Stefano Fontana, nel sito Labussolaquotidiana del 3 agosto 2016, ha pubblicato un interessante articolo dal titolo “Rahner, profeta della Chiesa aperta di oggi”. Egli introduce il suo scritto con le seguenti parole: “Nel lontano 1972 Karl Rahner scrisse un libretto dal titolo ‘Trasformazione strutturale della Chiesa come compito e come chance’. L’anno successivo fu pubblicato in lingua italiana dalla Queriniana. Il libro era rivolto alla Chiesa di Germania”.
Fontana fa notare che “le considerazioni del teologo tedesco anticipavano sorprendentemente i tempi e parlavano di noi oggi”. Dobbiamo precisare, però, che non si tratta della “Chiesa” in generale, ma bensì della corrente modernistica, la quale poi a sua volta è in parte un’imitazione della concezione luterana della Chiesa. Infatti, come spiega l’Autore, “per dire la cosa in sintesi, la Chiesa di Karl Rahner doveva essere declericalizzata, democratica, aperta e dalle porte aperte, strutturata a partire dalla base, ecumenica, che non moralizza”.
La prima osservazione da fare al libro di Rahner riguarda il titolo stesso. Già qui Rahner parte col piede sbagliato. La Chiesa non può andar soggetta e non va soggetta a nessuna trasformazione strutturale, come se si trattasse di un’azienda per la produzione degli yogurt o di una fabbrica di automobili. La Chiesa ha una sua struttura o essenza divina, immutabile, stabilita da Cristo. Trasformarla nella sua struttura, ossia nella sua essenza, vorrebbe dire distruggerla. La Chiesa può essere riformata, ma non trasformata, perché allora sarebbe deformata, come fece Lutero.
Trasformare vuol dire cambiare forma, cambiare essenza: allora quella cosa non è più quella cosa, ma diventa un’altra. Come a dire che è distrutta. Se una chiesa viene trasformata in una casa, la chiesa non c’è più. Riformare, invece, può essere cosa utile o necessaria. Ma allora non si tratta di cambiare la forma, ma, al contrario, di confermarla, purificarla, rafforzarla e migliorarla, conservandola nella sua identità. La vera riforma della Chiesa l’ha fatta il Concilio di Trento, non Lutero. Il titolo che Rahner ha dato al suo libro è esatto: in esso Rahner deforma la Chiesa.
Seguiamo infatti adesso uno per uno i caratteri della Chiesa secondo Rahner, che ci riferisce Fontana. “Declericalizzata”. Sappiamo come Lutero abbia soppresso nella Chiesa il clero ed abbia lasciato solo i laici. Rahner lascia il clero. Ma sono i laici che comandano, in quanto depositari dell’“esperienza trascendentale” della fede e “Uditori della Parola”.
“Democratica”. Questo carattere è connesso al primo. Per Rahner la Chiesa non è governata da uno solo (il Papa), cioè non è monarchica, ma è governata dal popolo (laòs, da cui “laico), ossia appunto dai laici, in base alla loro suddetta dignità, mentre la gerarchia sacerdotale è alla pari dei laici. Non è quindi che Rahner abolisca, come Lutero, Papa, Cardinali,Vescovi, Presbiteri e Diaconi; tuttavia questi uffici sono per lui tutti di pari grado – “popolo di Dio” -, allo stesso livello di quello dei laici. Non c’è subordinazione o dipendenza degli uni dagli altri, ma coordinazione come diverse espressioni del modo di essere cattolico su di un piano di parità del comune essere cattolico.
Il carattere dell’apertura e dell’ecumenicità, stando a come la Chiesa li intende, andrebbe anche bene. Ma il guaio è che Rahner non lo intende in questo senso, come vedremo dalla successiva esposizione data da Fontana, ma in un senso che guasta la chiarezza, la precisione e la certezza della dottrina, a causa della mancanza del principio monarchico sostituito da quello democratico, e di quello gerarchico sostituito da quello paritario. Infatti spetta in ultima istanza al Papa e alla gerarchia chiarire, precisare e definire le dottrine della fede.
La Chiesa, secondo Rahner, è “strutturata a partire dalla base”, non dal vertice. Come a dire che non sorge dai successori degli apostoli sotto la guida del Papa, ma dalla comunità dei semplici fedeli. Su questi e non sui primi essa si fonda, mentre i primi non sono che l’espressione a livello categoriale della fede trascendentale del popolo di Dio, che a sua volta è formazione storica ed empirica dell’universalità preeclesiale e transecclesiale dei “cristiani anonimi”.
La Chiesa, per Rahner, “non moralizza”. Ciò ci sorprende, perché in realtà la Chiesa ha il compito di stimolare, condurre, educare e guidare la corretta vita o condotta morale dei singoli e del popolo di Dio o la società, ha il compito di assoggettarli a un codice di regole o ideali morali chiari, fissi, determinati e ben definiti. Per Rahner, invece, è il popolo stesso che, alla luce della Parola di Dio e della propria coscienza, sceglie liberamente le norme del proprio agire.
Prosegue infatti Fontana nell’illustrare i termini della falsa profezia di Rahner: “Uno dei concetti chiave espressi nel libretto è quello di Chiesa ‘aperta’. La cosa viene detta non solo in senso pastorale (aperta nel senso di aperta ad accogliere tutti), ma dottrinale. Secondo Rahner, infatti, l’ortodossia, l’ordine, la chiarezza… sono caratteristiche di una sétta. Ma la Chiesa non è una sétta e quindi i suoi confini non devono essere chiari né definiti. Essa deve essere ‘aperta anche dal punto di vista dell’ortodossia’. E a questo proposito gli esempi che Rahner fa non potrebbero essere più attuali: ‘non è chiaro perché dei divorziati che si sono risposati dopo un primo matrimonio sacramentale non potrebbero in nessun caso essere riammessi ai sacramenti finché perseverano nel secondo matrimonio in quanto tale; è possibile non ritenere il precetto festivo come un comandamento che Dio avrebbe stabilito sul Sinai dotandolo di una validità perenne; non è neppure possibile stabilire con chiarezza, come a volte si fa, quali possibilità esistano anche per una coscienza cristiana nei confronti delle leggi penali dello Stato contro l’aborto’.
Chiesa aperta – continua Fontana – vuol dire per Rahner che non sono chiari i confini dell’ortodossia e di conseguenza nemmeno quelli dell’eresia. Anche dentro la Chiesa, dice Rahner, ci sono disparati contenuti di coscienza e opinioni divergenti sul dogma oggettivo. Il pluralismo teologico e dottrinale non costituisce quindi una minaccia, continua Rahner, perché conforme ad una ‘Chiesa evangelica, in cui si poteva dire pressappoco tutto e si poteva esprimere pubblicamente quello che si voleva’.
Nella Chiesa evangelica, libera, accogliente ed aperta, secondo Rahner,viene fuori di tutto, anche le tesi più contradditorie tra di loro; quello che scandalizza gli uni, è normale per gli altri e viceversa. I pastori e il Papa non hanno alcun compito di controllo o di censura, ma devono semplicemente stimolare il dibattito, devono consentire a che ognuno esprima quello che gli pare.
E’ infatti impossibile, secondo Rahner, che una proposizione possa essere interpretata in unico senso, che nel contempo non possa essere interpretata anche in un senso opposto. Non esistono infatti verità universali, oggettive ed immutabili, valide per tutti e sempre. Ciò che sembra vero a me può esser è falso per te. E’ bene dunque dare spazio a tutte le opinioni, essere aperti a tutte le idee.
Ciò comporta, secondo Rahner, un pluralismo “insuperabile”, che è cosa normale ed inevitabile e non dev’essere limitato o costretto nei ranghi di un pensiero unico, che sarebbe la morte della libertà di pensiero. La pretesa che il Magistero della Chiesa ha avuto finora di esprimere tesi dottrinali assolutamente vere, obbligatorie sempre e per tutti, è una pretesa assurda e illiberale.
Il patrimonio dottrinale della Chiesa non è dunque visto da Rahner come un sistema ordinato, coerente ed unitario di idee, tutte fondate sulla Scrittura e sulla Tradizione, sotto il controllo dal Magistero, ma come un specie di mercato delle pulci, un bazar o una libreria Feltrinelli, dove si va dalle Confessioni di S.Agostino al Capitale di Carlo Marx, dai Pensieri di Pascal al Così parlò Zarathustra di Nietzsche.
Il fatto è che Rahner, mancando il principio unificante pontificio, e volendo far nascere l’organizzazione della dottrina dalla molteplicità dei semplici fedeli, sottrae alla dottrina della Chiesa il suo naturale principio di unificazione, di precisazione e di delimitazione, sicchè il risultato non può che essere appunto quello del “pluralismo insuperabile”, ossia un insuperabile intrigo o groviglio di idee di tal fatta, che una volta che uno disgraziatamente ci è caduto in mezzo, si trova in una “selva oscura” peggiore di quella di dantesca memoria.
Fontana prosegue poi nel dare qualche altro esempio delle proposte di Rahner: “La Chiesa del futuro – sosteneva Rahner nel 1972 – è una Chiesa che si costruisce dal basso, frutto di libera iniziativa ed associazione. Le stesse parrocchie si trasformeranno in questo senso”. Tra queste proposte c’è quella dell’ordinazione sacerdotale delle donne: ‘La comunità di base – aggiunge Rahner – potrà esprimere non solo una persona sposata, ma anche una donna. Non vedo a priori alcun motivo di dare una risposta negativa a questo problema, tenendo conto della società di oggi e ancor più di quella di domani’.
Commenta Fontana: “Di questi tempi molti si saranno stupiti perché molti Pastori non siano intervenuti a proposito di leggi che colpiscono in modo molto duro principi fondamentali della legge morale naturale. Non sono rari i Vescovi e i parroci che non vedono di buon occhio che i cristiani ‘mostrino i muscoli’ (come essi dicono) in pubblico per la difesa dei principi non negoziabili. La spiegazione c’è in queste pagine di Rahner di quarantaquattro anni fa: ‘morale senza moralizzare’. Per Rahner si ‘moralizza’ quando ‘si proclamano norme di comportamento in maniera burbera e pedante, con indignazione morale, di fronte ad un mondo immorale senza condurlo realmente a quell’interiore esperienza essenziale dell’uomo che quest’ultimo ha e senza la quale anzi neppure i cosiddetti principi di diritto naturale potrebbero obbligarlo attualmente’. Evidente disprezzo per il concetto del moralizzare.
Commentiamo a nostra volta: Rahner confonde il moralismo farisaico, “burbero e pedante”, sempre controproducente e da evitare, con l’educazione, la denuncia e la giusta indignazione davanti a una corruzione morale dilagante, anche di chi si dichiara cattolico, frutto di relativismo dottrinale, sbandierato come progresso, civiltà e libertà, senza che si riscontri un’adeguata presenza di pastori e teologi sinceramente ligi al loro dovere di illuminare e avvertire le anime circa il retto cammino e le insidie ad esso annesse.
E non è da dire che Rahner abbia particolarmente brillato in quest’opera di richiamo morale, per cui prima di far da maestro gli sarebbe convenuto correggere i propri errori dottrinali e già avrebbe fatto molto per quella riforma dei costumi che egli predica, essendo proprio lui con le sue idee sbagliate uno dei maggiori responsabili della crisi dottrinale e morale che stiamo vivendo.
La Chiesa è certo accogliente verso tutti, come dice continuamente il Papa. Ma non nel senso di Rahner, che dà spazio a ogni equivoco, tornaconto, furbizia e disonestà. La Chiesa è rappresentata da Cristo come un banchetto di nozze (Mt 22,1-14), dove certo sono invitati anche ciechi, zoppi e storpi. Ma occorre l’“abito nuziale”, il quale è la rettitudine dell’intenzione, la ricerca di Dio, la lealtà dei propositi e la buona volontà di sottomettersi umilmente alla gerarchia della Chiesa.
Anche per chi vuol entrare o restare nella Chiesa vale il motto popolare “patti chiari, amicizia lunga”. Chè se invece uno entra o vuol restare giocando sull’equivoco, gabbando i cattolici ingenui, per interessi terreni, per ambizione, per ipocrisia, per far da maestro, per sete di onori, per farsi un nome, per vivere a scrocco, per prendersi gioco di Dio facendo quel che gli pare con l’idea che Dio avrà “misericordia” di lui, rifiutando i pesi e sacrifici per prendersi i vantaggi, o per interessi di denaro o di potere, Cristo lo “caccia fuori nelle tenebre” (v.14).