Ogni volta che sento Napolitano, lo confesso, provo un forte fastidio. Il nostro ex presidente non è stato soltanto colui che ha deciso per la morte di Eluana Englaro, tentando così di aprire una via, quella all’eutanasia, su cui gli italiani non vogliono per ora incamminarsi. E’ stato anche, tra le altre cose, l’uomo che, prima di nominare senatore a vita Mario Monti, preparando così un colpo di Stato, ha appoggiato e infine deciso la guerra in Libia.
Nelle precedenti guerre medio-orientali, tutte condannabili e disastrose, l’Italia non ha mai avuto un ruolo. Era difficile averlo, visto il contesto.
Ma la decisione, ad opera di Francia, Inghilterra e Usa (in questo caso, in particolare, di Hillary Clinton), con appoggio Onu, di abbattere Gheddafi avrebbe potuto vederci decisi oppositori.
Avremmo potuto mostare, una tantum, di avere uno straccio di politica estera. Si stava parlando di un paese a tre passi da noi, legato all’Italia da vincoli storici, economici, politici…
Invece l’allora presidente Giorgio Napolitano ha preso ancora una volta in mano la regia, approfittando della debolezza interna e internazionale del governo, per spingere alla guerra.
L’articolo de La Stampa del 2011, sopra riportato, lo ricorda bene, citando, nel sottotitolo, “il ruolo decisivo del colle per superare i dubbi del premier“.
Vi si ricorda anche la posizione del PDl e dela Lega, che oggi può apparire profetica, ma che in realtà era facilmente prevedibile:
“L’intervento militare non lo (riferito a Berlusconi) persuade per i rischi annessi e connessi. Perché «chi lo dice che ci sbarazzeremo in fretta di Gheddafi?». Perché l’arrivo di profughi sulle nostre coste può assumere proporzioni bibliche. E poi per quel surplus di instabilità politica collegato al malessere della Lega. Chi ha sentito l’intervento di Calderoli, unico rappresentante del Carroccio nel Consiglio dei ministri, lo riassume così: «Un conto è mettere a disposizione le nostre basi, e già non facciamo i salti di gioia; altra cosa sarebbe mandare aerei e soldati, il che ci sembrerebbe davvero troppo». E poi: «Attenti a non infilarci in un’altra Somalia», bisognava fare come la Germania e starne fuori…
Berlusconi in cuor suo la pensa come Bossi, come Calderoli. Ma allora, perché sposa la coalizione dei «volenterosi»? La spiegazione sta nelle parole di Frattini in Consiglio dei ministri: «Capisco tutte le perplessità, ma non possiamo restare tagliati fuori»… ”
Napolitano -con alcuni uomini del Pdl, come Frattini, cui Berlusconi si legò per avere appoggi internazionali, che poi gli sono costati cari-, è stato il principale sostenitore italiano della guerra, spingendo il Pd sulle sue posizioni, e impedendo così uno stallo che sembrava inevitabile, visto il rapporto Berlusconi-Gheddafi e la posizione della Lega Nord.
Ricordarlo oggi significa dare a ciascuno il suo: mentre osserviamo atterriti il dramma degli africani che partono dalla Libia sventrata e distrutta dai bombardamenti umanitari che hanno devastato un paese tra i più benestanti del continente, e il dramma di un paese che non può diventare approdo indiscriminato, rammentiamo il ruolo, in quella folle guerra di Libia, del signor Napolitano.
Così che quando parla (ancora) lui, sappiamo quanto è degno di essere ascoltato questo vecchio stalinista, questo amico dei dittatori comunisti (nella foto, con il dittatore rumeno Ceausescu), divenuto poi sostenitore di una delle più vergognose guerre dei tempi recenti
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