Cosa distingue un atto religioso da un atto soltanto umano? Troppo spesso ho l’impressione che delle religioni assumiamo soltanto ciò che appare conforme con una visione della vita affine, se non perfettamente calzante con il pensiero dominante. Per il resto, le religioni di tipo arcaico affascinano il piacere dell’esotismo tipicamente occidentale.
Si dedicano studi e si esprime profondo e deferente rispetto per la religiosità indiana o per le usanze Samburu, o Masai. Il culto degli antenati, il totemismo, il sacrificio cruento, il mana, la reincarnazione, il sistema castale, le potenze divine e impersonali che animano la natura sono studiati ; tutto questo non disturba l’occidente razionalista in cerca di evasione, anzi, diventa oggetto di film e documentari spesso volti a dimostrare l’esistenza un mondo incontaminato.
Il macellare la carne in un certo modo, cioè sgozzando la vittima, è un atto religioso o un semplice gesto rituale di tipo arcaico? Portare il velo nelle innumerate fogge e cromie è un gesto religioso?
Come possiamo affermare che tutte le religioni professano lo stesso Dio di pace, senza violentare lo specifico di ogni singola credenza?
Affermare che tutte le religioni cercano la pace cosa significa? Che esse perseguono la pace per il singolo credente aderente ad una data confessione o che la pace per tutti gli uomini a prescindere dal crede.
E poi cosa si intende con il termine pace? Dovremmo allora interrogarci sulla natura di Dio, su come esso è percepito, le risposte divergono profondamente se pensiamo ad un Dio personale creatore razionale o se pensiamo a Dio come ad un principio impersonale indifferente al mondo.
L’induismo ammette le caste, esso ammette come ovvia e naturale la presenza di milioni di esseri sub umani chiamati intoccabili. Ammettere gli intoccabili è un atteggiamento non violento? L’indifferenza generata dalla credenza nel Karma è non violenta?
Il Dio dell’antico testamento è non violento e la colpa per la crudezza di certi passi del testo biblico va attribuita ad una mala comprensione da parte dell’uomo?
Quale confine distingue la volontà di Dio dalla volontà dell’uomo?
Se Dio ha creato il mondo e l’ha voluto attraverso l’evoluzione selettiva non è forse solo per questo il mondo una gigantesca carneficina? La natura è violenta, chi ha voluto la natura?
Esiste un discrimine rispetto al quale tutte le religioni devono esprimere un giudizio, confrontandosi con esso. Declino tale discrimine in due modi.
Il primo si chiama Peccato originale; comunque lo si intenda o lo si interpreti, il peccato originale narra di una natura decaduta, di un’alterazione, nella biologia, nel mondo vegetale, animale, organico, inorganico; il peccato narra di un turbamento della volontà e della morale. Per tale ragione non può mai esistere una perfetta armonia fra uomo e natura.
Il secondo discrimine si chiama Gesù Cristo. Cristo si pone come il vincitore del male, come l’unico e autentico ” costruttore di pace”.
La pace di Cristo passa attraverso “la crisi del corpo e della vita”, ciò che noi chiamiamo dolore, sofferenza, morte. La pace di Cristo attraversa tutto questo e ci dona Resurrezione. La croce ” è il mondo nella sua logica di egoismo e di morte”. Cristo Risorto è ” il mondo ricreato dentro la logica della vita”.
Non ha dunque senso confondere le carte parlando di ” religioni che tutte vogliono la pace”, senza aver chiare le differenze; come deve essere chiara la natura della ” religione del laicismo” , con tutto il suo bagaglio terreno senza alcuna vita eterna. Il laicismo ateo ha i suoi riti, e concepisce il mondo come privo di valori durevoli, l’uomo per l’ateo è solo materia organizzata.
La pace proposta da questa visione antropologica non può essere la pace di Cristo. Cristo infatti vive sempre in relazione con il Padre, egli guarda il mondo con gli occhi rivolti ” alle cose di lassù”. Questo non significa che non sia possibile un dialogo, ma le visioni sono assai diverse. Il laicismo non può accampare la pretese di una presunta obiettività rispetto alle cose del mondo semplicemente perché non riconosce alcuna religione rivelata. Il laicismo infatti è una religione che non ammette alternative è perciò intrinsecamente intollerante, anche quando si pavoneggia come unico luogo del rispetto, lo fa, quasi si trattasse di una concessione al primitivismo delle religioni.
Il Nirvana è incompatibile con la vita eterna cristianamente intesa, il concepire il corpo come un carcere tende a svalutare l’operato umano. Nel cristianesimo si tenta una conciliazione fra i transitorio e l’eterno, fra la materia e lo spirito.
Per questo è bene distinguere senza giudicare, cogliere le differenze per rispettare l’altro, comprendere le proprie radici per trovare intrecci possibili con le radici altrui.
Il ricondurre tutto ad un generico irenismo trans-identitario è la via non della pace, ma della guerra, in odio ai popoli e alle loro diversissime storie.
Un mondo unipolare non può che essere un mondo violento e infatti la causa di tutti i radicalismi deve essere ricercata nei tentativi di colonizzare le culture in nome della super ideologia mondialista al servizio del denaro.
Quella in atto non è una guerra di religione, ma una deriva impazzita delle guerre per il dominio commerciale globale. Quella in atto è una guerra di confusione, delle lingue, delle tradizioni, delle culture.
E’ l’aver preteso di cancellare le differenze che genera odio.
E banale e superficiale risulta non comprendere gli elementi ideologici irrisolti che stanno all’origine di un’interpretazione violenta dell’Islam. Bisogna infatti distinguere fra fondamentalismo indennitario, radicalismo, chiusura settaria e violenza. Non necessariamente il fondamentalismo è violento. Bisogna comprendere come cause socio politiche profonde, senso di frustrazione, potenza del messaggio religioso possano, se mescolati originare reazioni violente.
L’occidente non ha un’anima, non conosce se stesso, vive di un’orizzonte totalmente terreno, non ha la forza di proporre valori capace di superare la logica del calcolo opportunistico. Il laicismo è un’astrazione che consegna intere generazioni alla logica nichilista della competitività e del mercato. L’occidente ride di ogni fede credendosi autosufficiente.
Ma attenzione, il dialogo esige la distinzione e l’identità, ma noi, presunti cristiani in cosa crediamo? “L’occidente cristiano” è in grado di distinguere, su quale antropologia vuol fondare il proprio futuro? L’uomo è dominato dalla spettro di una violenza che sempre riemerge perché appartiene al nostro essere. La risposta cristiana si attende un confronto, furori dai facili irenismi e dalle ridicole tesi di una guerra di civiltà.