Progressisti e tradizionalisti: due facce della stessa medaglia? Forse no.

Sembra che i titoli “progressista” e “tradizionalista” proprio non se la sentano di passare di moda.

Leggiamo quotidianamente di sacerdoti o teologi o semplici fedeli etichettati con questi due aggettivi. Chiariamoci subito, non tutto quello che viene scritto è falso. Che ci sia una tendenza “progressista” nella Chiesa o più “tradizionalista” è un fatto. Sicuramente è un dato che è maggiormente emerso durante la stagione del Concilio Vaticano II.

Quello che oggi affiora, invece, come analisi da parte di intellettuali e teologi vari è il considerare queste due posizioni come errate, ovvero considerarle alla stregua come due pericolose derive della Chiesa post moderna. Siamo sicuri che sia davvero così? Si tratta, a mio avviso, di un’analisi imprecisa nel tentativo di “normalizzare”

situazioni e tendenze che, invece, la Chiesa nella sua bimillenaria storia ha sempre condannato. Vediamo alcuni punti.

1. Prima di tutto non si tratta di due forze equivalenti. Il numero dei “progressisti” dentro la Chiesa attuale è decisamente maggioritario rispetto ai pochissimi, e realisticamente poco influenti, “tradizionalisti”.
2. Le ragioni dello scontro sono nate, per lo più, in seno alle interpretazioni dei documenti del recente Magistero. Va detto però che mentre i “tradizionalisti” difendono l’idea che ci sia una necessaria armonia e corrispondenza nella Dottrina che la Chiesa ha sempre insegnato e il mondo moderno e che questa affondi nella Tradizione, il fronte “progressista” pone la sua attenzione costante sull’idea di “rottura” col passato e di un rinnovamento continuo della vita della Chiesa.
3. Questo ha generato l’idea assurda per un “tradizionalista” (ma anche per un semplice cattolico) che la Chiesa sia “indietro di duecento anni”. In fondo questo equivoco ha posto in essere la discussa e problematica interpretazione “avanguardista” dei documenti del Vaticano II, arrivando all’assurda invenzione di uno “Spirito del Concilio” che incarnerebbe la vera essenza della Chiesa.
4. È solo dentro questa lettura che l’ermeneutica del Vaticano II da parte del Magistero di Benedetto XVI, è risultata per molti un’interpretazione “tradizionalista”, quasi fosse possibile mediare fra una corrente (progressista) che vorrebbe correre troppo avanti e una corrente (tradizionalista) che vorrebbe riportare la Chiesa indietro nel tempo. La “normalizzazione”, in definitiva, dovrebbe concretizzarsi nel produrre una lettura mediata fra la posizione di Benedetto XVI e la Scuola Bolognese di Melloni?
5. Risulta allora evidente come Il Magistero di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sia percepito oggi, da buona parte della vulgata “progressista”, come orientato all’indietro, sulla riaffermazione chiara delle verità di sempre e sulla difesa dei principi non negoziabili, fino al punto che la Chiesa attuale debba se non vergognarsi, chiedere almeno scusa delle sue posizioni su vita, aborto e famiglia sostenute negli ultimi decenni.
6. Come districarsi allora? Un eminente cardinale ha ricordato, in un incontro privato, che i cattolici hanno il Catechismo della Chiesa Cattolica e con quello devono aiutarsi a discernere la verità dalla menzogna, anche se essa (come ha affermato il porporato) giunga da esponenti, anche importanti, del clero.

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