Il cuore di Vendola

nichi-vendola-620x430di Francesco Erspamer (Fonte: La Voce di New York)

Avete letto il breve post di Nichi Vendola su Facebook?

Nichi Vendola parla della “volgarità” di chi non sa condividere la sua “grande felicità”, parla della sua “bellissima storia d’amore”, del “grembo” della madre presa in affitto, di una famiglia che è diventata “parte della sua vita”. Buon per lui, male per la sinistra

Dietro il messaggio dalla California di Nichi Vendola c’è Cuore. Non il settimanale satirico diretto da un Michele Serra non ancora convertitosi, pure lui, al liberismo; no, proprio il classico di De Amicis e neppure filtrato attraverso l’Elogio di Franti di Umberto Eco; no, il Cuore originale, del 1886, con la sua proposta di un buonismo puramente di facciata, volto a celebrare le virtù dei vincenti, inclusa la tolleranza, e a denigrare o deridere la rabbia e la volgarità di chi non ce l’ha fatta.

Lo avete letto, il breve post di Vendola su facebook? Si parla appunto della “volgarità” di chi non sa condividere la sua “grande felicità”, si parla della sua “bellissima storia d’amore”, del “percorso” da lui intrapreso (non dagli Appennini alle Ande ma dall’Adriatico all’Oceano Pacifico, immagino), del “grembo” della madre presa in affitto, di una famiglia che è diventata “parte della sua vita”. Buon per lui. Peccato che cerchi anche di spacciare questo raccontino autobiografico come intervento politico, tacciando indiscriminatamente di “squadrismo” chi lo abbia criticato e accusandoli di appartenere ai “bassifondi della politica”.

A parte il fatto che la sinistra dovrebbe precisamente dialogare con chi vive nei bassifondi più che con chi frequenta le cliniche private che gestiscono le maternità surrogate delle celebrity di Hollywood (quelle che vogliono far figli senza rischiare di perdere un contratto milionario o di modificare la forma del loro corpo), a parte questo, dicevo, è proprio dei liberisti confondere i due livelli, quello personale e quello pubblico, rivendicando per i fatti propri una legittimazione politica e così trasformando la politica da teoria e pratica del governo di una comunità a teoria e pratica dell’affermazione personale. La scelta di Vendola riguarda solo lui e il suo partner (che tristezza che per definirlo Vendola abbia invece la parola compagno, indebolendone il significato politico), come quella dell’ottantenne Silvio Berlusconi di iniziare una relazione con una ventenne riguarda solo Berlusconi e la ventenne. Ma va notato che sono entrambi esempi di individualismo integrale: quello che un tempo si chiamò riflusso nel privato e che fu la condizione necessaria e sufficiente del trionfo del neocapitalismo. Vendola è semplicemente un liberista, al pari di Berlusconi e di milioni di altre persone di ogni età, etnia e inclinazione sessuale che non solo antepongono il loro “particulare” al bene comune (che tristezza che sia sempre Guicciardini, in questo paese, a cogliere il carattere nazionale piuttosto che Machiavelli) ma ne affermano e teorizzano la necessaria preminenza. Che è la filosofia dell’ex Margherita, oggi Pd, o dei movimenti arcobaleno, in cui la frammentazione diventa un valore e in cui la società non è neppure idealmente un organismo che ridefinisce e rifunzionalizza le sue parti ma al contrario un mosaico, un inerte amalgama di interessi di nicchia e di egoismi rispetto al quale ogni tentativo di costruire legami di identità, tradizioni e solidarietà è considerato politicamente scorretto.

Il liberismo di Vendola emerge anche dalla citazione colta che propone alla fine del post: “ognuno dal proprio cuor l’altro misura”. Poco male che la attribuisca a Dante mentre si tratta di un proverbio popolare; poco male che la faccia diventare un dodecasillabo, che Dante non avrebbe mai scritto; intollerabile è la presunzione con cui la lascia cadere lì: “capisco che citare Dante non faccia audience”. Mentre è ovvio che cita Dante (o meglio, crede di farlo) solo perché pensa che faccia audience, esattamente come Renzi in Argentina (a una presunta lectio magistralis! – a cosa arriva l’adulazione nei confronti dei politici!), quando credette di citare Borges solo perché aveva trovato dei versi in spagnolo su internet e di chi altro possono essere dei versi in spagnolo se non di Borges? La cultura può agevolmente sopravvivere all’ignoranza e anche al disprezzo degli ignoranti, dunque al fascismo e alla censura; a danneggiarla gravemente e forse irreparabilmente è invece il suo svuotamento qualunquista, la sua trasformazione in cazzata, da parte di chi la considera così irrilevante da ritenersi in grado di usarla senza informarsi.

Come privato cittadino Vendola ha il diritto di citare Dante a sproposito, di cercare la sua felicità come e dove gli pare, anche di aggirare la legge del suo paese recandosi all’estero – come le ricche democristiane che andavano ad abortire in Svizzera. Ma in quanto personaggio pubblico e sedicente socialista non può farlo. Non solo perché con la sua boriosa superficialità danneggia la causa, ben più importante di lui, di chi vuole più giustizia e eguaglianza economica; anche perché ne tradisce i fondamenti. È giusto che Vendola si tenga il bambino, visto che lo ha comprato in un paese in cui il denaro controlla qualunque cosa, inclusa la legge e la morale; ma deve dimettersi da SEL e piantarla di professarsi comunista. Che passi al PD, dove sono tutti liberisti, egocentrici e vincenti come lui.

 

Fonte: La Voce di New York

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