Un personaggio davvero versatile, che viaggia per il mondo per la musica, la cultura, la fede. Si potrebbe definire così, in poche parole, Aurelio Porfiri, musicista, compositore, direttore di coro, già
coordinatore per l’intero programma musicale presso l’Università di San Giuseppe in Macao (Cina), direttore delle attività corali presso la scuola Santa Rosa da Lima (Macao) e professore ospite al Conservatorio di Musica di Shanghai (Cina).
Maestro, la musica in due righe…
“In due righe? Come se mi chiedesse di parlare dell’universo in due parole. Comunque, ispirandomi a qualcosa detto anche da altri, direi che la musica è un’altissima forma di conoscenza. Purtroppo molti vedono solo la tecnica come fine della musica e ne perdono invece la sua capacità fondamentale, quella di elevarci non solo fisicamente, facendoci sentire meglio, ma soprattutto spiritualmente, intendendo questa parola nel suo senso più ampio”.
E la musica sacra?
“La musica sacra è quella musica impiegata nella liturgia per dare gloria a Dio e per edificare i fedeli. Certamente questa definizione è molto sintetica e bisognerebbe dedicare molte righe soltanto per circoscrivere la definizione stessa. Infatti alcuni preferiscono chiamarla musica liturgica, musica rituale, musica di Chiesa e non musica sacra, pur se quest’ultima definizione ha un’importante tradizione nei documenti del magistero. Ma non entro qui in questa diatriba”.
Lei è stato ad Hong Kong e conosce il cardinal Jopseph Zen, con cui ha scritto anche un libro: quale è la situazione attuale della Chiesa in Cina?
“La situazione è di grande incertezza che si riflette nella divisione sull’atteggiamento da tenere nei confronti del governo cinese, una divisione che del resto nella Chiesa è oggi radicalizzata su più fronti, se non tutti. C’è la percezione che l’inevitabile accadrà, cioè che l’accordo verrà firmato. Questo rende perplesse molte persone con cui ho parlato, sapendo che si firmano accordi con antichi oppositori solo quando esista un cambio di atteggiamento, che qui proprio non si capisce quale sia”.
Cosa pensa Zen della politica cinese della Santa Sede?
“Io non posso rispondere per lui. Credo che ha chiarito più volte che la sua posizione ferma non è mai per mancare di rispetto al Pontefice ma per affermare i diritti di una verità in cui lui crede con grande forza. I suoi scritti e interventi sull’argomento soni quasi tutti disponibili su internet, non basta che cercarli”.
Il suo ultimo libro è un triller sulla confessione (“La confessione: se puoi tradire Dio, chi non sarai capace di tradire?”, Edizioni Chorabooks). Di che si tratta?
“È il primo di una serie sui Sacramenti. Io credo che i Sacramenti stessi nella Chiesa sono in una grande crisi di identità, in fondo annacquati da una cultura che procede in senso contrario alla tradizione cristiana. Ecco la mia ragione nel provare la strada dello scrittore di gialli”.
La trama?
“Siamo in Hong Kong, un missionario italiano in grande crisi di fede riceve una confidenza in confessione su un delitto, ma non può parlarne…”.
Progetti futuri?
Tanti. Comunque mi basterà accennare ad un altro libro in uscita in aprile, con prefazione di Marcello Veneziani, “Sia l’uomo la tua frontiera. Lettera a un medico di famiglia” (Sugarco) che tratta della medicina ma con un senso spirituale”.
Lei è musicista ma tratta temi che sembrano lontani dalla musica…
“Sembrano, ma in realtà il musicista vero non può non avere uno sguardo più ampio sulla realtà che lo circonda. Per i greci il mousikos non era semplicemente il musicista ma la persona edotta in tutte le arti sacre alle Muse, la persona educata”.