Carlo Caffarra lascia per scadenza del suo mandato la diocesi di Bologna. Dopo la morte del cardinal Biffi, uomo acuto, colto, ironico, capace di dialogare con tutti, senza la paura di esprimere il pensiero della Chiesa, la città felsinea perde, anche se non del tutto, il suo amato successore.
Chi ha conosciuto il giovane sacerdote Caffara lo ricorda come un prete devoto, che sostava davanti al tabernacolo
dopo la comunione, in preghiera. E’ sempre rimasto così: un uomo di fede profonda, radicato nel soprannaturale; un uomo di dottrina, scelto da Giovanni Paolo II per dirigere l’Istituto sulla famiglia da lui voluto; un uomo capace di ascoltare e di lasciar convivere, nella sua diocesi, anime cattoliche molto diverse.
La “sinistra” ecclesiale, sotto di lui, ha avuto lo stesso spazio che hanno avuto Cl, Opus dei o le altre realtà. Ha voluto essere il vescovo di tutti, senza mai schierarsi. Quando lo ha fatto, è stato perchè costretto dai fatti a non tacere, nella città in cui l’Arcigay organizza manifestazioni sacrileghe, o un senatore vanta di aver ottenuto un bambino tramite un utero in affitto.
In una città governata da un Pd rosso fuoco, Caffarra non ha mai cercato lo scontro aperto, ma non per questo ha taciuto, pur sapendo che, con un po’ di silenzio, avrebbe guadagnato potere e prestigio.
Per tutto questo i commenti che si leggono in questi giorni, da parte di alcuni soliti vaticanisti di Vatican Insider (vedi immagine in cima, e quella immediatamente sopra), impegnati a costruire il mito di una palingenesi (1), lasciano allibiti: si cercano di presentare implicitamente Biffi e Caffarra come uomini “di potere“, come espressione di una Chiesa vecchia e intrallazzona rispetto a cui è l’ora di “voltare pagina“; come uomini di parte e di chiusura. Si tratta di una falsificazione vergognosa.
Tanto più che il successore di Caffarra, presentato come l’uomo “giovane, social e sobrio“, come il “prete di strada“, quasi Caffarra fosse stato sempre anziano, chiuso e poco sobrio, mondano e arrogante, appartiene, lui sì, ad un mondo fortemente legato alla politica: Mons. Zuppi è infatti vicino a quella Comunità sant’Egidio che ha sempre cercato un solido rapporto con il potere, partecipando in prima fila anche a esperimenti politici fallimentari come il governo di Mario Monti (non propriamente uomo “giovane, sobrio, social e di strada”), di cui Andrea Riccardi, anima di sant’Egidio, è stato uno dei suggeritori (nella foto sotto: Riccardi e Monti).
Sappiamo che il cardinal Caffarra è uomo di fede e di preghiera: sopporterà con pazienza le ingiurie di coloro che, ora che se ne va, lo archiviano con gioia, e pregherà perchè il suo successore, mons. Zuppi, sia altro da quegli eccelsiastici che si riempiono la bocca delle parole che il mondo desidera, per piacere al potere e ai giornali.
1) La lettura che molti giornali continuano a dare, di una nuova Chiesa, di una nuova Pentecoste, di una Chiesa dei poveri contrapposta ad una dei ricchi e del potere, non ha alcun fondamento, se non quello di cercare in questo modo di buttar via il magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI su vita, famiglia, rapporto ragione-fede ecc… Mons. Zuppi non rappresenta questa incredibile novità, ma solo la discontinuità ideale con Biffi e Caffarra (e con i vescovi dell’Emilia Romagna che avevano indicato al papa un altro vescovo, ma non sono stati ascoltati, forse in nome della collegialità). Già Assistente Ecclesiastico della Comunità di Sant’Egidio, Zuppi è stato nominato da papa Benedetto XVI Vescovo Ausiliare della diocesi di Roma nel 2012.
Per Sant’Egidio e il potere:
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350424
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/05/04/santegidio-alla-farnesina/