Da qualche anno Stefania Falasca è diventata autorevole firma del quotidiano cattolico Avvenire. Conoscevo già la sua penna, per essere stato lettore del mensile 30 Giorni, più di vent’anni fa, e per aver gustato un suo bel libro dedicato a von Galen, il vescovo che si oppose al nazismo. Ma conoscevo, come dirò più avanti, una Falasca un po’ diversa.
Quella che ho incontrato di nuovo, l’anno scorso, è diventata una commentatrice assidua del Sinodo sulla famiglia.
Con una certa propensione a sposare, con notevole grinta, le tesi del cardinal Kasper. A costo di forzare un po’ la lettura degli eventi di cui dovrebbe fornire, ai suoi lettori, non tanto l’interpretazione, quanto la cronaca.
E’ il 10 ottobre del 2014, quasi un anno fa esatto, e la Falasca scrive, con sicurezza: “È ormai chiaro che la tendenza generale dell’assise sinodale sta gettando le basi per favorire un possibile accesso ai sacramenti per i divorziati risposati. Ieri sera, nell’ora della sessione libera, si è fatto un ulteriore passo avanti. Il tema è stato toccato in quasi tutti gli interventi….”.
Alcuni giorni dopo si verrà a sapere che in queste frasi vi è poco di vero. Che
la presunta “tendenza generale” era un auspicio della giornalista, non una constatazione.
Il 14 ottobre 2014, sempre su Avvenire, Falasca torna all’attacco: “…La Relatio post disceptationem (relazione dopo la discussione), frutto del lavoro di equipe e presentata ieri dal cardinale ungherese Erdò, è anzitutto espressione autentica di quanto emerso e conferma che al Sinodo non ci sono state solo parole, ma la effettiva volontà di confrontarsi veramente con la carne viva dei problemi delle famiglie nella società e nel tempo di oggi. Il lungo applauso seguito ieri alla lettura del testo in aula è stato eloquente dei sentimenti prevalenti nell’assemblea. E non allarmano ne turbano le critiche manifestate (le stesse che si conoscevano già prima del Sinodo) da pochi padri su 191 votanti…”.
Bastano pochi giorni, alcune dichiarazioni del cardinal Erdo, i risultati di quanto discusso nei circoli minori, per constatare la verità dei fatti: la Relatio, è, a detta dei più, “espressione autentica” solo del volere di alcuni di loro (cioè dell’ “equipe” Forte-Spadaro), parecchio indipendente dal parere degli altri padri sinodali. I quali non apprezzano affatto l’esistenza di un documento che sembra ignorare il succo delle loro convinzioni e discussioni. Perchè Falasca ha dato una descrizione dei fatti che si rivela, per molti, parziale e tendenziosa? Lettura errata dei fatti, o tentativo di condizionare dibattito e recepimento pubblico dello stesso?
Fatto sta che nel Sinodo 2015 la Relatio, causa dei tanti mal di pancia accennati, viene abolita: per evitare non gli applausi unanimi e scroscianti, come sosteneva Falasca, ma ulteriori e laceranti divisioni e polemiche interne alla Chiesa. Il Sinodo -che stando alle cronache non faziose di questi giorni sta prendendo una piega tutt’altro che favorevole ai mutamenti proposti, in primis, da quei porporati tedeschi le cui chiese sono desolatamente vuote – comincia con la relazione introduttiva del suo segretario generale, il cardinal Erdo.
Alla fine dei lavori, di fronte alla stampa Erdo (nella foto sopra) e il cardinale Vingt-Trois fanno dichiarazioni molto chiare, riprendendo il magistero di Giovanni Paolo II, e contraddicendo ogni apertura kasperiana e marxiana. Ci si aspetterebbe, da un quotidiano cattolico ufficiale, una cronaca fedele e serena dei fatti. Ce ne sono già troppe parziali e viziate dall’ideologia, sui media laici. Invece Falasca interviene con la bacchetta alzata, e non risparmia le manine dei due cardinali.
Scrive infatti il 6 ottobre: “Al brifing di ieri alla Sala Stampa vaticana il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi ha detto: «Se siete venuti a Roma con l’idea di un cambiamento spettacolare della dottrina, ve ne andrete delusi. Bastava ascoltare le udienze generali del Papa». Chi infatti all’interno dell’assemblea sinodale trascorsa lo ha mai paventato? Si è parlato sì di approfondimento e di sviluppo della dottrina e questo, come fin dal IV secondo la tradizione sostiene, non significa affatto “cambio” della dottrina. Il cardinale ungherese Péter Erdo ha quindi ribadito che il matrimonio è indissolubile. Perché c’è stato forse qualcuno dei padri sinodali che lo ha mai messo in dubbio?“.
Si noti il modo con cui le frasi di Erdo e di Vingt-Trois vengono confutate e derise, senza molte remore, quasi fossero fesserie, affermazioni espresse non da due padri sinodali di quel rango, ma da passanti ignari di tutto ciò che è avvenuto ed avviene.
Davvero il lettore rimane interdetto, e si chiede “con quale autorità” una giornalista possa ridicolizzare in tal modo affermazioni delle più alte autorità della Chiesa, su un giornale della Chiesa? Tanto più che la posizione dei due cardinali è piuttosto simile a quella del cardinal Bagnasco, presidente della Cei, cui Avvenire appartiene.
Torniamo sull’articolo del 6 ottobre, e leggiamo l’incipit: “Il Sinodo reale è cominciato. E ieri alla porta è rimasto quello del pressing mediatico, quello che confonde il coming out dell’ultima ora con la Chiesa in uscita e quello altrettanto ideologico e lobbista che spaccia per difesa della vera fede certo settarismo «fondamentalista»“.
Qua le bordate lanciate dalla Falasca non sono contro i già citati Erdo e Vingt-Trois. Sono rivolte ad altri padri sinodali. A chi? A Kasper, il cardinale che deride i confratelli africani? A Marx, che ha spiegato che qualunque cosa decida il Sinodo, i tedeschi faranno ciò che vogliono?
No. I bersagli sono altri. Ma chi sarebbero i settari fondamentalisti? Coloro che rimangono sulle posizioni assunte dai papi da 20 secoli? Sembra proprio di sì. E’ evidente che Falasca le sta cantando ai cardinali “fondamentalisti” Caffarra, Mueller, Sarah, Cordes, Antonelli… e a tutti quelli che hanno abbracciato pubblicamente una posizione differente da quella di Kasper e Marx.
Per finire, veniamo all’8 ottobre. Falasca scrive che occorre “liberare il campo dalla gara a ricondurre tutto il dinamismo visibile della Chiesa a un enfatizzato “scontro tra agende”: agenda liberal e agenda neo-conservative“.
Il lettore trasecola: conosce bene l’agenda liberal, espressa in mille interviste da Kasper e compagnia; ma esiste anche una agenda neo-conservative? E neoconservative vuole avere qualche assonanza maliziosa con il movimento detto dei neo-con?
Ha davvero un qualche senso presentare la difesa di Familiaris consortio come la cospirazione di un gruppo connotato politicamente?
Davvero, se la qualità e la grazia dei commentatori sinodali cattolici, è questa, il popolo di Dio ne uscirà sconfortato e confuso.
Eppure Falasca, un tempo, era su altre posizioni. Come il noto vaticanista Andrea Tornielli, anche lei scriveva su un mensile, 30 Giorni, vicino a Cl ed estremamente interessante. In politica estera 30 Giorni fu sempre accanto a Giovanni Paolo II, contro la guerra in Iraq, e contro il tentativo americano di fare della Chiesa “il cappellano dell’Occidente”. Ricordo un numero del 1991 intitolato Chiesa cattolica o occidentale?. Vi si difendeva la posizione del pontefice contro la guerra di Bush in Irak. Sul fronte interno 30 Giorni era schiarato su posizioni fortemente conservatrici: grande spazio era lasciato al tradizionalismo, e si guardava con simpatia sia a mons. Lefebvre (alla sua morte uscì un articolo intitolato: “Non è morto scomunicato“), sia alla liturgia antica (un intero inserto, a firma Andrea Tornielli -l’ex direttore della Bussola, oggi a Vatican Insider– fu dedicato a Annibale Bugnini massone e alle idee liturgiche dell’allora cardinal Ratzinger, in un numero del 1992 intitolato: “La massoneria e l’applicazione della riforma liturgica”).
Ma il tempo passa e le idee cambiano. Si dice persino che il cardinal Marx, nominato vescovo di Monaco e cardinale da Benedetto XVI, celebrasse talora, all’epoca del papa tedesco, la messa in latino. Poi, dopo l’abdicazione di Ratzinger, sono cambiate le idde, io discorsi, e i gusti litirgici…
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