Chi vuole il bene dei migranti?

Sulla vicenda delle 629 persone imbarcate dall’Aquarius, il cui approdo sulle coste italiane è stato finora impedito, è divampata una polemica dalla quale, scusate, intendo chiamarmi fuori. Non per nulla, è che fra le accuse di razzismo, l’indignazione un tanto al chilo e le citazioni evangeliche a casaccio non mi sento a mio agio. Capitemi. Inoltre, non ho alcun commento valido da offrire ma solo, per quel che valgono, delle domande. Per esempio: posto che il bene di quelle 629 persone certamente sembra non desiderarlo chi appoggia la chiusura dei porti italiani, allora chi lo vuole? Si può sapere?

Chi li ha allontanati dalle coste dietro compensi stellari ma con imbarcazioni per modo di dire, oltretutto con il concreto rischio di farli annegare? O forse chi, contattato da questi filantropi, i 629 e andato a prelevarli in prossimità delle coste libiche e anziché riportali indietro – mica all’inferno, eh, ma solo alle coste più vicine –, tenta di condurli neppure all’isola più vicina (Malta), ma in Italia? Chi, come fa Sos Mediterranée, spende 11.000 euro al giorno in mare, quando con quegli stessi soldi – alle stesse 629 persone – garantirebbe pasti quotidiani per oltre 17 euro, dieci volte tanto quello con cui si sopravvive in Africa subsahariana, fa dunque del bene?

Ancora, in chi urla «accogliamoli!», ma per favove non pvopvio a Capalbio, gvazie, c’è dell’altruismo? Anche se non sembra, non provoco affatto: chiedo. Esattamente come chiedo se non sussista un legame, a dir poco esecrabile, tra il flusso di questi disperati e chi vede in essi l’esercito industriale di riserva, gente disposta a farsi ingiustamente sfruttare, cosa che giustamente gli italiani non vogliono più accettare. Ripeto: non ho alcun commento valido da offrire, proprio nessuno, solo delle domande. Domande di chi sa poco, ma è consapevole che ci si può abbruttire – e tanto – pure dietro a belle parole, e che talvolta è meglio tenersi alla larga, da ciò che è lastricato di buone intenzioni.

Giuliano Guzzo

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