Testimonianza di Madre Guadalupe sulla persecuzione dei cristiani in Siria, e sulla vera origine della guerra in Siria

https://www.youtube.com/watch?v=dPBf7UlUcXQ

Traduzione:

Presentazione del Vescovo di Loyola. La conferenza si è tenuta a Loyola, nei paesi Baschi, il 19 dicembre 2015. N d t).

Mes al jer, è il saluto della buona sera in arabo. Presento brevemente suor Maria de Guadalupe Rodrigo della congregazione religiosa Serve del Signore e della Vergine di Matarà, che appartengono alla famiglia religiosa del Verbo Incarnato. Una famiglia religiosa che è nata in Argentina nel 1984, e che è formata da due istituti religiosi e un terzo ordine laicale. L’Istituto maschile del Verbo Incarnato, quello fondato nel 1984, è stato seguito 4 anni dopo dalla fondazione del ramo femminile: le Serve del Signore e della Vergine di Matarà.

Beh, possiamo dire che il Signore vi ha benedette perché, pur essendo tanto recente la vostra fondazione, siete già 1200! È sorprendente il fatto che il Signore faccia questi miracoli in tempi di scarsità vocazionale. C’è poi il ramo laicale con diversi livelli di appartenenza. Le suore sono sparse in 151 comunità in 80 diocesi di 35 paesi nei 5 continenti. La loro è una presenza davvero speciale, io direi abbastanza prediletta nel Medio Oriente. Sono ad Alessandria d’Egitto e hanno una casa anche ad Aleppo, una città che a molti di noi fino a qualche tempo fa era sconosciuta. È una città di 5milioni di abitanti. È più grande di Madrid. La Comunità di Aleppo si chiama Santa Tecla, da cui proviene Suor Maria de Guadalupe. Abbiamo voluto invitarla perché ci dia testimonianza di che cosa ha significato per lei vivere accanto ai cristiani del Medio Oriente.

Desidero ringraziare anche l’Associazione Aiuto alla Chiesa che soffre, per il cui aiuto ha potuto venire in Spagna. I volontari di Aiuto alla Chiesa che soffre sono in diversi luoghi della Spagna, e si sono dati da fare anche qui perché potesse realizzarsi questo incontro. L’Associazione è stata fondata nel 1947 da Padre Werenfried van Straaten, ed è stata promossa da Papa Pio XII. Il suo carisma specifico è aiutare le chiese in difficoltà, specialmente nei luoghi in cui sono perseguitate. Ha sedi in 20 paesi e sviluppa progetti in 140 nazioni… E ora suor Maria de Guadalupe Rodrigo, con la santa libertà dei figli di Dio, ci parla, e noi la ascolteremo come Parola del Signore che ci illumina.

Suor Maria de Guadalupe.

– Buona sera! Tante grazie, monsignore, per il suo invito. È una grande emozione per me essere qui. Grazie ai Padri Gesuiti, che ci accolgono. Grazie a tutti voi per essere venuti ad ascoltare questa testimonianza.

Mi chiamo Maria de Guadalupe Rodrigo. Sono argentina. Maria de Guadalupe è il mio nome da religiosa, che presi quando indossai l’abito. Il mio nome di battesimo, però, è Simena, perché mio nonno era spagnolo ed era nato a Tudela (Navarra). Mio padre mi pose il nome Simena perché era la sposa del (sircan) peggiore. Per questo me lo pose. Per questo dico sempre: “Non abbiate a che fare con me!”, Quel nome lo porto con onore, ancor più essendo ora in questa terra. Potete immaginare cosa significhi per me. Vi ringrazio ancora per essere venuti ad ascoltare questa testimonianza, che non è personale, ma dei cristiani perseguitati. Ciò che stanno vivendo i nostri fratelli, soprattutto in Siria e Iraq, ma mi riferisco principalmente alla Siria.

Sono entrata nella Famiglia religiosa del Verbo Incarnato quando avevo 18 anni (in Argentina). Dopo gli anni di preparazione e formazione, sapendo che mi sarebbe toccato andare chissà dove, in qualsiasi luogo dei 5 continenti, i miei superiori mi propongono come primo destino il Medio Oriente. Il primo luogo è stato Betlemme. Ero là con un gruppo di sorelle e sacerdoti. Potete immaginare che gloria, che regalo, poter essere in Terra Santa. Questa è la grande consolazione che Dio ci dà per cominciare la missione, in vista di tutto ciò che potrò vedere dopo. Anni stupendi quelli in Terra Santa, 2 anni di studio intenso della lingua araba, che è piuttosto complicata e che richiede molta applicazione.

Poi passai in Egitto, dove rimasi 12 anni. Anche lì un apostolato bellissimo. Una missione molto intensa. In questi anni ebbi anche incarichi come Provinciale e Regionale per la congregazione. Così ero obbligata a viaggiare e a passare del tempo con le diverse comunità del Medio Oriente. Questo mi ha permesso di conoscere le varie comunità che abbiamo in Medio Oriente, partendo da quella in Terra Santa, in Israele, poi in Palestina, Giordania, in Iraq, in Siria, a Tunisi e in Egitto.

Alla fine di questi 12 anni di intenso lavoro, la mia salute ne aveva risentito abbastanza. Ero molto stanca. Così, quando i miei superiori mi propongono un posto tranquillo dove andare a riposare e rimettermi in forma per un paio d’anni. Per questo chiedo di poter andare in Siria. Era il gennaio del 2011. Davvero un bel posto per andare a riposare! Racconto sempre questo particolare a proposito, perché si capisca che cos’era la Siria prima di questa guerra. Potevi sceglierla come luogo in cui stare tranquilla. Era un posto davvero particolare, come non avevo visto da altre parti, in cui la convivenza tra cristiani e musulmani era ottima. Noi cristiani siamo in minoranza in Medio Oriente, anche se sono le nostre terre, e in generale una minoranza perseguitata e più o meno discriminata, a seconda delle circostanze e dei luoghi.

Ma in Siria succedeva questo: che in un gruppo di amici, 2 erano cristiani e 2 musulmani. Davvero molto raro! Questo era possibile grazie al Governo laico di Bashar al Hassad. Basharal Hassad succede a suo padre Habsal Hassad, che appartiene a una dinastia, a una tribù islamica, che è una delle più moderate fra le fazioni musulmane, che è quella degli Alawhiti. Per questo non venne imposta la legge islamica come legge civile. Grazie a questo governo laico era possibile la libertà religiosa e quindi i diritti alle minoranze. E questo anche quando eravamo sotto la dittatura. Questo fatto permette la quiete sociale. A tutto ciò si aggiungeva la prosperità e il benessere sociale ed economico del paese. Guardate qual è l’ubicazione della Siria nel Medio Oriente! È un’ubicazione privilegiata. Confina con la Turchia, l’Iraq, Giordania, Israele, il Libano e il Mar Mediterraneo.

Prima della costruzione del Canale di Suez era il passaggio unico e obbligatorio per i commerci dall’Africa e dall’Asia verso l’Europa. È un paese molto ricco di risorse naturali: molto petrolio. Un paese che non aveva debiti con l’estero, tanto da potersi autogestire, non soffriva per disoccupazione e insicurezza. Si era in una società che posso definire, calma. Non si poteva dire che le cose andassero tanto male per la miseria, per la fame, da poter temere qualche rivoluzione. No! Si stava molto bene!

Questo, in realtà ci spiega che questa guerra, che sta coinvolgendo la Siria da anni, non è stata una guerra cominciata nelle strade e dalla gente, ma una guerra programmata da fuori e a tavolino; pianificata in tutti i suoi dettagli! Comincia con quella brutta definizione di “Primavera araba”, ma che non ha nulla di primaverile per i paesi arabi. Cominciano ad esserci i primi tumulti a Tunisi, in Egitto, in Libia, eccetera. Stavano sorgendo, ma noi non li vedevamo. In Siria la gente diceva: “Qui non può succedere. Impossibile!”. Però comunque iniziarono le prime sommosse al sud del paese, in un piccolo centro chiamato Derah. Eccolo lì.  Quello fu il primo luogo dove furono provocate le prime sommosse.

Di fronte a questi primi tumulti la stampa e i media internazionali li presentano dicendo che: “Finalmente anche il popolo siriano aderisce alle primavere arabe, ed esce finalmente sulle strade per chiedere democrazia”. Ma in realtà le notizie che ci giungevano dai nostri vicini, da quei paesi, non concordavano con ciò che vedevamo in televisione. Gli abitanti di quei paesi dicevano che erano giunti da fuori della Siria dei gruppi armati che parlavano un altro dialetto. “Non sono siriani!”, dicevano. “Stanno provocando tumulti nel popolo! Già hanno squartato vari cristiani!”. Cristiani squartati emessi in sacchi della spazzatura o in un contenitore, con un cartello in cui era scritto: “Non toccare, è un cristiano!”. Queste erano le ”manifestazioni pacifiche”, secondo la stampa.

Quando succedono queste cose, e si moltiplicano molto rapidamente nel paese, con gruppi armati che entrano dall’esterno, la gente invade le strade. Allora si che scende in strada!. A damasco, la capitale, e ad Aleppo, la seconda città del paese, che è dove abbiamo la missione, migliaia di persone scendono in strada con cartelli, striscioni e bandiere per appoggiare il suo presidente, per esprimere e manifestare la propria opinione sul Governo. Ma non perché quella di Bashar el Assad sia la miglior forma di governo, o che egli sia un sant’uomo. Il fatto è che io preferivo continuare a vivere come prima, piuttosto che cadere in mano al fondamentalismo islamico. Perché il risultato di questa guerra non sarebbe stata la democrazia. Già lo si vedeva! Le stesse immagini che noi vedevamo anche guardando dalla finestra, queste stesse immagini erano prese dalle più importanti catene internazionali di informazione, commentate in questo modo: «Continuano le manifestazioni pacifiche del popolo siriano che scende in strada per chiedere al proprio presidente che se ne vada».

Era ridicolo! Chiaro, quanti tra gli ascoltatori o i telespettatori conoscono l’arabo? Avrebbero compreso che la gente stava appoggiando, in realtà, il suo presidente Per questo, uno dei grandi dolori di questo popolo e dovuto alla grande menzogna che venne diffusa; a questo abbandono dell’Occidente, a questo suo silenzio complice! I momenti in cui il popolo decise di manifestare la sua opinione, questa venne completamente travisata.

Pensate che tutto ciò che si costruì intorno a questa guerra, come potete immaginare è un’operazione molto importante, che richiede, per così dire, l’appoggio e l’approvazione dell’opinione pubblica! E che quindi l’Occidente approvi che questi ”ribelli moderati” si ergano contro il dittatore. Ma rendetevi conto che è un errore, un errore dell’Occidente; un errore che commettiamo come occidentali, quello cioè di giocare gli Arabi con i nostri criteri occidentali. Così viviamo le nostre democrazie e pretendiamo di imporle agli altri! Esportare le nostre democrazie a questi popoli, quando loro hanno vissuto alla loro maniera per decine di anni, e l’hanno vissuta bene, ve l’assicuro! Con il livello di vita in cui si viveva ad Aleppo, non è che la gente stesse invidiando le democrazie o pseudo democrazie occidentali! Assolutamente no! Anche gli stessi cristiani, pur essendo minoranza, godevano di una certa libertà religiosa, che poteva essere manifesta anche per influire sul Governo, ma anche per far parte del Governo stesso.

Ho avuto occasione di parlare con rifugiati siriani in Europa, e me l’hanno detto. Era una libertà che qui in Europa, in piena democrazia, non abbiamo! Ecco perché è necessario saper discernere quando ascoltiamo certe notizie. Non dobbiamo essere tanto semplicioni da pensare che la democrazia viene dal cielo e la dittatura dall’inferno! No, ci sono le sfumature! Questi popoli hanno altra mentalità e altra cultura. Hanno vissuto sempre così, e per loro ha funzionato! Che diritto abbiamo di mettere in discussione la loro sovranità? (La cosa interessante da sapere sarebbe: “Chi ha fomentato e alimentato queste divisioni e queste destabilizzazioni in nome della democrazia? Forse che il “divide et impera”, valido per l’Impero Romano non sia più valido per l’attuale Impero? N d t).

Quando queste manifestazioni si moltiplicarono nel paese, por con la resistenza e la forte repressione dell’esercito nazionale, queste forze avverse continuarono ad avanzare verso nord, verso Aleppo. Perché Aleppo è la seconda città del paese e praticamente la più importante. È il cuore finanziario del paese. Il fatto è che fin’oraaleppo non è ancora stata presa dai gruppi fondamentalisti. Il giorno che venisse conquistata – Dio non lo permetta! -, ma il giorno che venisse presa definitivamente, cade il Governo e sparisce la presenza cristiana nel paese, perché sarà impostala legge islamica.

Aleppo è una città di 5milioni di abitanti, molto prospera e importante, ricca di imprese e con una forte classe media e alta. Una città che era famosa nel Medio Oriente per essere una città molto occidentale, prospera e pittoresca. Una città millenaria, famosa per le sue grandi feste, i suoi eventi culturali, ma anche per i suoi eccessi nella vita sociale. Nessuno avrebbe immaginato che i quartieri della città di Aleppo si sarebbero trasformati in un ammasso di macerie. Perché con l’arrivo dei terroristi, apparsi da un giorno all’altro, diversi quartieri – soprattutto la periferia -, sono stati ridotti in rovina.

L’operato di questi gruppi fu quello di circondare la città (suor Maria indica il suo quartiere sulla mappa. N d t). Circondarono la città e la saccheggiarono. Diciamo che bloccarono completamente una città di 5milioni di abitanti. Ci volle un anno di combattimento perché l’esercito nazionale potesse riprendere il controllo delle strade, Cos’, con le strade chiuse in modo assoluto: nessuno poteva entrare e nessuno uscire, terminò il combustibile, terminò l’erogazione del gas. E la gente, che non sapeva come fare per cucinare, usciva in strada per prendere i rami degli alberi per poter cucinare qualcosa da mangiare. Abbiamo un’ora o due dielettricità ogni giorno, quando c’è. In questi giorni Aleppo è senza elettricità da 50 giorni. L’acqua arriva solo per qualche ora una volta alla settimana o ogni 10 giorni.

Ma negli anni del blocco totale fu davvero terribile il problema approvvigionamento degli alimenti: frutta, verdura e prodotti della campagna, terminarono rapidamente. Sopravvivevamo come potevamo. 5milioni di persone! Riso, spaghetti e scatolame. La gente diceva: “Ci stanno facendo morire di fame e di sete”. Mentre il mondo non lo sa. Perché Aleppo non faceva notizia in quell’anno e mezzo. E siamo nell’era delle comunicazioni, dove si sa tutto! WhatsApp da qui, e si giunge in Cina in pochi secondi. Com’è possibile, come si fa a mantenere segreto a tutto il resto del mondo che una città come Aleppo, di 5milioni di abitanti, sia bloccata senza che si sappia, per più di un anno? Non sono cose casuali queste! Sono cose pianificate!

L’assedio della città di Aleppo, che provocò tutta questa carestia, si assommava all’attacco permanente. Perché immaginate che nella periferia, in cui avvenivano gli scontri fra ribelli e gruppi fondamentalisti e l’esercito, tutto ciò è guerra sporca, non la guerra in campo aperto in cui due eserciti si affrontano, mentre la gente in città scrive cartoline e prega per i soldati. No, no, no, questa guerra si svolge nella città! Sparano continuamente contro i civili! Flagellano e castigano la città di Aleppo fin da allora! Non c’è un quartiere della città di Aleppo che sia libero da ciò, che sia sicuro! In cui uno posso dire: “Qui non spareranno. Qui non arriveranno. Qui non attaccheranno!”. C’è un ospedale, un ospedale per bambini? Attaccano anche quello! Naturalmente il primo bersaglio ad Aleppo sono i cristiani e le chiese. Ormai però tutta la città è colpita dai terroristi.

La Siria ha più o meno 21 milioni di abitanti. Si calcolano in 12 milioni i rifugiati. Significa che più della metà della popolazione del paese, abita in queste condizioni. Qual è la soluzione a tutto ciò? Apriamo le frontiere e accogliamo tutti! Dobbiamo sapere che i rifugiati hanno bisogno di aiuto, ed è buono e giusto aiutarli. Ma l’aiuto ai rifugiati non risolve il problema! Stiamo solo mettendo una toppa, e chiudendo qualche buco! Perché finché non verrà chiuso il rubinetto; fin quando non si chiuderà la “fabbrica di rifugiati”, che è la guerra e la persecuzione, continueremo ad avere rifugiati!

Allora, ecco che anche questo tema è manipolato. Quando uscì la foto di quel bambino morto sulle coste greche, non si parlava d’altro in quel tempo! Da dove vengono, dove vanno, quanti sono, e questo e quello … Ci stanno intrattenendo ancora con altro, che non è il più importante di questa guerra, e cioè i rifugiati! I rifugiati sono una delle conseguenze della guerra. Se non pensiamo a come è stato manipolato questo tema, quando la logica sarebbe che i paesi islamici (per esempio i paesi del Golfo, che sono paesi molto ricchi), tenessero aperte le loro frontiere per ricevere i loro fratelli musulmani rifugiati? Perché, invece di mandare milioni di euro in Europa per costruire moschee, non accolgono i loro fratelli rifugiati? Tutto ciò dovrebbe essere naturale. Sarebbe molto più facile l’adattamento, essendo uguale la religione e i costumi. Così l’Europa potrebbe accogliere in primo luogo i suoi fratelli cristiani. Questa non è discriminazione! È semplicemente un rendersi conto che carità non significa buonismo.

Anche il tema dei rifugiati è dunque manipolato. Pensate che la maggior parte dell’ondata di rifugiati che è entrato in Europa, non viene dalla Siria! Entra di tutto! Abbiamo nostre famiglie di Aleppo rifugiate in Germania. La settimana scorsa ho potuto parlare con una signora che è là. Era atterrita! Dopo tutto quello che le è costato arrivare fin là (attraversata in battello e 15 giorni spaventosi di viaggio con molte ore di cammino). Mi dice: “Stiamo soffrendo orribilmente il maltrattamento dei nostri vicini musulmani, anche loro rifugiati!”. Li maltrattano! Li obbligano a pregare con loro 5 volte al giorno e a obbligare le donne a coprirsi. Sono usciti dalla persecuzione religiosa in Siria, e la ritrovano in Europa! E sono esuli in terre cristiane! Soffrono persecuzione nel cuore dell’Europa! E questa signora mi diceva: “I nostri vicini musulmani non possono essere siriani! Ci chiediamo come mai ci maltrattano, perché coi musulmani di Siria siamo sempre andati d’accordo. No, c’è di tutto qui, tranne che siriani! Ci sono afgani, pakistani, marocchini, eccetera. C’è di tutto!”. Pensate perciò come dobbiamo avere discernimento!

Il tema dei rifugiati è preoccupante, ma ancor più preoccupante è la guerra stessa e la persecuzione. Per questo la voce della Chiesa – lo sappiamo anche per voce dei vescovi di Siria, di Iraq e del Libano, ma anche da papa Francesco. Lo stanno dicendo da molti anni, non da ora, che dobbiamo trovare le maniere per poter fermare questa guerra e questa persecuzione. Per questo dicono: “Basta, col sostenere i gruppi ribelli con armamenti! Perché in definitiva questo è un gran commercio. Il commercio delle armi. Un business che è pari al narcotraffico. Per questo anche ultimamente i vescovi siriani hanno detto: “Basta al commercio delle armi a quella che viene definita opposizione moderata! Perché l’opposizione moderata in Siria non esiste! C’erano gruppi oppositori al regime, ma erano minoritari, che rimasero diluiti nei gruppi fondamentalisti. Non c’è opposizione moderata! Delle persone che ritenevamo moderate hanno squartato cristiani. Per questo il richiamo del Papa quando dice che queste guerre, sono guerre per problemi reali, o sono una scusa per la vendita illegale di armi?

Quanto sarebbe facile terminare questo scempio, se si tagliassero i finanziamenti, se si smettesse di comprargli il petrolio, per esempio. Sarebbe una forma realmente pacifica di far smettere il massacro. Si finiscono le pallottole e termina la guerra. Però non vogliono farlo! Per questo anche la Chiesa, come ultima istanza, non scarta la possibilità dell’intervento militare, almeno per fermare questi gruppi. Sappiamo che la carità non si oppone alla legittima difesa. Il fatto che io perdoni, non significa che non debba difendermi! Riguardo a ciò la posizione della Santa Sede è chiara, quando dice che l’unica maniera di por fine a questo conflitto, è armare una larga coalizione appoggiata dell’ONU, ma in accordo con i governi di turno. Una coalizione che comprenda il governo della Siria, come dell’Iraq. È del tutto insensato armare coalizioni che lascino al margine l’Iraq, la Siria, incluso l’Iran.

Questi interventi unilaterali, non solo sono inefficaci, ma possono addirittura aumentare la confusione e il disastro in quei luoghi. Per questo, dispiace dirlo, ma solo la voce della Chiesa è chiara e contundente. Per questo, quando volete essere ben informati, cercate l’informazione dai media cattolici! Bene, questo era il centro della città, che era molto pittoresco. Guardate i bambini mentre camminano tra le macerie. Lo fanno quasi fosse una cosa normale. Ricordo che quando tutto iniziò da un giorno all’altro, vedevamo i tank nelle strade, i camion con spari che facevano tremare gli edifici, con pallottole che entravano per le finestre. Quella prima settimana fu terribile. Eravamo tutti rinserrati in casa. Era molto difficile uscire. Poi quella settimana si trasformò in mesi e i mesi in anni. Sempre nella stessa situazione. Guerra in piena città! A un certo punto la gente cominciò a uscire, non a passeggio, ma a uscire per comprare qualcosa, per lavorare, per portare i ragazzi a scuola e i giovani all’università. È una vita quotidiana del tutto particolare, perché quando ti muovi nelle strade devi farlo con molta attenzione. Normalmente calziamo scarpe leggere, che ci permettano di correre. Si deve porre attenzione ai rumori degli spari, per capire da dove vengono. Devi calcolare la distanza. Immaginate che cosa sia tutto ciò per i bambini, che stanno vivendo così da più di 4 anni! Sono bambini che hanno vissuto senza infanzia! Bambini che prendono pastiglie per dormire, perché per la paura non riescono a prender sonno. Bambini che raccolgono proiettili e li mettono in scatole di cartone e se le interscambi ano come fossero figurine. Perché i proiettili si trovano dappertutto, nelle strade, in terrazza o sul balcone. Non è raro che uno cammini per la strada e un proiettile gli cada accanto. Lo puoi raccogliere ancor caldo dal suolo. Questa è la vita quotidiana, soprattutto dei quartieri cristiani.

Poi ci sono i franchi tiratori che in determinate strade da molti ora conosciute, in cui bisogna correre molto cercando di stare vicinissimi ai muri. Si conta: uno, due e tre, e poi si attraversa il più rapidamente possibile per non essere raggiunti dai proiettili. Questo si fa in più persone, anche per poter soccorrere chi per caso fosse colpito. Vita quotidiana! Soprattutto nei quartieri cristiani. Chiese distrutte. L’arma che viene usata più di frequente dai terroristi sono dei proiettili che cadono con tanta frequenza, uno dietro all’altro, che la gente parla di pioggia, canto che i giovani quando si incontrano si chiedono: “Quanta pioggia è caduta questa settimana?”. Pioggia di proiettili! Ci sono anche armi fatte in casa, non molto grandi, che contengono elementi che tagliano e pungono: vetro, chiodi, lamiere. Perciò il problema non è l’esplosione del proiettile, il problema è l’onda d’urto. Quando esplode l’onda d’urto crea uno spostamento d’aria che si diffonde per centinaia di metri portando schegge. Per questo, quando uno percorre una strada, ascolta il tipo di esplosione e cerca di proteggersi dietro qualcosa di solido per proteggersi dalla schegge.

Il ferimento da schegge è tanto frequente, che l’assistenza sanitaria ormai è totalmente inefficace, ha collassato. Questo non è un film, cari miei, in cui si ferma il traffico, arrivano le ambulanze e i giornalisti … no, no, no, queste esplosioni ci sono ogni 15 minuti, ogni mezz’ora, ogni 40 minuti, e alle volte nello stesso quartiere! È da molto tempo che non vediamo ambulanze. Dopo ognuna di queste esplosioni arrivano i camion sui quali vengono gettati i resti umani. Rapidamente, con dei grandi sacchi di plastica nera in cui si raccolgono le teste, le braccia, le gambe, eccetera. Poi i camion vanno all’obitorio o all’ospedale. Finito lo sconquasso e fatta la pulizia, dopo mezz’ora la vita continua normalmente, e se qualche famigliare vuol trovare o riconoscere qualche vittima, deve andare all’obitorio e aprire i vari sacchi per trovare qualcosa. Noi e i nostri sacerdoti lo abbiamo fatto molte volte.

Ovviamente, vivendo questa situazione di rischio permanente, in cui uno vede passare la morte vicina, è solo questione di metri o di minuti. C’è stata però una tragica esperienza nel nostro quartiere, che ci ha segnati profondamente. È stata la caduta di un missile. (In questo momento mostra la foto del luogo in cui successe, vicino alla residenza del vescovo e alla cattedrale. N d t). “Il missile è caduto lì, dietro al camion che vedete, e il cratere è già stato riempito. Questa è la via principale. Sembra una strada sterrata, ma è a causa dei detriti. Era un viale alberato con negozi di ambulanti, con tende di rifugiati, e più in là la città universitaria. Questa sola esplosione ha causato 400 morti, tra cui molti studenti universitari. Tutto accadde alle 13. Io stavo per uscire in terrazza – l’edificio dell’episcopato è molto grande e sulla terrazza abbiamo una piccola abitazione dove c’è la lavanderia -. Stavo per uscire in quel momento, quando uno dei sacerdoti mi chiama dal piano di sotto: “Sorella, dove va?”. “Padre, vengo, solo due minuti. Vado in lavanderia e torno!”. Erano quasi le 13. Ma il padre gridava: “No, sorella, venga perché debbo dirle una cosa …”. Santa obbedienza! Chiusi la porta della terrazza e scesi. Solo qualche passo, e il missile cade. Lo scoppio fu terribile. Sembrava un terremoto. E dire che siamo abituati alle esplosioni, che sono continue. Ma la caduta del missile, tanto vicina a noi, fece si che, pur essendo al terso piano, vedevamo passare per le finestre i pezzi di asfalto, di automobili, e i brandelli di resti umani erano sulla terrazza. I sacerdoti uscirono immediatamente in strada per assistere i feriti, altri accogliendo le persone che entravano nella cattedrale, che ebbe danni gravi. C’era un caos, una confusione terribile. Anche noi suore stavamo cercando di trovare le nostre studenti, avendo noi una pensione per ragazze universitarie. Erano le 13, l’ora in cui gli studenti escono dall’università. Ne mancava una.

Bene, in mezzo a tutto quel caos e alla confusione, vedo la ragazza nella cattedrale seduta in un banco in mezzo alle macerie, tutta spettinata e impolverata. Quando mi avvicino lei gridava per il dolore a un braccio. Le dico: “Sarai ferita, non è nulla! Vedrai che starai bene. Ora ti aiuto”. Le tolgo il soprabito emi accorgo che dietro è squarciato. Quando riesco a toglierglielo vedo che dalla spalla le esce un ferro. Usciamo con fatica e troviamo un veicolo che la porterà all’ospedale. Un sacerdote la confessò. Entrò in sala operatoria dove le tolsero il ferro che le aveva attraversato la scapola e perforato un polmone. Stava asfissiando. Ma questo è solo uno dei tanti casi che viviamo ogni giorno.

Qualche ora dopo, nello stesso giorno, forse quando è stata scattata questa foto, la cattedrale era piena di gente. Piena di giovani che cercavano di liberarla dalle macerie e dai vetri, e preparando una sala dell’episcopato per celebrare la messa. La cattedrale rimase inagibile per vari mesi. In quel giorno si raddoppiò il numero dei fedeli a messa feriale.

Quando accadde lo spaventoso attentato di Parigi, sentivo un grande dolore nell’anima sentendo che dicevano che ora in Europa la gente ha paura di andare nelle chiese. Probabilmente le chiese saranno meno visitate. E io pensavo: “Come sono diverse le cose là! Soffrono moltissimo! E – sorridendo – pregano moltissimo! Soffrono di più e quindi pregano di più! Quando la prova è grande abbiamo bisogno di una grazia più grande. Ma bisogna chiederla! La ottengono e diventano ancor più forti”.

Vedete questa ragazza, Sima, studente universitaria e scout. Vent’anni. Morta in una di queste esplosioni di proiettili. Nur, allenatrice di basket, appassionata sportiva, anche lei morta nel quartiere cristiano a causa di un proiettile. Vedete questa donna? Non è di Aleppo, è di un una città che si chiama Rakka, l’attuale capitale del Califfato dello Stato Islamico. Lì i cristiani sono stati assassinati crudelmente. Vi mostro questa foto, che è tra le meno crude, vedete una donna cristiana con le gambe legate a una colonna e la schiena ricurva. Legata alla colonna perché tutti coloro che passano la sferzino sulla schiena affinché rinneghi Gesù Cristo e la sua fede. E non lo fa! E come vi ho detto questa è tra le meno crude.

Sapete che ci sono le decapitazioni perché le avete viste dai filmati, ma ci sono decapitazioni tutti i giorni! Con video o senza video! Bambini sepolti vivi sotto gli occhi delle loro madri. Sepolti vivi per essere cristiani! O crocifissi! Insomma, perché abbiate un’idea e possiate rendervi conto di ciò che sta succedendo da noi, voglio che pensiate che quello che è successo a Parigi – quell’attentato tanto orribile, accaduto di venerdì, ricordate? -, cercate di immaginare che cosa sarebbe successo se la stessa cosa si fosse ripetuta il sabato. Immaginata, se la reazione a quello che era successo quel venerdì fu tale che dappertutto non si parlava d’altro. Immaginate se l’attentato si fosse ripetuto anche il sabato nella stessa città di Parigi! E la domenica di nuovo! E il lunedì, e il martedì, e il mercoledì. Moltiplicate per 4 anni!

Io ero in Argentina mentre osservavo la reazione del mondo, compresa quella del mondo cristiano. Vedendo come nelle nostre parrocchie si pregava per i familiari delle vittime. E il minuto di silenzio qui, l’altro là, le bandiere francesi dappertutto. E io mi chiedevo, perché? Perché non c’è la stessa reazione per i nostri fratelli cristiano perseguitati e martiri, in Siria e Iraq da oltre 4 anni? Non sto minimizzando il fatto di Parigi, per favore! Cerco semplicemente di far prendere coscienza di ciò che significa questo genocidio di cui noi siamo testimoni.

Bene, ora guardate questa foto dei nostri parrocchiani della cattedrale. Mi piace molto questa foto perché c’è di tutto: ci sono bambini – guardate i visi di quei bambini! -; ci sono giovani – guardate i giovani” -; i meno giovani, gli anziani. Vedete? Guardate i volti e ditemi cos’è che richiama la vostra attenzione. È il loro sorriso! Pensate che quando abbiamo messo questa foto sulla pagina di Facebook, la gente ci diceva: “Davvero bella la foto! Però ci piacerebbe vedere foto della gente della guerra …”. Sono questi! “Che belle foto! Sono anteriori al conflitto?”. No, sono di ora! Questa gente sorride così, ora! E sono veri sorrisi. Ne sono testimone, perché vivo con loro! Nonostante le sofferenze, sorridono! Sono sorrisi di cui, sinceramente, ho nostalgia! Non li vedo facilmente in Occidente.

Allora uno si chiede spontaneamente: come possono sorridere così? Ossia, è da mezz’ora che vi sto riassumendo quello che stiamo vivendo, e vedo nei vostri volti la sofferenza. State soffrendo con loro! C’è anche ci sta piangendo. Soffrite perché ascoltate da mezz’ora, non perché lo vivete per mezz’ora, che è molto diverso. Che cosa sarà allora viverlo, non per mezz’ora, ma per 4 anni di seguito? Come si possono vivere questi 4 anni e avere questo sorriso? L’unica risposta è LA FEDE. È la fede che li rafforza! È questa fede che permette di continuare la loro vita quotidiana con gioia! E più gioia di prima! Guardate i giovani. Come può essere che ora sorridano più di prima? La metà di questi giovani avevano un’impresa. Molti erano milionari e avevano di tutto! E ora che hanno perso tutto sorridono di più?

Che cosa dicono loro in proposito? “Il fatto è che prima eravamo tanto occupati con le cose del mondo, che ci dimenticavamo delle cose più importanti. E orala guerra ela persecuzione ci hanno dato uno scrollone e a mettere ogni cosa al suo posto. Perché la prima nostra preoccupazione erano le cose materiali: il denaro, passarsela bene, il potere, la fama; e le nostre anime, in definitiva, erano all’ultimo posto. Perché, attenti cristiani! Stiamo parlando di cristiani che andavano a messa la domenica, però con un piede in chiesa e l’altro ben fissata nel mondo, portando i loro vizi e peccati, eccetera.

Perciò, chiaro, questo scossone, questo scrollone che provoca la persecuzione e la morte; questo contatto permanente che abbiamo con la morte, ha ottenuto ciò. Noi là conviviamo con la morte. Questo significa che, stando in un gruppo, la persona che vediamo oggi, domani non c’è più. E poi un altro o un’altra. Uno va a dormire la sera, magari sotto un intenso bombardamento, e uno lo pensa: “Forse domani non mi alzerò. Potrebbe essere il mio ultimo giorno …”. Lì sei costretto a pensare alla morte, non dico tutti i giorni, ma più volte al giorno! Allora, questo contatto con la morte dà senso alla vita! li la gente dice: “La vita è breve!”. È certo che la vita è breve! Non è una barzelletta! La vita è breve, e con la morte tutto inizia! Quello che vi sto dicendo non è una novità. Oh, là in Siria la gente muore! Però tutti moriamo! Si, però quanto pensiamo alla morte? E dire che siamo cristiani! Sentiamo parlare di queste cose nei sermoni della messa, lo meditiamo, lo leggiamo, però se ognuno si chiedesse quante volte nei miei 30, 40 o 80 anni, ho pensato seriamente al fatto che morirò, e che posso morire oggi?

Questo cambia la vita! pensate che là te lo dicono: “Bisogna vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, perché realmente può essere l’ultimo!” Anche per qualcuno di voi qui presenti potrebbe essere l’ultimo giorno! Potrebbe essere per un infarto o un incidente, eccetera. Non sappiamo quando! Però vivendo con questa coscienza, se io sapessi – qui il monsignor emi ha detto che ha avuto una rivelazione -, che questa notte qualcuno muore.

Ognuno potrebbe pensare: “Ohi se dovessi morire stanotte, che farei? Ah, bisogna che mi confessi. Bisogna che chieda perdono. Dovrei anche perdonare!”. Quante cose! Immaginate come cambia la vita! “È il mio ultimo giorno. Dovrei litigare proprio nel mio ultimo giorno? Perché dovremmo litigare, se potrebbe essere il nostro ultimo giorno? Per questo la vita cambia!

Quando mia madre mi chiama per internet, io approfitto di queste conversazioni – non le dico, perché la angustierei troppo dicendole che potrebbe essere il mio ultimo giorno -, allora che cosa posso dirle? Posso dirle che le voglio bene. Ma guardate che per i cristiani della Siria il primo pensiero è quello di avere l’anima ben preparata. “Perché se dovessi morire oggi, so dove voglio andare”. Per questo è grande la presenza ai sacramenti e alla messa quotidiana, quando possibile; partecipano agli esercizi spirituali di S. Ignazio, anche se sotto i bombardamenti. Tutto ciò per prepararsi a una buona morte.

Guardate queste universitarie, queste donne! Guardate i loro volti! Questa donna aveva quattro figli, qui ne abbiamo uno, un altro è morto tragicamente. Pensate che era all’ospedale, e lì venne colpito da un proiettile. Mentre la madre esce dall’ospedale dov’era il figlio, un altro proiettile entra dalla finestra. Quando la donna sente lo schianto, torna sui suoi passi e trova suo figlio ridotto a brandelli. Questo ragazzo si chiamava Nahom. Lei lo piange in continuazione. Però lei dice che suo figlio era già preparato per il Cielo. Anch’io lo vedevo pronto per il Cielo. Lei mi racconta che anche quando era in casa col terrore che entrasse un proiettile, questo figlio le diceva, citando il Vangelo: «Non abbiate paura di coloro che possono uccidere il corpo, ma che non possono uccidere l’anima». Questa signora mi dice che se prima queste parole la tranquillizzavano, ora molto più. È morto per causa della guerra, ma ora vive in Cielo!

Questo fatto mi ricorda la mia mamma. Mia madre, conversando con delle amiche chele dicevano: “Non hai visto il notiziario? Non ti preoccupi che tua figlia possa morire in quella guerra? Perché non la fai tornare?”. Mia madre le rispose: «Perché mi fa questa domanda? Non si preoccupa invece che suo figlio u sua figlia escano nei finesettimana e rientrino a casa ubriachi o drogati? Capite? Morti nell’anima. Non è forse questo fatto più preoccupante? È questo il punto! E quante volte alcune madri sono preoccupatissime, che non possono dormire perché il loro bambino ha un’influenza o è un po’ raffreddato con febbre, e dicono: “Non posso vederlo così”. Però bisogna insegnargli a sopportare la sofferenza e ad apprezzare l’infermità!

Purtroppo non vediamo la stessa preoccupazione quando i figli vivono nel peccato! Ma guardate che per chi muore nel peccato, non c’è ritorno! Questa deve essere la nostra preoccupazione! Quando pensiamo ai nostri figli e al fatto che vogliamo dar loro il meglio, la cosa migliore che possiamo dar loro è il Cielo! Dobbiamo garantire loro il Cielo! La vita eterna è molto più della salute fisica! Vedete che insegnamento riceviamo dai nostri fratelli Siriani. Abbiamo i terroristi là, ma non hanno paura. Loro dicono: “Mi uccidano pure, entrino pure in città e mi taglino la testa. Io sono cristiano e non smetto di esserlo. Al massimo mi fanno un favore, perché mi mandano in Cielo! (Sono cose sconvolgenti da sentire per noi cristiani occidentali! N d t). Per loro l’unica preoccupazione è la morte dell’anima.

Questa gente, che ovviamente vive della fede, non è che viva in maniera strana, rinchiudendosi nelle chiese, pregando e sperando di non essere uccisi. No, no, no, questa gente va avanti con la sua vita quotidiana, perché vive di fede. E la fede inonda la nostra vita e la cambia completamente, dalla testa ai piedi! Non è che per il fatto di avere vede prego bene, prego molto. Se ho fede, se sono animato dalla fede studio bene, lavoro bene, sono un buon figlio, sono un buon padre, sono un buon cittadino. E tutto ciò perché ho fede e questa fede incide sulla mia vita quotidiana!

Per questo questa gente vive la vita con una forza che è ammirevole. Una fede che, attenti, prima non avevano così! Pensate che nel primo anno di guerra le scuole e le università rimasero chiuse. Nel secondo anno la stessa cosa, ma i giovani volevano ricominciare. “Perché dovremmo rimanere inattivi fino alla fine della guerra”, si dicevano. E andarono a scuola con grande gioia. Si era difficile a volte seguire la professoressa a causa del frastuono delle esplosioni, ma erano lì. Non è una barzelletta! I ragazzi sono disposti a schivare i proiettili pur di andare a scuola. (Indica le persone e cita i nomi di alcuni studenti. N d t). Questi sono studenti del quarto anno di medicina. Quarto anno di medicina in Aleppo! Sotto i bombardamenti. Guardate questa ragazza, Humida, laureata in biotecnologia. Ha studiato per 5 anni. Guardate la felicità di questa ragazza! E non è di Aleppo, eh, è di un villaggio distante da Aleppo, che è più tranquillo. Avrebbe potuto fermarsi lì con la sua famiglia, ma nonostante ciò ha voluto venire ad Aleppo. E quando iniziò la guerra ha voluto continuare i suoi studi. E si è laureata!

Io ho 42 anni, e in argentina ho ancora molti amici della mia età e altri, che continuano gli studi universitari. Continuano! 10, 15 anni di Università, ma a loro piace così. E non si sono ancora laureati! Non si laureano! Già ingrassati, con la barba lunga, eccetera. (E sorride). Non si laureano perché è complicato, difficile. I nostri, invece, in questa situazione estrema, si laureano! Studiano e si laureano. Vanno tutti i giorni all’Università, spesso rischiando la vita. Studiano con una piccola pila, perché non c’è elettricità. Qualche settimana fa le sorelle mi raccontavano che c’era stato un allarme nel quartiere – fortunatamente un falso allarme -, era un allarme in cui dicevano che sarebbe stato colpito il nostro quartiere. No abbiamo sempre pronto un piccolo zaino coi documenti e quello che serve in caso di dover scappare. Le sorelle invitarono le studenti a prendere lo zaino e ordinatamente scappare. Una di esse prende il suo zaino e cerca di raccogliere anche i suoi appunti. La sorella le dice: “Cosa ne fai degli appunti?”. E lei: “Il fatto è che, se superiamo questo pericolo, lunedì ho l’esame! Pare incredibile! È incredibile la forza di questa gente! La forza che viene dalla fede!

Potete ora capire come il sacrificio e la sofferenza hanno rafforzato la loro volontà. E le ha trasformate in persone libere! Perché, credetemi, sono persone libere! Più libere di noi. Sono nella persecuzione, però sono liberi. Quante volte ci capita con i nostri figli, coi nostri bambini, coi nostri giovani, che vogliamo evitargli la sofferenza, la fatica, e vogliamo fare in modo che tutto sia per loro facile. Uno sente spesso questa frase, per esempio dalle mamme: “Quanto ho sofferto nella mia infanzia: la povertà, eravamo 10 fratelli. Oh, quanto abbiamo sofferto! No, no, no, io ai miei due figli do tutto, perché possano vivere comodi e non abbiano da soffrire! È sufficiente quello che ho sofferto io”.

Poveri bambini! Poveri bambini! Li facciamo schiavi dei loro capricci! E poi quando crescono e si raffrontano con la vita reale, che è piena di difficoltà, di sofferenze e di prove, si rendono conto che li abbiamo ingannati. Si scontrano con la vita reale, e falliscono, perché non li abbiamo preparati al sacrificio. Non li abbiamo preparati alla rinuncia. Non li abbiamo fatti essere persone libere! Padroni di se stessi. Che possano fare qualcosa, costi quel che costi.

Ci lamentiamo molto della nostra gioventù, eh! Ne sento molti a lamentarsi in argentina. Della gioventù annoiata e floscia che abbiamo. Che non sono costanti, che non perseverano, che non si vogliono impegnare in nulla. Lasciano tutto a metà. Però se non li abbiamo preparati alla vita, cosaci aspettiamo? Vediamo matrimoni fallire, dopo che da fidanzati si adoravano. Due anni di matrimonio e si separano. Due anni! Che cos’è successo! “È stato molto difficile”, dicono. E chi ti ha detto che sarebbe stato facile? Dove sta scritto? Questo è ciò che succede. E cresciamo i nostri figli in questa società dei consumi, dell’edonismo e del materialismo, chiaro che domina l’«io», io, io! Poi il terribile problema, quando uno si sposa, è che deve condividere con un’atra persona. E allora non sono più solo io, c’è anche lei, o lui! Aolora il problema è che se siamo stati cresciuti nell’egoismo, non siamo disposti, non vogliamo rinunciare ai nostri gusti. Non lo sappiamo fare, perché non ce l’hanno insegnato. Quindi rendiamoci conto del grande esempio che riceviamo da loro: chela sofferenza nella nostra vita è un trampolino. È un trampolino per crescere. Un trampolino per il cielo! Per formare personalità libere e forti.

Guardate questo. È un matrimonio. Forse l’avete saputo perché la notizia è stata diffusa dalle reti sociali. Uno sposalizio. Vedetele pareti scrostate della chiesa. Le finestre senza vetri. Il matrimonio è stato celebrato a mezzogiorno. Entra il sole, perché si sono sposati in una chiesa senza tetto. Ma ci sono i fiori eh. E noi, coi nostri matrimoni, i nostri giovani, quanto dobbiamo fare perché si sposino! 10 anni di fidanzamento finalmente hanno fissato la data. Riuniscono la famiglia e dicono: “Abbiamo deciso di metter su famiglia e abbiamo deciso la data. Ci sposiamo nel 2025. (Tutti sorridono). Eh, si, perché dobbiamo avere il tempo sufficiente per preparare i biglietti con dei fiorellini speciali che vengono dalla Germania. Abbiamo fissato il ristorante, eccetera. Ma non arrivano asopsarsi! E se ci arrivano, già hanno vissuto assieme. Ormai non c’è alcuna novità. Come stiamo formando i nostri giovani? E questi si sposano in una chiesa senza tetto!

Questo ragazzo, che si chiama Rahmi, andava a messa tutti i giorni in cattedrale. Rosario e Messa. Da giovane, pur essendo cristiano, era lontano dalla fede. non pregava. Era un ragazzo molto superficiale. Quando aveva 14 anni gli amici lo invitano a dandare in chiesa. Lui rispose: “No, in chiesa non ci vado”. Ma gli altri gli dicono: “No, vieni, ci sono tante belle ragazze!”. Lui accettò e vi andò. Era il mese di Maria, maggio; le chiese si riempiono di gente in Medio Oriente, tutti i giorni fino ad ora! (Anche da noi nel dopoguerra! N d t). Così il ragazzo continuò a andare in chiesa con gli amici, e guardava le ragazze. Quando arrivò il primo di giugno egli entrò nella chiesa e si trovò con 10 vecchiette. Ma che cos’era successo: chi si era portato via le ragazze? Allora gli spiegarono che il mese di Maria era finito. Allora lui rispose – e questa è la grande grazia di Dio che ha ricevuto -, si rattristò e ci rimase tanto male, che promise: “Signore, ti prometto che da oggi, fino al giorno della mia morte, non voglio lasciarti solo nemmeno un giorno. Da allora, dai suoi 14 anni, Rahmi va a messa tutti i giorni.

Un giorno non lo abbiamo visto in cattedrale. Ci siamo chieste come mai? Forse gli era successo qualcosa. Effettivamente lo avevano sequestrato. Lo legarono e misero nel baule di una macchina. Lo chiusero in un piccolo bagno. Lo legarono a una sedia. Rimase legato lì due giorni con gli occhi bendati. Gli dissero che appena avrebbero ricevuto il riscatto lo avrebbero lasciato libero, o lo avrebbero ammazzato. Lui pregava e pregava, e ha pregato ininterrottamente la Madonna e San Michele Arcangelo. Dopo due giorni fingeun dolore alla testa e comincia a gridare fino a stancare il carceriere, il quale, accostandosi, gli disse: “Vado a prenderti qualche farmaco”. «In quel momento – egli raccontò poi -, mi raccomandai alla Vergine, e improvvisamente le grosse corde si spezzarono. Fu un vero miracolo! Approfittò per scappare, ed essendoci luce naturale pensava di esser più facilitato nella fuga. Si avvicinò a un balcone. Era al secondo piano, e già si avvicinava il sequestratore. Dovete sapere che quando tutto passò noi ridemmo molto perché lui no era mai stato uno sportivo. “In quel momento – disse – mi raccomandai a San Michele arcangelo, e mi gettai”. Benché San Michele non gli avesse regalato le ali, il salto non gli causò particolari danni.

Ma guardate che miracoli come questi ne accadono molti! Tutti i giorni! Miracoli di fede. Qui non succedono questi miracoli perché siamo occupati da molte altre cose. La forza di questi cristiani, di questi martiri, di questi confessori della fede, deriva certamente da una grazia speciale di Dio. Deriva dalle loro preghiere. E quanto pregano! Grazie che ci vengono anche dalle vostre preghiere. (Penso sia sufficiente, giunti alla 12°. N d t).

 

Print Friendly, PDF & Email
Se questo articolo ti è piaciuto, condividilo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *