di Sabino Paciolla*
Oggi su Vatican Insider è comparsa una intervista al prof. Massimo Borghesi.
Le risposte di Borghesi in molti punti non mi trovano d’accordo.
Ad esempio, alla domanda dell’intervistatore Tornielli: Lei è d’accordo con chi ripete che oggi nella Chiesa c’è “confusione”?
Borghesi così risponde: «La confusione è evidente. Solo che a provocarla non è certo il Papa ma sono coloro che, per avversarlo, non esitano a moltiplicare le voci di dissenso, i segnali di cedimento, la smobilitazione e lo svuotamento delle chiese. Come se i pontificati di Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, fossero stati delle tranquille passeggiate e le folle si fossero riversate alle messe domenicali. L’89 ha privato anche i conservatori della memoria storica. Quello che colpisce nei critici del Papa è l’accanimento nel mettere in luce gli episodi “negativi” (…)».
Inutile dire che la risposta del prof. Borghesi non solo non è affatto convincente, ma è oltremodo fuori centro nello spiegare quello che avviene nella vita del cattolicesimo attuale.
Infatti, dire, come fa Borghesi, che la confusione sarebbe generata, tra l’altro, dalla continua sottolineatura da parte dei blog di “cedimenti” significa dire solo una parte di quello che avviene, chiudendo gli occhi, non so se per prevenzione o altro, su tutto il resto, cioè sull’altra faccia della medaglia.
Dalla lettura della risposta alla domanda su riportata, quello che Borghesi mi sembra non percepisca è che mentre lui per “cedimento” intende probabilmente una temporanea e forse involontaria debolezza, da molti fedeli, invece, quel “cedimento” viene interpretato come il segno di un radicale cambiamento di paradigma, di una rottura, generatrice, per altro, di un grande disagio.
Per spiegarmi meglio faccio qualche esempio.
Quando mons. Galantino afferma: “La Riforma è e sarà in futuro un evento dello Spirito Santo”; quando il Vaticano il 31 ottobre scorso, per ricordare la Riforma Protestante, dà alle stampe un francobollo con Lutero e Melantone ai piedi della croce, scalzando la Madonna e San Giovanni; quando nelle preghiere della settimana dell’Unità dei Cristiani del 2017 (preghiere scritte insieme ai protestanti) scompare l’attributo di “santo” dinanzi ai nostri Santi per definirli solo riformatori; quando uno dei più stretti collaboratori del papa, il cardinale Schönborn, dice che “persino coloro che vivono una unione dello stesso sesso hanno bisogno delle loro famiglie” e fa pubblicare, come espressione di Amoris Laetitia, nel bollettino della sua cattedrale di Santo Stefano a Vienna un articolo scritto da due uomini omosessuali sposati civilmente, che hanno adottato un bambino, un articolo intitolato: “We are family”; quando il Cardinale Tobin, di Newark, scelto da Papa Francesco a fine 2016, dà il consenso a far pubblicare un manifesto che pubblicizza un pellegrinaggio particolare dal titolo “Pellegrinaggio LGBT” proprio nella sua cattedrale; quando nell’inserto “Noi, famiglia&vita”, allegato ad ‘Avvenire’ di domenica 28 maggio 2017, Luciano Moia scrive: “[nell’Amoris Laetitia, ndr] la ricerca del bene possibile, la logica dei piccoli passi, la nuova valorizzazione della coscienza informata, la PARI DIGNITÀ di fronte a Dio DI OGNI ORIENTAMENTO SESSUALE, sono alcuni tra i punti fermi di questa scelta”;….e potrei continuare con esempi a iosa, viene dunque da chiedersi: chi è che genera la confusione? A questo proposito, Mons. Galantino non è l’ultimo pretucolo dell’ultimo paese sperduto in montagna, ma il segretario della Conferenza Episcopale Italiana, scelto direttamente da Papa Francesco; il card. Schönborn non è l’ultimo arrivato ma è stato indicato da Papa Francesco come il più autorevole interprete di Amoris Laetitia; il card. Tobin è stato scelto da poco da Papa Francesco, e così via.
Per brevità non faccio riferimento ai Family Day, alla Cirinnà, alla legge sulle DAT.
Ha dunque perfettamente ragione monsignor Luigi Negri quando afferma: “La confusione c’è. C’è ed è gravissima. Non c’è persona sensata che possa negare questo. (…) Ero quotidianamente interloquito da buoni cristiani nella coscienza dei quali si era prodotta una delusione fortissima, e vivevano con molta sofferenza. Lo dico con chiarezza, una sofferenza maggiore di tanti ecclesiastici e di tanti miei confratelli vescovi. È la sofferenza di un popolo che non si sente più accudito, sostenuto nella esigenza fondamentale di verità, di bene, di bellezza e di giustizia che costituiscono il cuore profondo dell’uomo, che soltanto il mistero di Cristo rivela profondamente e attua in maniera straordinaria”.
Mentre mons. Negri parla di popolo, cioè di semplici fedeli, che non si sente più accudito come in passato, il prof. Borghesi parla invece di categorie un po’ astratte. Per questo il prof. Borghesi sbaglia, e sbaglia clamorosamente, quando, non vedendo il disagio di un popolo, un disagio palpabile, vero, profondo e sincero, riduce il tutto a schermaglie ideologiche tra tradizionalisti e progressisti. Una tale impostazione produce, forse involontariamente, una riduzione intellettuale di un popolo con un vero disagio ad una immaginaria “falange” con la fissa del combattimento. Un “popolo-falange” che ritiene che: «La testimonianza non è compassione, misericordia, fermezza ideale. No, è combattimento, contrasto dialettico tra identità incomponibili, estranee, nemiche. Nella loro critica alla nozione di “dialogo” dei progressisti i tradizionalisti sono diventati, senza accorgersene, dei manichei, in odio all’irenismo del pacifismo appaiono come cantori della guerra».
Mi verrebbe da chiedere al prof. Borghesi chi è che, in questo frangente storico, manifesta questa necessità di “costruirsi” un fantomatico nemico da combattere. Ma non lo farò.
*dalla sua pagina facebook