di Assuntina Morresi, su l’Occidentale
Altro che “Cirinnà”. La legge sulle unioni civili che sta per essere approvata alla Camera dei deputati dovrebbe chiamarsi con i nomi dei suoi due veri autori, cioè De Giorgi-Scalfarotto, svelati a Repubblica sabato scorso in un’intervista rilasciata da uno dei due: Alessio De Giorgi, fondatore del sito Gay.it, da poco chiamato a Palazzo Chigi da Renzi in persona, per curare la propria comunicazione sui social network durante la lunga campagna per il referendum sulle riforme costituzionali del prossimo ottobre.
“Imprenditore di successo, un pezzo da novanta nel suo campo di affari gay-friedly: infatti dal ’99 è inventore e titolare del locale Mama Mia
di Torre del Lago (Lu), dove ogni estate si elegge mister gay e miss drag queen”: così ne scriveva il quotidiano Libero nel gennaio del 2013, quando la sua presenza nelle liste elettorali del Senato in toscana, per un altro Presidente del consiglio, il senatore Monti, destò un tale scompiglio da indurlo a rinunciare alla candidatura.
Diverse foto di De Giorgi che campeggiavano nei social network avevano ben poco a che fare con la sobrietà del professore in loden che “saliva” in politica, e l’avventura centrista finì velocemente ancora prima di cominciare. “Fu una decisione sciagurata e dopo il ritiro feci la campagna per il Pd”, commenta De Giorgi, presidente toscano della arcigay dal 2000 al 2006, dal 2002 “pacsato” con il suo campagno in Francia, ma soprattutto renziano.
“Un renziano della prima ora”, precisa su Repubblica, dove racconta che già nel 2012 Renzi, che lo conosce da due anni e con lui ha un “rapporto fiduciario”, lo fece trasferire un mese a Firenze per farsi aiutare nel finale delle primarie contro Bersani, sempre nella comunicazione sui social network.
Ma la parte più interessante dell’intervista è quella in cui De Giorgi racconta come, quando Renzi stava ancora preparando le primarie, nel 2010, chiese proprio a lui informazioni sul mondo LGBT, “e con Scalfarotto contribuimmo a scrivere il testo che la prossima settimana verrà approvato alla Camera. Contiene tutto, in effetti, meno che la stepchild adoption. Abbiamo dovuto rinunciarci, per arrivare all’approvazione. Anche a causa del voltafaccia dei 5 Stelle. Ma l’impianto complessivo lascia ampio spazio ai giudici sulle adozioni”.
Quindi il boy scout Matteo Renzi, che solo tre anni prima aveva partecipato convintamente al Family Day che aveva mandato in soffitta i DiCo, quando ancora non aveva cominciato la sua lunga marcia di conquista del Pd, già aveva in tasca il testo di legge sulle unioni civili, stepchild adoption compresa, da portare in dote al partito e al paese.
Un testo scritto dai diretti interessati – due rappresentanti di spicco della comunità lgbt – che quindi non è stato il pegno da pagare obtorto collo alla minoranza interna del Pd, come a volte certi suoi fiancheggiatori anche cattolici hanno suggerito, ma pienamente voluto da Renzi stesso.
Un testo che fin dall’inizio includeva la genitorialità omosessuale, non solo perché la stepchild adoption ne faceva parte integrale, ma perché tutto l’impianto, volutamente simil matrimoniale, apriva alle adozioni gay, come le sentenze di questi ultimi mesi dimostrano. Quel testo De Giorgi-Scalfarotto su cui Matteo Renzi chiederà l’ennesimo voto di fiducia questa settimana, alla Camera.