. Sì, ed è il Conservatorismo! Perché, forse, è proprio questa la grande novità di questi tempi e non l’ennesima scissione o l’ultima sigla aggiunta all’infinita sequela di gruppi parlamentari.
Infatti, la storia del conservatorismo italiano è stata così piena di difficoltà e di ostacoli, che la sua stessa esistenza ne è stata minata: probabilmente non basterebbe un solo trattato per spiegare a fondo le ragioni che hanno impedito che si formasse in Italia un partito conservatore in passato, ma è sufficiente guardarsi attorno per comprendere a fondo le necessità e i motivi, grazie ai quali si è aperta una strada per la nascita, oggi, di un movimento liberal-conservatore in grado di incarnare le nuove sfide della destra italiana.
La prima ragione sta nel fatto che, negli ultimi anni, la società ha visto crescere le forze c.d. post-ideologiche, più volgarmente definite “di protesta” o “populiste”: si tratta di partiti o movimenti che – tanto a destra, quanto a sinistra – hanno dato vita a battaglie fondate più sugli slogan che sulle idee e i programmi, ma, allo stesso tempo, caratterizzati da leadership forti e dalla voglia di riscatto di quella parte di popolazione che si è sentita posta ai margini della società. In questo clima di frattura e di tensioni ed in un sistema completamente liquido, le forze conservatrici rappresentano l’alternativa, la solidità e la volontà consapevole di costruire il futuro.
La seconda ragione è, invece, di tipo culturale. Si tratta di un aspetto tutt’altro che secondario, ma, spesso, eccessivamente sottovalutato da ogni governo di centro-destra e, da questo, pagato politicamente a caro prezzo. Invero, la storia ha dimostrato che non è sufficiente vincere le elezioni, poiché quella vittoria si tradurrà in un logoramento lento e continuo, in quanto le rivoluzioni prima di essere politiche, devono assumere una consapevolezza culturale e devono riuscire ad esprimere un élite in grado di affermare quella visione con lungimiranza, ma soprattutto con determinatezza.
Al momento la strada è complessa, ma le recenti elezioni europee ci hanno insegnato che il sovranismo può vivere e affermarsi solo se è inglobato nel pantheon del conservatorismo e se diventa parte di quel programma politico-ideale che sta alla base di ogni premessa politica. Dunque, il conservatorismo non è solo la speranza per l’Italia, ma anche per la società post-occidentale, quella in cui la frenetica macchina distruttrice del progressismo ci ha gettati.
Fonte: l’Occidentale