Il quotidiano La Verità ha pubblicato alcune puntate sugli uomini scelti da Bergoglio per guidare la chiesa. Il primo di questi articoli è uscito il 19 luglio. Nessuna smentita è mai arrivata, nonostante la gravità delle accuse… che, a questo punto, vanno conosciute, perchè “amicus Plato, sed magis amica Veritas”.
Tra scandali economici e sessuali
di Ignazio Mangrano
Dopo sei anni di pontificato, dopo mesi e mesi di silenzio sul “dossier Viganò”, è utile fare un quadretto il più possibile completo dell’entourage di Bergoglio.
Partiamo dal defunto cardinal Goffried Daneels, noto per essere stato uno dei suoi grandi elettori e membro di quella che lui stesso ha definito “la mafia di San Gallo”. Dal punto di vista delle idee, Daneels ha rappresentato per anni l’opposizione ideologica a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, soprattutto in materia di morale.
E’ stato, infatti, favorevole a leggi sulle unioni civili tra omosessuali, oltre che all’idea di concedere la comunione anche ai divorziati risposati (Paolo Rodari, Repubblica, 16/10/2014).
Soprattutto il cardinale belga è stato accusato più volte di essere un insabbiatore seriale, che ha protetto ecclesiastici omosessuali e pedofili: nel 1998 è stato condannato a 500 mila franchi di multa per aver protetto un parroco gay abusatore; poi è finito sotto le accuse di un ex sacerdote, Rik Devillé, e di un’altra ventina di persone; in seguito è stato sospettato di aver coperto il vescovo di Bruges, reo confesso di violenze sul nipotino! Nel 2010 si è arrivati persino alla perquisizione della casa del cardinale e al sequestro del suo computer!
Così Il Post del 30 agosto 2010: “Nei giorni scorsi la stampa belga ha pubblicato le registrazioni audio di due incontri dello scorso aprile tra il cardinale Godfried Daneels – ex arcivescovo di Bruxelles – e una delle vittime degli abusi di pedofilia commessi dall’ex vescovo di Bruges Roger Vangheluwe, costretto a dimettersi lo scorso giugno dopo aver chiesto scusa per i suoi reati. Nelle registrazioni Danneels cercava di convincere la vittima, ora un uomo di 42 anni, a non rivelare il suo caso a distanza di così tanto tempo, o almeno ad aspettare fino al pensionamento del prelato: «Si ritirerà il prossimo anno, e per te sarebbe meglio aspettare», riportano le intercettazioni pubblicate da De Standaard e Het Nieuwsblad…” (https://www.ilpost.it/2010/08/30/belgio-le-indagini-contro-i-vescovi-non-erano-cosi-spropositate/).
Il giornalista Emiliano Fittipaldi, nel suo “Lussuria: Peccati, scandali e tradimenti di una Chiesa fatta di uomini”, dedica alcune pagine proprio agli intrighi del cardinale belga, ricorda le pubbliche richieste di scuse del cardinale stesso, e conclude con questa frase: “Il 13 marzo 2013 sarà uno dei grandi sponsor di Bergoglio. Sarà lui uno dei fedelissimi (convocato personalmente dal papa, ndr) che cercherà di spingere le istanze progressiste al Sinodo sulla famiglia. Tutto è perdonato”.
Daneels è morto il 15 marzo 2019: i giornali di quei giorni hanno ricordato la sua antica amicizia con Bergoglio, le sue battaglie contro nazionalismo, islamofobia e a favore dei migranti e degli accordi tra Vaticano e Cina, ma anche gli scandali che ne hanno fatto, agli occhi della gente, un “insabbiatore”. Mentre nel telegramma di cordoglio, Bergoglio ha preferito l’elogio incondizionato, definendolo “un pastore zelante attento alle sfide della Chiesa contemporanea”.
Il secondo cardinale su cui soffermarsi è Donald Wuerl, definito dai vaticanisti americani “the Pope maker”, cioè il grande elettore di Bergoglio: “Ma insieme agli italiani anche gli americani, spinti su Bergoglio dal loro principale Pope Maker: l’ arcivescovo di Washington Donald Wuerl” (Paolo Rodari, Repubblica, 15/3/2013).
Wuerl è, idealmente parlando, l’oppositore negli Usa del cardinal Raymond Leo Burke, di cui è arrivato a chiedere pubblicamente le dimissioni, ed è molto vicino, politicamente, alle posizioni dei liberal. Soprattutto è intimamente legato, come altri tre ecclesiastici elevati alla berretta cardinalizia da Bergoglio stesso (Kevin Farrell, Joseph William Tobin e Blase Cupich), al cardinale Theodore Edgar McCarrick: un potente prelato cheBergoglio, dopo aver promosso tutti i suoi pupilli e ignorato i provvedimenti presi in precedenza contro di lui, ha dovuto far dimettere dallo stato clericale in seguito all’evidenza conclamata dei suoi reati (violenze omosessuali ai danni di seminaristi e pedofilia).
Wuerl è finito sotto la lente della magistratura americana, in quanto secondo il Rapporto del Grand Jury della Pennsylvania quando era vescovo di Pittsburgh, “trasferì e spostò preti che avevano abusato di adolescenti maschi, nascondendo le notizie alle autorità civili e addirittura pagando uno di loro perché tacesse”.
Ciononostante è stato sostenuto e puntellato per mesi da Bergoglio, fino a che, a causa delle contestazioni della comunità cattolica americana e di grandi giornali come The Washington Post e The New York Times (che hanno espresso sconcerto per il comportamento della coppia Wuerl-Bergoglio), ha ritenuto opportuno lui stesso lasciare l’incarico di arcivescovo della capitale.
Così Avvenire del 12 ottobre 2018: “Il Papa accetta la rinuncia dell’arcivescovo di Washington Wuerl. Nell’indagine sugli abusi sessuali su minori condotta nello Stato Usa della Pennsylvania, il cardinale era stato accusato di aver coperto numerosi preti pedofili quand’era vescovo di Pittsburgh”.
Nello stesso articolo, però, si legge un elogio di Bergoglio alla presunta “nobiltà” del cardinale inquisito e costretto alla rinuncia.
Sino a qui sono dunque già sei i cardinali di stretta osservanza bergogliana coinvolti in brutti scandali, destinati probabilmente ad aumentare a causa di possibili indagini della magistratura americana a carico della triade degli amici di McCarrick (i già citati cardinali Farrell, Cupich e Tobin).
Ma non è finita qui.
Se ci spostiamo nella terra originaria di Bergoglio, ci troviamo di fronte alle oscure vicende di Gustavo Óscar Zanchetta: questo prelato argentino è molto vicino al pontefice argentino, che nel luglio 2013, cioè poco dopo la nomina, lo promuove tempestivamente a vescovo di Oràn. Il 19 dicembre 2017, sempre papa Francesco lo vuole come assessore dell’Amministrazione del patrimonio della sede Apostolica, chiamandolo a Roma. La promozione suona sospetta, soprattutto quando il monsignore finisce sotto le indagini della magistratura argentina.
Così Salvatore Cernuzio su La stampa dell’8 giugno 2019: “ «Abusi sessuali continui aggravati». Con questa accusa del procuratore della provincia argentina di Salta, Monica Viazzi, finisce sotto processo in Argentina monsignor Gustavo Zanchetta, 54 anni, il vescovo protagonista di uno strano caso di dimissioni dalla diocesi di Oran tre anni fa, nominato dal Papa assessore dell’Apsa. Il giudice Claudio Parisi ha accusato ieri formalmente il presule di aver molestato sessualmente due seminaristi mentre era ordinario diocesano e quindi prima di lasciare la carica ed essere trasferito in Vaticano presso l’importante ufficio che amministra il patrimonio della Santa Sede”.
Il suo caso, prosegue il giornalista, “era iniziato il 29 luglio 2017 quando si era dimesso improvvisamente da Oran, diocesi al nord dell’Argentina caratterizzata da povertà, minacce costanti da parte dei narcos e altre problematiche, dove Bergoglio lo aveva posto nel 2013 tra le sue prime nomine episcopali. La scelta delle dimissioni era motivata da un «problema di salute» che non gli permetteva di «svolgere pienamente il ministero pastorale». Dopo alcuni mesi in cui, di fatto, era sparito dalla circolazione, era riapparso a Roma nel ruolo inedito di consigliere dell’Apsa «in considerazione della sua capacità di gestione amministrativa». Una posizione che non figurava precedentemente nell’organigramma del Dicastero e che non ha mai implicato alcuna responsabilità di governo….”.
Richiesto dalla vaticanista Valentina Alazraki, nel maggio 2019, sul perchè un prelato con tali accuse pendenti fosse stato chiamato a Roma, per di più con un incarico economico così prestigioso creato ad hoc per lui, Bergoglio, piuttosto in difficoltà, risponde tra l’altro: «Certo aveva un modo di trattare, a detta di alcuni, dispotico, autoritario, una gestione economica delle cose non del tutto chiara, sembra, ma ciò non è stato dimostrato. È indubbio che il clero non si sentiva trattato bene da lui… Economicamente era disordinato, ma non ha gestito male economicamente le opere che ha fatto. Era disordinato ma la visione è buona» (La Stampa, 28/5/2109).
Una difesa che, nella sua contorsione e goffa contraddittorietà, si commenta da sola.
Vedi le altre due puntate: