Cento anni fa, fotografando e studiando sull’Isola del Principe l’eclisse solare del 29 maggio 1919 Sir Arthur Stanley Eddington dimostra sperimentalmente che Albert Einstein ha ragione.
Riassume così l’astrofilo Gianfranco Benegiamo:
“La mattina del 7 novembre 1919 Albert Einstein si svegliò a Berlino, dove aveva preso sonno la sera prima come lo sconosciuto direttore quarantenne dell’Istituto di Fisica Kaiser Wilhelm, senza immaginare che da lì a poco sarebbe diventato un personaggio popolare. Il nome dello scienziato tedesco era circolato sino a quel momento tra gli addetti ai lavori nel campo della fisica teorica, soprattutto per le bizzarre conseguenze astrofisiche derivanti dalle sue teorie, ma era completamente sconosciuto al grande pubblico e totalmente ignorato dai mezzi d’informazione.
L’annuncio dato il giorno prima a Londra, nel corso della riunione congiunta di Royal Society e Royal Astronomical Society, riguardante la conferma sperimentale dell’effetto esercitato dal campo gravitazionale sulla direzione di propagazione della luce, fu amplificato dai giornali pubblicati sulle rive opposte dell’Oceano Atlantico che in tal modo consegnarono Einstein alla fama mondiale… L’analisi delle fotografie riprese pochi mesi prima (da Eddington, ndr), per determinare come varia la posizione delle stelle più vicine al disco solare durante un’eclisse totale, condizionò il successivo sviluppo della fisica anche se forse poggiava più sulla totale fiducia di Arthur Stanley Eddington nella nuova teoria che sulla reale affidabilità dei dati raccolti”.
Chi è Arthur Stanley Eddington? Plumian Professor di Astronomia e di Filosofia sperimentale all’Università di Cambridge e membro della Royal Society d’Inghilterra, è stato il massimo astrofisico del Novecento.
È infatti tra coloro che hanno avviato gli studi sulla nucleosintesi e sull’evoluzione stellare; è stato maestro di George Eduard Lemaitre, il sacerdote belga padre del Big bang; ha dimostrato, nel 1919, come si è già detto, la relatività generale di Einstein.
Lo troviamo dunque protagonista, tra le altre cose, delle tre grandi «novità» di inizio Novecento: lo sviluppo dell’astrofisica; la teoria dell’«atomo primordiale», detta anche Big bang; la relatività, che fu tra i primissimi a comprendere e a divulgare.
L’astronoma italiana Patrizia Caraveo ha scritto di lui: «L’antologia dei più importanti lavori pubblicati in campo astronomico tra il 1900 e il 1975 contiene ben sei articoli di Eddington contro i quattro di Einstein e Hubble. Nessuno lo supera e nessuno lo eguaglia, solo a lui è stato riconosciuto il privilegio di aver scritto sei contributi fondamentali per lo sviluppo dell’astrofisica».
Ebbene Eddington amava, oltre alla scienza, la filosofia e la teologia, come tutti i giganti di Cambridge prima di lui: Isaac Newton, Michael Faraday e James Maxwell.
E come loro professava apertamente, seppure con discrezione, la sua fede, espressa anche in un libro, La scienza & il mondo invisibile, che l’editore Ares ha appena ripubblicato, dopo 70 anni, per ricordare il centenario della scoperta dell’astrofisico inglese che, in un’epoca dominata, filosoficamente e politicamente, dal materialismo, osava scrivere: «L’universo ha come natura il pensiero di uno Spirito universale. Detto brutalmente: la sostanza del mondo è la sostanza mentale».
Questo articolo è uscito anche su La Nuova Bussola quotidiana