«QUANDO NOI PRESENTIAMO IL VUOTO, GLI ALTRI LO RIEMPIONO CON QUELLO CHE HANNO» (Mons. Nunzio Galantino). Con l’audio del discorso del Dott. Massimo Gandolfini per il Family Day 2016

Foto ripresa dal sito di Sua Eccellenza Mons. Nunzio Galantino,

Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana

  Credo che sempre per i Pastori sia difficile interloquire con il mondo e con i fedeli a riguardo di questioni inerenti il rapporto Chiesa (Popolo di Dio gerarchicamente ordinato) e mondo. Sicuramente, su ciò non vi è una visione sufficientemente comune e quanto il Concilio Ecumenico Vaticano II ha ben espresso nella Gaudium et Spes -1; 3a e numerosi passi su ciò illuminanti- richiede ulteriore meditazione così che, di volta in volta, il Popolo di Dio, pellegrinante in questo mondo, sappia distinguere dialogo, annuncio, intervento nella società civile, politica, mondo della cultura, testimonianza, riconducendo ogni aspetto ad unità.

La Gaudium et Spes è attenta alle gioie e alle speranze, alle tristezze e alle angosce degli uomini di oggi, ma sa che l’umanità, schiava di un pericoloso titanismo, agita ansiosiequestioni sul posto e sul compito dell’uomo nell’universo. A seconda che si accentui un aspetto, o l’altro, si rischia uno squilibrio, questo da parte di tutti. Occorre anche chiarire cosa si intenda per bene comune. Bene comune significa intesa per evitare il male minore? Molti possono essere gli interrogativi.

Desidero rileggere alcuni passi di interventi di Sua Eccellenza Mons. Nunzio Galantino non per una critica del suo pensiero, da lui pronunciato a titolo personale, ma per comprendere quanto questi pronunciamenti possano essere chiari o meno ai fedeli e al “mondo”. Quando un testo deve comunicare, e abbisogna di troppe spiegazioni per essere ben compreso nella propria natura di testo diretto alle masse, vuol dire che non ha chiarito. Mi accosto alle parole di Sua Eccellenza con molto rispetto, in quanto Egli è non solo un fratello, ma un fratello che è mio Pastore nella Chiesa.

Non nascondo di essere molto preoccupato per quanto, via via, vedo scrivere e dire da autorevoli Pastori della Chiesa in circostanze in cui intervengono sì, a titolo personale, ma esprimendo posizioni, che sanno di scelte che, di fatto, orientano, travalicando i limiti rivendicati da loro stessi nel momento in cui si pronunciano. Ricordiamo gli interventi di Sua Eminenza. il Sig. Card. Walter Kasper, in merito alle prospettive pastorali per i separati, divorziati, risposati e che, successivamente, in parte, ritornò sui propri passi. Ma mi preoccupo anche quando si interviene nel dibattito levando accuse ai Pastori. Preferisco esaminare ed argomentare pacatamente per raggiungere, insieme, ed in tempi ragionevolmente brevi, a conclusioni, anche operative, condivise.

Non è la prima volta che Mons. Nunzio Galantino si esprime pesantemente lasciando pensare che voglia orientare e disapprovare. Disapprovare è legittimo, ma in quale veste e in che senso disapprovare e cosa disapprovare? Pensiamo a quando in un’intervista disse:
«In passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia (non ci risulta assolutamente, benché la Chiesa Italiana abbia dato giusta attenzione a questi temi e i laici abbiano molto operato a fianco di chi vive simili drammi). Non può essere così, in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa. Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche, che praticano l’interruzione della gravidanza, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro». (Da Corrispondenza Romana, Agenzia di informazione settimanale, del 14 maggio 2014).

Perché Sua Ecc. Mons. Galantino non si identifica con chi prega con il Santo Rosario davanti alle cliniche? Il Santo Rosario, celebrato specialmente comunitariamente, ha connessa l’indulgenza plenaria (alle consuete condizioni), applicabile, ovviamente, e con carità, anche a chi procura l’aborto o lo richiede, o lo favorisce, rendendosene complice. Vogliamo lasciare molte donne nella solitudine? Vogliamo dimenticare molti bambini nel momento nel quale vengono assassinati, non riservando nemeno una preghiera per loro? L’articolo di  Lucia Bellaspiga del 15 luglio 2014 su Avvenire a riguardo dei credenti della Comunità Giovanni XXIII, che, a Bologna, davanti all’Ospedale Sant’Orsola, si riunivano a pregare 15 minuti un giorno fisso la settimana ci fa riflettere. I credenti furono fatti segno di aggressioni e, da allora, per evitare lo scontro, cominciarono a non trovarsi in un giorno fisso.
La preghiera fa paura. La preghiera è come portare un mazzo di fiori, eppure fa paura. A chi? Perché? Sicuramente non ci risulta che i fratelli della Comunità Giovanni XXIII siano persone dal volto inespressivo. Sono sempre in prima fila dove si soffre!

Mons. Nunzio Galantino

(foto ripresa da Corrispondenza Romana, Agenzia di Informazione Religiosa)

Il sorriso rassicurante di Sua Eccellenza non esita, con un solo colpo di spugna, a cancellare l’impegno di tanti laici a fianco delle madri lasciate sole davanti all’alternativa dell’aborto? Banalizzare chi prega davanti ad una clinica parlando di visi inespressivi è cosa certo sconveniente. Se giudicassimo dai visi … Veramente un’uscita infelice e che si poteva evitare, anche per meglio sostenere il proprio punto di vista, semmai. Perché allora io non dovrei chiedermi se il sorriso rassicurante di Sua Eccellenza non corrisponda allo spirito di quanto sostiene? Ma io penso che Sua Eccellenza Mons. Galantino sia sinceramente sollecito per i fratelli!
Mi sembra importante, però, per un confronto e, dunque, costruttivo anche per i nostri lettori, riprendere i passaggi più significativi, insieme a quelli più critici, che compaiono nell’intervista del Corriere della Sera del 13 Gennaio 2016, tanto discussa.

Analisi dell’intervista del Corriere della Sera del 13 Gennaio 2016 di Luigi Accattoli

Sua Ecc., da un lato, si riferisce indirettamente al Magistero, e, dall’altro, propone percorsi forse inefficaci a fronteggiare l’ondata anti-famiglia. Leggiamo con calma.

 

Stralci dal  testo del Corriere della Sera

Testo: Sua Eccellenza ricorda che il testo della proposta di legge sulle unioni civili «in circolazione mostra in maniera evidente di essere, come ha detto il professor Mirabelli, un “garbuglio giuridico prima che politico”. Sembra costruito per tenere insieme posizioni altrimenti non componibili; in esso si prospettano soluzioni  rappresentative  dei  vari gruppi  politici  o  meglio  dei gruppi di pressione in campo. Sarebbe  più  serio  seguire  altre  strade  per  non  finire  con un testo che è la somma di più egoismi  piuttosto  che  essere una  composizione  democratica in vista del bene comune! Perché  non  capire  che  la stepchild adoption  non è necessariamente legata al tema delle  Unioni  civili  e  che  essa  va trattata  in  altra  sede?  Il  problema è che alcuni fanno fatica a rinunziare al velo di ipocrisia  che  avvolge  il  testo  del ddl liberandolo, per esempio, dai continui rimandi al diritto matrimoniale». Commento: 1) Si condanna il guazzabuglio giuridico richiamandosi al costituzionalista prof. Mirabelli che ha evidenziato le grosse criticità del testo ed incostituzionalità. 2) vi compaiono, giustapposti, i diversi orientamenti dei gruppi politici, senza composizione. Ciò è negativo. Ma i diversi gruppi vengono tutti definiti gruppi di pressione, compresi, ovviamente, quelli di cattolici che la Chiesa, dice Sua Eccellenza, vuole sostenere. I cattolici sono gruppi di pressione? O sono cittadini impegnati in campo etico-sociale-giuridico per il bene comune? 3) Il testo sarebbe somma di più egoismi. I cattolici dunque non propongono la visione etica della famiglia, ma egoismi!! 4)  Si colpisce l’adozione e si muove l’accusa di ipocrisia. L’accusa è forte, ma forse in contrasto con lo spirito di quanto detto prima.

Testo: «… tra i cattolici ci sono posizioni diverse, ma nessuno di noi auspica una legge che, per garantire i diritti dei singoli  e  per  rispondere  a  situazioni  reali,  rischia  di  stravolgere  la  realtà.  E  la  realtà  è quella  di  una  società  italiana che  può  e  vuole  contare  sul bene inestimabile della famiglia  composta  da  un  padre, una madre e dei figli. Certo, la stessa  società  registra  al  suo interno anche la presenza crescente  di  unioni  di  segno  diverso. Lo Stato ha il dovere di dare  risposte  a  tutti,  nel  rispetto  del  bene  comune  prima e più che del bene dei singoli  individui».

Commento:

Sua Eccellenza non vuole una legge che tuteli il diritto dei singoli rischiando di stravolgere la realtà. La frase non è chiara. Si tutelerebbero i diritti dei singoli, accettando le unioni civili, per esempio a discapito dei minori adottabili?, oppure una legge che contraria a tali unioni –le cui persone sono comunque tutelate dalla legge, come precisa il prof. Mirabelli–  tutelerebbe posizioni di singoli che credono nella famiglia? Non  parrebbe che Sua Eccellenza pensi questo, perché subito auspica che la società conti sul bene inestimabile della famiglia. Il problema nasce quando, a questa società, non si vuole dare un supporto diretto, ma solo nelle sedi opportune. Ma la prima sede, ritengo, opportuna, sia dove le persone ci sono e non attorno ai tavoli, che mirano a strangolare ogni presenza, anche etica, perché in qualche modo riconducibile allo spirito cristiano.

L’espressione unioni  di  segno  diverso è equivoca; sottace  la natura intrinsecamente disordinata della relazione tra persone dello stesso sesso, il che, ovviamente, non ha a che vedere con la condanna e la denigrazione di persone, che assumano tali comportamenti. Di più difficile interpretazione la seguente espressione: Lo Stato ha il dovere di dare  risposte  a  tutti,  nel  rispetto  del  bene  comune  prima e più che del bene dei singoli  individui. Il bene comune precede quello dei singoli, -anche perché lo include senza mortificarlo- ma se non è chiaro se opporsi a tale legge, cioè al riconoscimento delle unioni civili, non sia definitivamente escluso da Sua eccellenza, non si capisce più quale sia il bene comune.

E ancora: «… prevale la  radicalizzazione  delle  posizioni,  nonostante  la  buona volontà  si  finisce  col  fare  i conti solo con soluzioni frammentate e scomposte, non di rado  frutto  del  prevalere  di una lobby sull’altra».

 Interrogativo: Anche lobbies di cattolici?

Testo: «… l’assenza  di  attenzione  nei  confronti  di  quelli che  poi  subiscono  le  conseguenze di certe scelte: i bambini!  Prendiamo,  ad  esempio,  l’assurdità  dell’utero  in affitto,  come  possibilità  non troppo  remota  seppur  camuffata.  Mi  chiedo  perché non viene data pubblicità alle tante  controversie — non solo  giuridiche  —  che  si  accompagnano  a  questa  pratica?  Ho  l’impressione  che  la nostra  società  e  le  soluzioni che  attraversano  la  proposta di  legge  siano  “adultocentriche”:  il  “diritto”  al  figlio,  la pretesa  in  alcuni  casi  di  volerne determinare le fattezze fisiche  e  le  qualità  interiori mi  sembrano  pratiche  eugenetiche,  non  molto  lontane da  quelle  universalmente condannate nel secolo scorso e che portavano un nome tristemente noto».

Commento:

 

Il passaggio è forte e chiaro. Fa capire che la questione non è giustamente collocabile in questo testo di legge. Ma quanto è probabile che questo testo porti ad uno sbocco, comunque, proprio nel senso auspicato dalle lobbies, che sostengono l’orientamento omosessuale come non problematico, ma come una conquista?

Testo: «Mi  auguro  che  ci  siano parlamentari e pezzi di società che per convinzione personale  sappiano  prendere  iniziative  efficaci  per  impedire soluzioni  pasticciate  o  fughe in  avanti  fatte  passare  per conquiste civili. Assodato che la  Chiesa  non  sono  solo  i  vescovi,  non  lasceremo  soli quanti nelle sedi opportune e nel  rispetto  delle  proprie competenze vorranno dare un loro  contributo  costruttivo. Quanto poi alle modalità concrete  attraverso  le  quali  rendersi presenti, vale quello che ha  detto  Papa  Francesco:  cristiani consapevoli non hanno bisogno di vescovi-piloti».  

Foto ANSA 17 gennaio 2016 09:30

ECCO IL DISCORSO DEL DOTT. MASSIMO GANDOLFINI, COORDINATORE DEL FAMILY DAY 2016

(SELELZIONA LA FRECCIA PLAY ED ASCOLTA CON ATTENZIONE

  Commento: Il testo è chiaro. Mons. Galantino si augura che ci  siano parlamentari e pezzi di società che per convinzione personale  sappiano  prendere  iniziative  efficaci  per  impedire soluzioni  pasticciate  o  fughe in  avanti  fatte  passare  per conquiste civili. I laici devono organizzarsi e devono farlo da sé e non perché lo dice la Gerarchia Ecclesiastica  (i laici lo stanno facendo). È giusto, ma i laici vogliono la vicinanza anche dei Pastori. La Chiesa una, insieme! Questo non centra con l’auspicio che non vi siano vescovi-piloti. Anche i vescovi sono cittadini, o no? O sono solo uomini del sacro disincarnato? Non essere di parte non vuol dire non esprimersi insieme ai propri fedeli e a tanti laici non cattolici uniti ai cattolici su questi temi, sui quali sono sensibili anche cittadini di altre religioni presenti in Italia.

Testo:   Se ci sarà un Family Day e un vescovo vorrà parteciparvi? «Potrà  farlo  ma  non  potrà pretendere che vi partecipino tutti gli altri vescovi».

Commento: Cosa vorrebbe dire che ad un Family Day potranno liberamente partecipare laici e vescovi, ma la Chiesa non lo promuoverà? È vero che la Chiesa non fa scelta di parte, -in campo politico-, ma in campo etico indica la strada a cattolici e a quanti vogliano ascoltarla. La legge sulle unioni civili vuole parificare tali unioni alla famiglia. Se lo Stato ed il Popolo italiano sceglieranno così, conseguenti saranno le leggi. Ma la Chiesa, anche gerarchica, non prende solo atto. La Chiesa illumina in senso etico. Soprattutto guida i propri fedeli su quali posizioni assumere in ordine alla verità ed alla morale all’interno della società.

Operativamente potrebbe essere anche bene che nessun Vescovo andasse in piazza con le famiglie, se ne può discutere, ma accanto alle manifestazioni in piazza, pacifiche e serene, quasi feste delle famiglie, potrebbero affiancarsi grandi celebrazioni presiedute dai Pastori, dai Parroci …   A riguardo del Magistero cui Sua Ecc. Mons. Galantino si riferisce sembra restare solo sullo sfondo, privilegiando il cosiddetto dialogo con il mondo, l’essenziale di questo magistero.   Al riguardo vi è un ottimo articolo de La Nuova Bussola, a firma di Riccardo Cascioli,  del 14-01-2016.

A quali Documenti si riferisce l’articolo della Bussola? Per esempio alla Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede a proposito dei progetti di riconoscimento delle unioni omosessuali (2003), che spiega con chiarezza per quale motivo i cattolici non possono sostenere qualsiasi tipo di riconoscimento giuridico delle relazioni gay. È chiaro che anche alle  persone di orientamento sessuale diverso vanno riconosciuti i diritti della persona, ma essi non sono contestati, quando non interferiscono con i diritti delle altre persone, come nel caso di minori, e dell’istituto della Famiglia, di diritto naturale. Naturalmente, il Popolo Italiano, non lo Stato,  potrà decidere come vuole, ma la Chiesa dovrà orientare, o, per usare un linguaggio più consono alla natura ed alla missione della Chiesa, illuminare, non dimenticando che se si fa luce è perché vi sono delle tenebre.

Che senso avrebbe scrivere mari di libri di esegesi sulle tenebre nelle Scritture, sulla simbologia nella liturgia, e poi non trarne le conseguenze nella pastorale e nell’incontro con il mondo, che, non poche volte, si fa scontro tra luce e tenebre?

Molto vere le dichiarazioni di Sua Ecc. Mons. Galantino sulle adozioni da parte di coppie di orientamento sessuale diverso.  Quanto riportato sull’intervista del Corriere della Sera è in parte chiaramente condivisibile: «Sulle unioni civili, lo “Stato ha il dovere di dare risposte a tutti, nel rispetto del bene comune prima e più che del bene dei singoli individui”, ma le adozioni “vadano trattate in altra sede”, ha spiegato ancora Galantino. “Perché non capire – così il vescovo – che la stepchild adoption non è necessariamente legata al tema delle unioni civili e che essa va trattata in altra sede? Il problema è che alcuni fanno fatica a rinunziare al velo di ipocrisia che avvolge il testo del ddl liberandolo, per esempio, dai continui rimandi al diritto matrimoniale» (Ripreso da www.fanpage.it).

Anche l’espressione lo “Stato ha il dovere di dare risposte a tutti potrebbe essere corretta se la risposta fosse No alle unioni civili tra persone dello stesso sesso. Ma come non accorgersi che non si tratta solo di ipocrisia, ma di logica consequenzialità di un progetto, di una calcolata strategia orchestrata contro la famiglia e che procede per gradi?

I musulmani estremisti dicono di voler giungere a Roma, come prima i comunisti russi, ma i massoni vi sono indisturbati da tempo.

Riprendo l’articolo de La Nuova Bussola Quotidiana del 15.01.16:

«Resta il fatto che tutta l’attenzione è centrata sul tema adozioni e se in queste due settimane si trovasse una formula accettabile di compromesso su questo capitolo, appare chiaro che le unioni civili passerebbero senza colpo ferire. Abbiamo già avuto modo di spiegare che quello delle adozioni – sebbene materia grave – può essere un argomento utile per battaglie parlamentari ma è un falso problema nell’applicazione della legge, perché anche fossero stralciate dal ddl, tempo pochi mesi ci penserebbe un giudice – italiano o europeo – ad approvare le adozioni per coppie gay.

Dunque, come più volte detto, il vero problema sta nelle unioni civili, che vanno respinte senza se e senza ma. E sbaglia di grosso chi ne fa un problema confessionale, come se fosse una questione che riguarda solo i cattolici. Non c’è dubbio che i politici cattolici dovrebbero essere i più consapevoli dell’importanza della centralità della famiglia per la società, ma qualsiasi politico di buon senso dovrebbe giungere alla stessa conclusione. Se la questione fosse solo tra cattolici e non cattolici – come molti vorrebbero – diventa inevitabile abbassare le pretese per non apparire arroganti o desiderosi di egemonia, e per il bene di tutti cercare quindi un compromesso accettabile. Come sta purtroppo avvenendo.   Il problema invece è il bene comune, ovvero ciò che permette alla società di esistere e sviluppare armoniosamente in quanto corrisponde alla natura stessa della società umana. È per questo che la famiglia è il primo bene che una società deve tutelare e promuovere. Non a caso la Dichiarazione fondamentale dei Diritti dell’uomo riconosce che la famiglia è la “cellula fondamentale” della società e la nostra Costituzione parla di “società naturale” che lo Stato deve riconoscere».    

 

 “Quando noi presentiamo il vuoto gli altri lo riempiono con quello che hanno”

(Mons. Nunzio Galantino, SIR  13 gennaio 2016).

 Eh sì, Mons. Galantino, “Quando noi presentiamo il vuoto gli altri lo riempiono con quello che hanno”, ha ben detto Lei, Sua Eccellenza, rispondendo alle domande di Giovanni Floris nella trasmissione televisiva di martedì 12 gennaio! Quando presentiamo il vuoto?, quando, come nello scorso Sinodo sulla famiglia, accanto a tanto lavoro così ben preparato, anche pastoralmente, il dialogo viene sopraffatto dalla diatriba gratuita. Lo stesso Pontefice, poche settimane prima dell’apertura del Sinodo Ordinario (la seconda parte per intenderci) dovette precisare che non c’era divisione, ma dibattito. E poi rettificò nel discorso di chiusura dello stesso Sinodo, dicendo: «Nel cammino di questo Sinodo le opinioni diverse che si sono espresse liberamente – e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli – hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa “moduli preconfezionati”, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi» (Aula del Sinodo, Sabato 24 ottobre 2015).

Questa non benevolenza non è un semplice inciso, ma sembra corrispondere a quel vuoto che è vuoto di comunione, vuoto che si crea quando dovremmo parlare, -prima ed insieme a e di ogni altra questione importante-, di divorzio tra verità ed etica, tra verità e soteriologia, tra verità ed escatologia, tra verità e fede nella Chiesa, tra verità e annuncio all’uomo, che è nel mondo, ma è chiamato a non essere del mondo.

Ricordo bene quanto disse il Santo Padre nella famosa intervista rilasciata al Direttore della Civiltà Cattolica:   «Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione» (Civiltà Cattolica 19 settembre 2013 Anno 164).

 Da che parte va la Chiesa di Cristo? Verso dove procede?

Il Papa non può parlare sempre di tutto o degli stessi temi. Deve parlare dell’essenziale. Egli è un figlio della Chiesa e per il resto c’è il Magistero, il Catechismo (preciso che il Catechismo fa parte del Magistero).

Sua Ecc. Mons. Galantino, accettando una legiferazione sulle unioni civili, così come si sta nei fatti proponendo,  limita di fatto, anche se non nelle intenzioni, la portata non solo della Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, ma anche della Nota CEI del 2007, “Nota a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto”? Pongo la domanda. Occorre una risposta.

L’intento è certo mostrare che la Chiesa rispetta la distinzione e l’autonomia tra Chiesa e Stato, ma Sua Eccellenza non può dimenticare che gli amministrati dallo Stato sono persone di buona volontà e molto spesso cristiani e vanno più apertamente sostenuti. La proposta di legge fa riferimento a diritti che sono propri “«… dei coniugi e che appartengono solo a loro», e si può comprendere che non si tratta soltanto dei figli: ci sono anche diritti sociali ed economici, che oggi la linea della CEI – esplicitata attraverso il quotidiano Avvenire e ribadita da monsignor Galantino – vorrebbe estesi in toto ai conviventi, anche dello stesso sesso” (Ripreso da La Nuova Bussola Quotidiana del 14-01-2016).

Lavoriamo, ascoltiamo, preghiamo, interveniamo

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Autore: Marcello Giuliano

Nato a Brescia nel 1957, vive a Romano di Lombardia (BG). Dopo aver conseguito il Baccelierato in Teologia nel 1984 presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma e il Diploma di Educatore Professionale nel 2001, ha lavorato numerosi anni nel sociale. Insegnante di Religione Cattolica nella Scuola Primaria in Provincia e Diocesi di Bergamo, collabora ai cammini di discernimento per persone separate, divorziate, risposate ed è formatore per gli Insegnanti di religione Cattolica per conto della stessa Diocesi. Scrive sulle riviste online Libertà & Persona e Agorà Irc prevalentemente con articoli inerenti la lettura simbolica dell’arte ed il campo educativo. Per Mimep-Docete ha pubblicato Dalla vita alla fede, dalla fede alla vita. Camminando con le famiglie ferite (2017); In collaborazione con Padre Gianmarco Arrigoni, O. F. M. Conv., ha curato il libro Mio Signore e mio Dio! (Gv 20, 28). La forza del dolore salvifico. Percorsi nella Santità e nell’arte, (2020). Ancora con Padre Gianmarco Arrigoni O. F. M. Conv., Non è qui, è Risorto! Mimep-Docete, Marzo 2024.

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