Martin Lutero, a 500 anni di distanza, divide ancora la Cristianità e con essa la Chiesa. A dire il vero la Santa Romana Chiesa aveva chiuso, più ci cento anni fa e dopo 400 anni di riflessioni e approfondimenti, la terribile vicenda luterana: Lutero è stato un eretico e ciò che ha partorito è stata la più grande eresia di tutti i tempi, passati, presenti e futuri. Oggi, però, in pieno “dogma” del dialogo assistiamo, non tanto ad un revival del monaco ribelle, ma ad una vera e propria riabilitazione della sua dottrina. Da eretico a “santo”. A dir la verità non è la prima volta che questo accade nella storia della Chiesa, come nella celebre vicenda di Santa Giovanna d’Arco. Ma nel caso della Punzella, giudicata da un tribunale (falso!) dell’Inquisizione e arsa viva come eretica nel 1431, è seguita una riabilitazione promossa dallo stesso re di Francia, Carlo VII (che prima non aveva mosso nulla per aiutarla) già nel 1456 istituendo un processo che ricostruisse la verità della triste vicenda.
Di Lutero non si può dire altrettanto, ne per quanto riguarda i giudizi dei contemporanei, ne di quanti (santi e pontefici) hanno potuto toccare con mano le disastrose conseguenze del suo pensiero. Nel XX secolo, tuttavia, assistiamo ad una inversione di marcia. Alla base di questa c’è l’idea, giusta, che bisogna trovare punti d’intesa con i “fratelli separati” nei quali ritrovare l’unità perduta. Ma attenzione a parlare di ritorno nell’unica Chiesa di Cristo! I cultori del dialogo distinguono bene i due piani. Da una parte il dialogo, dall’altro l’evangelizzazione. Distinzione più che giusta, con l’unico problema che il secondo aspetto è venuto totalmente a mancare, celebrando come unica via di incontro con l’altro solo quella dello sterile dialogo, che nulla cambia, ma che sembra col tempo generare confusioni e nuove separazioni. Eterogenesi dei fini.
A calcare la mano sulla riabilitazione del monaco ribelle è stato a più riprese il Santo Padre, sia nel viaggio del 2016 in Svezia che in altre occasioni durante tutto l’anno delle celebrazioni per il cinquecentenario della Riforma. Ma è su Civiltà Cattolica, la rivista dei Gesuiti guidata da Antonio Spadaro (collaboratore stretto del Papa), che padre Giancarlo Pani scrive addirittura non solo che “il Papa ha definito Lutero un «riformatore»” ma anche che “ha riconosciuto l’errore della Chiesa nei suoi confronti”. Avete capito? Per Civiltà Cattolica il Papa ha affermato che nella vicenda della Controriforma è stata anche la Chiesa a sbagliare. E Lutero? Prosegue Pani: “Le Tesi di Wittenberg non sono né una sfida né una ribellione all’autorità, ma la proposta di rinnovamento dell’annuncio evangelico, nel desiderio sincero di una «riforma» nella Chiesa. La questione dirimente è stata forse la pretesa, da parte sia della Chiesa di Roma sia di Lutero, di incarnare in toto la verità e di esserne dispensatori. Eppure, nonostante tutto, non si può negare il ruolo che Lutero ha avuto come testimone della fede”. E tutto questo alla luce di “una rilettura del passato, libera da luoghi comuni e da «vulgate» trasmesse acriticamente; libera anche da posizioni e pregiudizi affermatisi lungo i secoli a scapito del vero”. Pani, dunque, invoca “onestà e amore della verità” nella vicenda luterana, che nei secoli, per Civiltà Cattolica, ha invece vissuto di pregiudizi e false accuse al monaco, che Galantino, segretario della CEI, recentemente in un seminario sulla Riforma, ha definito invece un “dono dello Spirito Santo”.
Anche su Avvenire, circa un anno fa, per la giornalista Chiara Bertoglio Lutero è stato “un teologo di grande importanza […] Un cristiano appassionato della parola di Dio….Un leader religioso […] un colto dottore in teologia”. O come Salvatore Izzo, vaticanista di AGI (Azienda Giornalistica Italiana) che, commentando la lettura che Galantino ha fatto di un famoso, quanto polemico, brano di Lutero, ha affermato: “questo brano di Lutero per 5 secoli era considerato offensivo dai cattolici. Ma negli ultimi anni è cambiato completamente l’approccio dei cattolici alla figura di Lutero”. Questo lo scritto di Lutero citato dal numero due della CEI alla Lateranense: “Mi sono schierato contro tutti i papisti, contro il Papa e le indulgenze ma solo predicando la Parola di Dio. E quando io dormivo la parola di Dio operava tali cose che il Papa è caduto”.
Ci sono stati, però, santi e sante che da subito hanno gridato al pericolo, per nulla nascosto, nelle intenzioni di Lutero. Sante come Teresa d’Avila, la quale nel suo “Cammino di perfezione” così indicava la nuova chiesa luterana nascente: “In questo tempo mi giunse notizia dei danni e delle stragi che avevano fatto in Francia i luterani e di quanto andasse aumentando questa malaugurata setta. Ne provai gran dolore e, come se io potessi o fossi qualcosa, piangevo con il Signore e lo supplicavo di porre rimedio a tanto male. Mi sembrava che avrei dato mille volte la vita per salvare una fra le molte anime che là si perdevano…pensavo che, tutte dedite (consorelle, ndr) alla preghiera per i difensori della Chiesa, per i predicatori e per i teologi che la sostengono, avremmo aiutato come meglio si poteva questo mio Signore, così perseguitato da coloro che ha tanto beneficato, da sembrare che questi traditori lo vogliano crocifiggere di nuovo e che egli non abbia dove posare il capo…Oh, mio Redentore, il mio cuore non può giungere a tanto, senza sentirsi spezzare dalla pena! Che cos’è oggi questo atteggiamento dei cristiani? Possibile che a perseguitarvi siano sempre coloro che più vi devono? Coloro ai quali concedete le vostre migliori grazie, che scegliete per vostri amici, fra i quali vivete e ai quali vi comunicate con i sacramenti? Non sono essi sazi dei tormenti che avete patito per loro?…. l mondo è in fiamme; vogliono nuovamente condannare Cristo, come si dice, raccogliendo contro di lui mille testimonianze; vogliono denigrare la sua Chiesa”.