Dal Concilio Vaticano II (1962-1965) in poi si registra una netta e crescente volontà, da parte delle autorità cattoliche di passare, in rapporto a tutte le religioni, le ideologie, le mode del momento e le tendenze culturali, “dall’anatema al dialogo” (come recita il titolo di un libro un tempo celebre del filosofo francese Roger Garaudy).
Il Concilio stesso parla lungamente di ecumenismo tra cristiani nel decreto Unitatis redintegratio, arrivando perfino a dire, nero su bianco, che tra i beni condivisi dalle varie chiese cristiane, non esclusi dunque luterani e calvinisti, ci sarebbero niente di meno che la Scrittura e la fede (così ai nn. 3 e 23).
Esattamente il contrario di quanto afferma, lo stesso Concilio, nella Costituzione dogmatica Dei Verbum (al n. 10), in cui è detto che senza il Magistero della Chiesa e la Tradizione, non si possiede la Bibbia, se non in senso materiale. Ma comprare una Bibbia in libreria, non vuol dire avere lo spirito del testo e la sua retta interpretazione (cose decisive).
Papa Francesco evidentemente non ignora tutto ciò, ma spinto dal contesto umanistico-relativistico del mondo di oggi, è andato ad onorare e commemorare l’eretico per eccellenza, frà Martin Lutero (1483-1546) e proprio nell’anniversario dei 500 anni dallo strappo con Roma, attraverso il rifiuto pubblico delle indulgenze e del dovere di obbedienza al Pontefice. Sarebbe come se gli Apostoli, avessero deciso, mentre evangelizzavano tra mille fatiche e persecuzioni l’impero romano o il vicino oriente, di commemorare Giuda Iscariota per le sue opere. O più prosaicamente se un partito, un club o un’associazione decidesse di festeggiare colui che lo ha scassato, ne ha rinnegato la ragione sociale, lo ha distrutto per quanto possibile, calunniandolo e diffamandolo in mille modi. Lutero infatti, come insegna la storia, al di là delle eresie che ha diffuso ovunque, ha portato con sé mezza Germania e mezzo nord Europa, strappandole al papismo e al cattolicesimo comune. Ha paragonato poi le cose più sacre della religione agli escrementi, per esempio la messa definita da lui e dai suoi come una “prostituzione”. Ha favorito guerre, violenze, giustizia sommaria, ribellandosi perfino ai voti religiosi che aveva liberamente preso e facendo di tutto per abolire ogni ordine religioso (come i benedettini o i francescani, amatissimi dai vari popoli europei).
Molti libri di storia, anche scritti da non credenti, raccontano questi ed altri fatti. L’ultima efficace sintesi in proposito è forse quella di Angela Pellicciari (Martin Lutero. Il lato oscuro di un rivoluzionario, Cantagalli, 2016).
Davanti quindi a gesti così inauditi di “riconciliazione”, le letture offerte dai cattolici e dai vaticanisti, ma in fondo anche dall’uomo della strada, sono state riconducibili a due: quella continuista e quella discontinuista. Per una volta sono stati i secondi, più radicali e indipendenti, a prevalere. I continuisti sarebbero coloro che vedono del gesto di Francesco nulla più che un dovere papale di cortesia ecumenica verso chiese più o meno auto-annichilitesi e ormai ridotte al lumicino. Proprio come la Chiesa riformata svedese, che conta una pratica religiosa pari forse al 3% dei cittadini della Svezia. I discontinuisti invece hanno dalla loro una serie di documenti e di testi che permettono facilmente di concludere in senso opposto. Francesco, in una data significativa per i fedeli della Riforma, è andato a Lund proprio per commemorare ed esaltare la Riforma stessa e uno dei suoi più noti artefici. Ormai posto come modello ai cattolici del mondo intero.
Infatti nel lungo testo preparatorio dell’evento, redatto dalla Commissione luterano-cattolica con il titolo Dal conflitto alla comunione (e reperibile sul sito del Vaticano), si parla a più riprese di “commemorazione della Riforma”, mostrando Lutero come un grande innovatore, non capito dalla Chiesa buia dei suoi tempi. Luterani e cattolici, dice il documento al primo paragrafo, “sono giunti a riconoscere che ciò che li unisce è più di ciò che li divide”… Matematica o fanta-teologia?
A Lund, in presenza di Francesco e di vescovi e vescovesse del luteranesimo, è stato distribuito agli astanti un libretto liturgico, in cui si ringrazia Dio dei doni avuti dal cristianesimo “attraverso la Riforma” e l’opera di Lutero.
La cosa comica o forse tragicomica è che i luterani di oggi, e non solo in Svezia, condividono ben poco del pessimismo di frà Martino, tutto a base di timore del diavolo, dell’inferno e della severa giustizia di Dio. Anzi, proprio le chiese riformate sono passate, da almeno un secolo, a posizioni a dir poco liberal in tutta la sfera morale e disciplinare (giustificando l’aborto, il divorzio, l’eutanasia, la teoria del gender, la libertà di drogarsi, etc.). Tutte cose arcinote ai capi della Chiesa cattolica (e luterana). Ma allora?
Allora, non si ha il coraggio di menzionare la semplice verità dei fatti, che è questa. Chi abbandona la Bibbia per seguire il mondo e le sue tendenze, non può pretendere di trovare l’unità in cerimonie commemorative o al ristorante di Santa Marta in Vaticano. Già nel ‘600 il grande polemista cattolico Bossuet, faceva notare che, se ognuno interpreta la Bibbia a piacimento, come insegnò Lutero, ognuno diventa papa di se stesso. E così, ovviamente, non esiste più né gerarchia, né dogmi religiosi condivisi, né alcuna unità possibile.
I luterani vivono il dramma della parcellizzazione da 5 secoli (ormai sono centinaia le chiese che si richiamano alla Riforma). I cattolici, se non colgono l’inganno, cominceranno a viverlo ora.