È mai possibile che un intero episcopato si schieri per la piena libertà di bestemmiare? Purtroppo, nei tempi assurdi e anticristici che stiamo vivendo, sì!
È quanto appena accaduto nella (ex) cattolicissima Irlanda, ormai a ritmi piuttosto celere divenuta una nazione completamente laica, se non laicista e smemorata. Iniziamo dai fatti: “Irlanda abolito il reato di bestemmia e riconfermato il presidente Higgins”, così titolava fieramente il quotidiano ateista Repubblica, sabato 27 ottobre.
In effetti, si era tenuto il giorno prima un duplice referendum popolare, di cui uno dei quesiti non era di natura politica, ma aveva a che fare con uno dei peccati più gravi che si possono commettere qui in terra: la bestemmia, ovvero l’insulto a Dio e ai santi.
L’agenzia di stampa AGI del 27 ottobre dà questa lettura della tristissima vicenda: “La stessa Chiesa cattolica, in occasione del referendum che ieri ha deciso in Irlanda, a larga maggioranza, la depenalizzazione dell’imprecazione a carattere religioso, ha preso una posizione che prima del Concilio sarebbe stata impensabile (…). Se l’avesse scritto Obama non avrebbe potuto fare di meglio”.
Ha votato a favore della libera bestemmia il 65% dei cittadini, in larghissima parte battezzati, ovvero membri di diritto e di fatto della Chiesa di Roma.
Il laico Codice penale italiano pur nelle sue varie evoluzioni – dall’Italia post-unitaria, al fascismo, alla Repubblica – ha sempre vietato la bestemmia nei luoghi pubblici. Nella sua formulazione più recente, l’articolo 724 recita così: “Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantuno euro a trecentonove euro”.
Dopo la revisione del Concordato del 1929, revisione avvenuta nel 1984, la condanna della bestemmia è rimasta. Ma è stata intrepretata da varie sentenze della Corte Costituzionale non già nel senso tradizionale di offesa a Dio, quanto piuttosto di offesa al sentimento religioso della gente. E ovviamente se detto senso religioso si attenua, si corre il rischio di accettare socialmente la bestemmia come normale, non cogliendo più tutta la sua malizia intrinseca che veramente grida vendetta al cospetto di Dio.
In ogni caso, la laica enciclopedia UTET rammenta ai presuli smemorati di cui sopra che “La bestemmia fu sempre ritenuta come uno dei più gravi peccati (…). Nelle società cristiane e anche solo in quelle organizzate in vista di un ideale religioso, fu sempre considerata una mancanza anche sociale, perciò passibile di pene civili”.
Sappiamo della recente e rapidissima secolarizzazione della società irlandese che in pochissimi anni ha introdotto, dopo essere rimasta a lungo “indietro”, divorzio, aborto e da ultimo perfino le nozze gay, con adozione di minori da parte di queste famiglie di nuovo conio. Ma tutte queste leggi laiche e opposte al diritto naturale, non sono esse stesse una sorta di implicita bestemmia nei confronti delle leggi del Creatore?
In ogni caso, fino all’ottobre del 2018, la Costituzione irlandese risentiva ancora della fede cristiana di coloro che l’avevano redatta e promulgata. Ed oltre a menzionare esplicitamente la Divinità, conteneva un passaggio che reprimeva la bestemmia in quanto contraria ai costumi del popolo d’Irlanda.
L’Osservatore Romano, quotidiano ufficiale della Santa Sede, ha riportato (il 27 ottobre, a p. 2), senza apparenti patemi d’animo, la presa di posizione dell’episcopato locale, in favore della libertà di bestemmiare in pubblico. E contro ogni sanzione, ancorché simbolica, al pubblico bestemmiatore.
“In Irlanda, così il quotidiano vaticano, non c’è stata una condanna per blasfemia dal 1855. I vescovi irlandesi in una nota hanno chiarito che ‘il riferimento alla blasfemia nella Costituzione (…), è in gran parte obsoleto e può destare preoccupazione a causa del modo in cui tali misure possono essere utilizzate per giustificare la violenza e l’oppressione contro le minoranze’”.
Ma se non c’è stata una sola condanna per blasfemia dal 1855, ovvero da oltre un secolo e mezzo, come afferma l’organo della Santa Sede, come si fa a dire che il breve passaggio anti-blasfemo della Costituzione, può essere usato per giustificare la violenza?
E poi quale violenza? Quella sottile violenza culturale che i laicisti attuano ogni giorno nei confronti dei cattolici, irrisi e messi all’angolo per le loro convinzioni in tema di vita e di famiglia? O quella che le persone pie subiscono nell’indifferenza generale, sentendo pronunciare il nome di Dio nei modi più vani e indecenti per strada, sull’autobus, allo stadio e più o meno ovunque ci sia folla e massa?
Probabilmente secondo i Vescovi irlandesi anche la bestemmia e la sua penalizzazione è divenuto un tema caldo che si preferisce non trattare, e lasciare completamente nelle mani delle lobby dell’ateismo. E infatti solo parlare di bestemmia per deprecarla dà fastidio ai signori atei e quindi, benché la norma fosse tutt’altro che repressiva (dal 1855 neppure una condanna a fronte di chissà quanti milioni di insulti all’Onnipotente…), meglio sopprimerla alla svelta.
Il Catechismo della Chiesa cattolica, afferma però con chiarezza che “la bestemmia è contraria al rispetto dovuto a Dio e al suo santo nome. Per sua natura è un peccato grave”, e che “la proibizione della bestemmia si estende alle parole contro la Chiesa di Cristo, i santi, le cose sacre” (n. 2148, corsivi miei). Il rispetto a Dio è dovuto, non è una questione di scelta personale, e la proibizione di bestemmiare va richiesta ad ogni governo e ad ogni Stato degno di questo nome, altrimenti la tomba della civiltà è vicina.
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