Che fine ha fatto la sinodalità?

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Ma cosa sta succedendo nella Chiesa cattolica? Questa è la domanda che tanti cattolici si stanno facendo in questi tempi. Ormai sembra essere in atto una divisione dottrinale così come non la si vedeva da secoli. I temi, anche se apparentemente sembrano riguardare casi decisamente circoscritti e particolari (come quello della possibilità della Comunione ai divorziati risposati) in realtà colpiscono il cuore della fede stessa nell’Eucarestia.

Se davvero sarà possibile, attraverso “adeguati cammini”, poter accedere alla Comunione Sacramentale in stato di evidente e manifesto peccato, allora lo potrà essere, previo “cammino”, per qualsiasi altra situazione. La confusione a cui assistiamo, però, si concentra anche sui metodi. Con l’elezione di Bergoglio al soglio pontificio molti avevano riposto fiducia che il nuovo corso avrebbe abbracciato, finalmente, quelle aperture al dialogo e quella sinodalità che rappresentavano le vere novità dell’impianto conciliare. Quello che, invece, sembra ormai manifestarsi è una gestione anni luce lontana dalla condivisione delle linee guida da adottare nelle nuove pastorali, nella quale tutto, ma proprio tutto, viene deciso Sic et simpliciter dal papa.

Due esempi. Dal blog di Sandro Magister apprendiamo che il Santo Padre ha rinnovato praticamente in blocco tutta la dirigenza del “Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia”, ed è stata recapitata a tutti i docenti una mail degna di un sistema di controllo che fa volare la memoria al fascismo o, peggio, alla Stasi. Nella missiva si legge che un anonimo Osservatorio per l’Attuazione della Riforma della Chiesa di Papa Francesco (OARCPF), vigilerà che nell’istituto non vi siano pericolosi sviamenti o “dissonanze”, non circa la Dottrina cattolica sulla famiglia come alcuni ingenui potevano pensare, ma “rispetto al discorso tenuto da papa Francesco in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno accademico” dell’istituto. Per effettuare ciò l’OARCPF si avvarrà “della lettura analitica e critica degli studi pubblicati dai docenti, delle tesi di licenza e di dottorato approvate dall’Istituto, dei programmi di insegnamento e della loro bibliografia, e di interviste agli studenti effettuate all’uscita dalle lezioni”. Insomma, un controllo da indice dei libri proibiti piuttosto che da “primavera” post conciliare.

Il secondo esempio riguarda la gestione dei due sinodi sulla famiglia. Nonostante il Papa abbia da subito cercato di indirizzare entrambi i sinodi su posizioni di apertura circa la comunione ai divorziati e risposati e le coppie omosessuali (la responsabilità data ai teologi Kasper e Forte lo sta a dimostrare), e nonostante queste siano poi state bocciate in entrambe le assemblee, il Papa, in piena rottura con lo “Spirito” del Vaticano II, ha pubblicato la sua esortazione come se i sinodi non ci fossero mai stati riproponendo quelle posizioni di apertura da cui era partito. Diciamo la verità, un Pontefice è pienamente libero di farlo, rientra nel suo potere. Il paradosso è che a farlo è proprio colui che doveva incarnare quello spirito di sinodalità e dialogo che la Chiesa del post concilio aveva abbracciato.

Contraddizione che si manifestano ormai quasi quotidianamente. Da una parte egli stesso invita i fedeli e i pastori alle critiche perché “anche le critiche ci aiutano a camminare sulla retta via del Signore”, ma poi quando arrivano motivate e rispettose (come nel caso del quattro cardinali e i loro “dubia” circa alcuni punti dell’Amoris Laetitia) la risposta del Papa diventa: “le critiche prendono qua e là per giustificare una posizione già assunta, non sono oneste, sono fatte con spirito cattivo per fomentare divisione. Si vede subito che certi rigorismi nascono da una mancanza, dal voler nascondere dentro un’armatura la propria triste insoddisfazione”. Come furono i toni verso i padri sinodali rei di aver difeso la dottrina sulla famiglia così come l’aveva insegnata Giovanni Paolo II. Allora i vescovi si presero l’accusa di avere “cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa” aggiungendo che “i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito”.

Per Damian Thompson, giornalista dell’illustre The Spectator, “Francesco esercita il potere con una sicurezza di sé pari a quella di Giovanni Paolo II”, solo che “Giovanni Paolo II non ha mai nascosto la natura della sua missione. Egli era deciso a chiarire e a consolidare gli insegnamenti della Chiesa. Francesco, al contrario, mira a muoversi verso una Chiesa più compassionevole e meno attaccata alle regole, ma si rifiuta di dire fino a dove voglia arrivare. A volte egli assomiglia a un automobilista che guida alla massima velocità senza cartina e specchietto retrovisore. E quando l’auto si ferma, come nel caso del sinodo dello scorso ottobre, egli … comincia a colpire disperatamente il cofano della propria auto con un bastone”. Se continua così di “sante” bastonate ne vedremo ancora, specialmente verso coloro che osano “consigliare” un papa che ama più che i suggerimenti le conferme!

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2 pensieri riguardo “Che fine ha fatto la sinodalità?”

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