I falsi miti illuministici sulla nascita dei Vangeli (duri a morire)

  1. TO GO WITH AFP STORY BY PATRICK MOSER A conservation worker of the Israeli Antiquities department cleans some of the 2000-year-old fragments of the Dead Sea scrolls at a laboratory in Jerusalem on January 27, 2010. The job of the four women, all immigrants from the former Soviet Union, is to ensure the ancient manuscripts, found half a century ago on the shores of the Dead Sea, are exhibited in ideal conditions and to restore the tens of thousands of fragments that suffered not only from the ravages of time but also from past conservation efforts. AFP PHOTO/MENAHEM KAHANA (Photo credit should read MENAHEM KAHANA/AFP/Getty Images)

 

È notizia recente la smentita (ad opera della stessa professoressa universitaria di Harvard che aveva dato notizia del documento) dell’autenticità di un antico papiro copto in cui si rivelava l’esistenza di una fantomatica “moglie di Gesù”. Ma questa è solo l’ultima delle centinaia di “bufale” che da secoli vengono diffuse (spesso con intenzione di dolo) nei confronti della vita di Gesù e della storicità dei quattro Vangeli canonici. È il secolo dei lumi a confezionare le prime scoperte “fasulle” sulla storia di Cristo, concentrandosi in particolare sulla separazione fra il Gesù della storia, rivoluzionario fallito, e il personaggio di Cristo, creato ad hoc dalla chiesa primitiva per i propri interessi. Nell’800 sarà la “scuola liberale” guidata dal filosofo e storico delle religioni, Ernest Renan, a proporre una lettura dei Vangeli in chiave demitizzante, ovvero, purificandoli di tutti gli elementi soprannaturali e miracolistici. “I miracoli per Gesù – scrive Renan – furono una violenza che gli fece il suo secolo, una concessione strappatagli da una necessità passeggera”.

Fra il XIX e il XX secolo “anche il teologo e storico della Chiesa, Adolf von Harnack, sosteneva che Gesù fu un predicatore morale che i primi cristiani hanno trasformato abusivamente nel fondatore di una religione” (Crescimanno). Sarà lo stesso papa Benedetto XVI, nell’ormai celebre e profetico discorso tenuto a Ratisbona nel 2006, a chiamare in causa von Harnack circa, non solo il riduzionismo della figura di Gesù alla sola natura umana, ma all’opera di “deellenizzazione” auspicata dal teologo tedesco, ovvero alla necessità di liberare il Cristianesimo dal legame con la filosofia greca. “Lo scopo di Harnack – sostiene Benedetto XVI – è in fondo di riportare il cristianesimo in armonia con la ragione moderna, liberandolo, appunto, da elementi apparentemente filosofici e teologici, come per esempio la fede nella divinità di Cristo e nella trinità di Dio”. Il primo presupposto, dunque, che sta alla base delle varie ricostruzioni della vita di Gesù foriere di molte leggende poi spacciate come verità, è la negazione pregiudiziale del soprannaturale.

Marcatamente illuministico, questo atteggiamento spacciato per scientifico, ha di fatto influenzato parte della ricerca seria e rigorosa intorno alla figura di Gesù. “Si tratta di un’arroganza senza precedenti: questi araldi della fede illuministica pretendono di essere creduti sulla parola, e mentre proclamano i loro anatemi contro l’antica fede, colpevole – secondo loro – d’aver la pretesa di essere accettata senza offrire sufficienti garanzie storiche e razionali” (Crescimanno). In pratica tutto diventa infallibile (Dio e Chiesa compresi) meno che i pre-giudizi dei cultori della dea Ragione. La negazione del soprannaturale, invece, rende la ricerca mutilata, poiché rifiutando, ad esempio, la possibilità dei miracoli si limita la strada alla sola possibilità dell’invenzione o della spiegazione naturale. Sarà così facile eliminare acriticamente e preventivamente qualsiasi elemento miracolistico senza avere la possibilità di averne provato l’esistenza scientificamente.

Il secondo presupposto per la nascita delle “leggende” anti-scientifiche è la distanza tra il tempo di Gesù e la formazione dei testi. Per lungo tempo si era soliti attribuire la stesura dei Vangeli a oltre cento anni dalla morte di Gesù, sostenendo, dunque, la costruzione “a tavolino” dei quattro testi da parte della prima comunità cristiana, lontani dai fatti realmente accaduti. Le scoperte papirologiche e archeologiche del xx secolo hanno, però, dimostrato che le prime raccolte scritte sono risalenti a pochi anni dopo le vicende della vita di Gesù (si pensi alla copia del vangelo di Marco ritrovata a Qumran e datata intorno al 50 d.C.) e non vanno oltre la fine del I secolo. “E’ evidente che le recenti scoperte di papiri antichissimi e così numerosi hanno inferto un grave colpo a questa ipotesi, sostenuta nel clima positivistico dominante fino agli anni Cinquanta. Forse fino ad allora, quando non si conoscevano i papiri antichi, né il sottofondo aramaico, né la concatenazione degli eventi, si potevano azzardare ipotesi che in ogni caso forzavano i testi. Oggi, con più di quindicimila manoscritti e con la critica testuale, questa ipotesi è divenuta insostenibile” (Fasol).

Esiste, infine, un altro presupposto, quello della “comunità creatrice”, ovvero dei primi cristiani che liberi dai ricordi del Gesù terreno, si sono prodigati nella creazione di un Cristo della fede, come proiezione dei propri gusti e dei propri bisogni. Ma anche a sostegno di questo pre-giudizio non esiste alcuna prova scientifica. Questo non esclude il ruolo attivo della prima comunità, ma esso va meglio inquadrato nel comprensibile desiderio di conservare e trasmettere la vita di Gesù, che è proprio il contrario del creare. Ancora oggi abbattere i muri “mitici” (non solo limitati allo studio sui Vangeli) sollevati dalla cultura illuminista e positivista è veramente opera necessaria poiché c’è ancora un enorme scarto fra la ricerca scientifica e ciò che viene divulgato attraverso i media, la scuola e la cultura popolare in genere.

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