Tutta colpa della mia ingenuità. Non fossi così, non sarei stato assalito dall’incredulità dinnanzi agli applausi che a Montecitorio, ieri, hanno accolto l’affermazione del primo ministro canadese, il liberale Justin Trudeau, mentre costui rivendicava la sua piena adesione al femminismo. Avrei difatti voluto chiedere a chi si spellava le mani se sapeva di omaggiare uno che nel proprio Paese ha introdotto le carte identità «neutre», per il terzo gender, né maschio né femmina – iniziativa che quindi non valorizza il femminile, ma lo mette nel mirino dell’indifferentismo sessuale -; che guida una nazione dov’è consentito l’utero in affitto, pratica formalmente gratuita ma frequentemente oggetto di abusi e comunque sempre orrenda; dove il tasso di suicidio femminile è quasi il doppio di quello che si registra tra le italiane. Aggiungiamoci che non poche femministe hanno già scaricato, per vari motivi, Trudeau – «Non fidatevi dei liberal di bell’aspetto», ha per esempio tuonato Jane Fonda – e la misura dell’abbaglio preso da chi applaudiva «il femminista», introdotto dall’immancabile Boldrini, diviene fin troppo chiar*.
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