Intorno al fumo mediatico, allo Ior, ad uno strano articolo di Andrea Tornielli

Tornielli 1

 

Un giornalista sempre pronto a sollevare polemiche verso il mondo conservatore da cui proviene e in cui ha costruito la sua carriera, Andrea Tornielli, ha voluto sottolineare, nel libro intervista a Benedetto, un fatto: la defenestrazione di Gotti Tedeschi.

Così:

Un teologo e un Papa che si smarca dai cliché dei sedicenti «ratzingeriani», da quelli che hanno cercato di rinchiuderlo nel recinto dei conservatori o dei tradizionalisti, fino a quelli che oggi, con caratteristiche patologiche e parossistiche, lo strumentalizzano quotidianamente per screditare il suo successore Francesco. Un esempio finora sfuggito ai recensori del libro riguarda l’Istituto per le Opere di Religione.

Una certa vulgata ha fatto passare l’idea che la clamorosa destituzione del presidente Ettore Gotti Tedeschi (nominato nel 2009, e dunque in pieno pontificato ratzingeriano), avvenuta con modalità a dir poco discutibili, sia stata frutto di un complotto ordito dal cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Una decisione che Benedetto XVI avrebbe subito, incapace di reagire. Ma a pagina 209 del libro intervista, il Papa emerito risponde senza tentennamenti a Seewald, rivendicando la scelta: «Per me lo IOR è stato fin dall’inizio un grosso punto di domanda, e ho tentato di riformarlo. Non sono operazioni che si portano a termine rapidamente perché è necessario impratichirsi. È stato importante aver allontanato la precedente dirigenza. Bisognava rinnovare i vertici e mi è sembrato giusto, per molte ragioni, non mettere più un italiano alla guida della banca. Posso dire che la scelta del barone Freyberg si è rivelata un’ottima soluzione». «È stata una sua idea?», chiede il giornalista. «Sì» risponde Ratzinger…. Ecco, in ogni pagina del libro, grazie all’onestà intellettuale dell’intervistatore e dell’intervistato, traspare l’esatto opposto del Ratzinger che oggi viene dipinto da certi sedicenti «ratzingeriani», quegli stessi che su blog e siti lo attaccavano durante il pontificato perché era troppo «conciliare» o perché andava a pregare ad Assisi con gli altri leader religiosi, seguendo le orme del suo santo predecessore”.

Dunque Benedetto sostiene che, dopo aver chiamato Gotti Tedeschi, lo ha defenestrato lui, senza neppure incontrarlo (cosa questa piuttosto lontana dallo stile mite e dolce dell’uomo Ratzinger).

Perchè? Perchè un italiano non andava bene. E’ una motivazione seria? Davvero Benedetto ha dato la sua fiducia ad un italiano, poi gliela ha tolta, all’improvviso, proprio come voleva l’italiano Bertone, per questa terribile colpa, l’italianità di Gotti Tedeschi?

Difficile capire questo passaggio…

Una cosa però è interessante: la geremiade che Tornielli, capace di tutto, fa contro chi avrebbe ipotizzato che dietro la cacciata di Gotti Tedeschi non c’era Benedetto ma altri, è volta ad infangare tradizionalisti ed altre categorie che Tornielli ben conosce, per averle a lungo frequentate, ma che ora mette ogni giorno alla berlina (jnserendo nel calderone chiunque lui ritenga un avversario)

Ma quando si gioca su troppi tavoli, si fanno i pasticci.

Chi fu tra i primi a dire che Gotti Tedeschi era stato scacciato ad insaputa di Benedetto?

Qualche cattivo blog di qualche cattivo tradizionalista?

No, Andrea Tornielli. Intervistando chi? Il segretario, allora e oggi,  di Benedetto.

Tornielli 2

Così iniziava l’articolo di Tornielli:

Papa Ratzinger era evidentemente all’oscuro della clamorosa cacciata del presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, avvenuta con modalità e circostanze del tutto inedite nella storia della Santa Sede e accompagnata dal tentativo di delegittimare personalmente e professionalmente la sua persona, come attestano le motivazioni messe nero su bianco dal board della «banca vaticana» in un documento a firma di Carl Anderson.
Lo attesta monsignor Georg Gänswein, Prefetto della Casa pontificia e segretario di Papa Ratzinger, in un’intervista con «Il Messaggero» pubblicata oggi. Alla domanda se Benedetto XVI fosse all’oscuro della cacciata di Gotti, Gänswein risponde: «Ricordo bene quel momento, era il 24 maggio. Quel giorno vi fu anche l’arresto del nostro aiutante di camera Paolo Gabriele. Contrariamente a quello che si pensa, non vi è nessun nesso tra i due eventi, semmai solo una coincidenza sfortunata, persino diabolica…»….

 

Concluso? No, bisognerebbe ricordare che Ernst von Freyberg ha lasciato. Perchè?

Scrive Magister: “La riprova è nel lungo e dettagliato comunicato d’addio del penultimo presidente dello IOR, il tedesco Ernst von Freyberg, al momento di lasciare la sua carica nel luglio del 2014. A spiegazione del magro utile netto del bilancio dello IOR del 2013, di appena 2,9 milioni di euro contro gli 86,6 milioni di attivo dell’anno precedente, von Freyberg segnalò che lo IOR aveva dovuto mettere in bilancio anche “il deprezzamento di 3,2 milioni di euro di un sostegno finanziario concesso alla diocesi di Terni”. Il riferimento era al crack della diocesi umbra avvenuto quando ne era vescovo Paglia. La diocesi fu commissariata e lo IOR dovette tamponare per una buona metà gli oltre 20 milioni di deficit….”

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/08/16/ultimi-fuochi-di-paglia-con-una-doppia-nomina-in-arrivo/

Ma la carriera di Paglia non si è fermata, anzi!

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Autore: Libertà e Persona

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