È dell’anno scorso fa la notizia di “quel pazzo giudice australiano” che aveva “osato” accostare omosessualità e pedofilia. Chi se la ricorda? “Pedofilia e incesto: un giorno saranno accettati come lo sono oggi i gay“. Queste “le parole shock” di Garry Neilson, un giudice che per aver notato l’evidente ha passato un mare di guai.
Il ragionamento del giudice, nella sua terrificante banalità, ricalca esattamente i meccanismi con cui atti e fatti che ieri erano assolutamente vietati, domani saranno più che plausibilmente socialmente condivisi: “Magari un giorno incesto e pedofilia saranno accettati dalla società e non saranno più tabù, proprio come è successo con le unioni gay“, ha dichiarato il giudice: “Una giuria potrebbe non vedere nulla di deplorevole nel rapporto di un fratello con sua sorella una volta che lei fosse maturata sessualmente, avesse avuto relazioni sessuali con altri uomini e fosse diventata “disponibile”, senza un partner fisso“. Secondo il giudice il tabù legato all’incesto sarebbe dovuto esclusivamente al timore di anormalità genetiche in caso di prole, ma anche quel problema potrebbe essere spazzato via dagli “ottimi metodi contraccettivi e dal libero accesso all’aborto“. A parte l’abominevole tesi, alla luce di quanto abbiamo visto fin qui, mi chiedo: che c’è che non va dal punto di vista della sequenza logica del suo discorso?
Tant’è vero che – udite udite – “Non possiamo dimostrare che i rapporti sessuali con i bambini siano per loro dannosi”, si diceva nella Commissione di revisione penale – già nel 1976 – in Inghilterra, quando la signora Patricia Hewitt era segretario generale. Senza contare che già da tempo altri due fondatori dell’ideologia gender proclamavano la legittimità, anzi perfino l’utilitàdella pedofilia. Mi riferisco allo psichiatra americano Alfred Kinsey e, più ancora, al chirurgo (specialista nelle operazioni di camuffamento sessuale) neozelandese ma naturalizzato statunitense John Money o alle recenti affermazioni del “bioeticista” (sic!) Richard Dawkins.
Ricordiamo solo che la formula di Kinsey può essere così riassunta: “pedofilia sì, ma con delicatezza”, e – cito la bella analisi di Gianluca Marletta – “addirittura, i rapporti dei bambini con gli adulti potrebbero avere la positiva funzione di “preparare al matrimonio”. Scriveva Kinsey: “Se la bambina non fosse condizionata dall’educazione, non è certo che approcci sessuali del genere di quelli determinatisi in questi episodi [contatti sessuali con maschi adulti], la turberebbero. È difficile capire per quale ragione una bambina, a meno che non sia condizionata dall’educazione, dovrebbe turbarsi quando le vengono toccati i genitali, oppure turbarsi vedendo i genitali di altre persone, o nell’avere contatti sessuali ancora più specifici. (…) L’isterismo in voga nei riguardi dei trasgressori sessuali può benissimo influire in grave misura sulla capacità dei fanciulli ad adattarsi sessualmente alcuni anni dopo, nel matrimonio. (…) Il numero straordinariamente piccolo dei casi in cui la bambina riporta danni fisici è indicato dal fatto che fra 4.441 femmine delle quali conosciamo i dati, ci risulta un solo caso chiaro di lesioni inflitte ad una bimba, e pochissimi esempi di emorragie vaginali che, d’altronde, non determinarono alcun inconveniente apprezzabile” [A. Kinsey, Il comportamento sessuale della donna, Bompiani, Milano 1956, pp. 159-160]”.
Mentre nel caso di John Money si arriva alla vera e propria manifesta apologia della pedofilia: (citando sempre Marletta): nella sua prefazione al libro di Theo Sandfort, Boys on their contacts with men (I ragazzi e i loro contatti con gli uomini), Money scrive: “La pedofilia e l’efebofilia non sono una scelta volontaria più di quanto lo sia il fatto di essere mancini o daltonici. Non esiste un metodo conosciuto di trattamento attraverso cui essi possano essere modificati effettivamente e in via definitiva. Le punizioni sono inutili. […] Bisogna semplicemente accettare il fatto che esistono, e poi, con un illuminismo ottimale, formulare una politica sul da farsi”. Per il padre dell’ideologia gender, dunque, uno degli scopi dell’umanità futura sarebbe stato (ancor più della liberalizzazione dei “diritti omosessuali”) soprattutto la sessualizzazione dell’infanzia. Del resto, secondo Money, i bambini erano naturalmente «eccitati sessualmente» dalle carezze degli adulti e degli stessi genitori, lasciando intendere come lo stesso “amore genitoriale” non fosse altro che una “sublimazione” dell’attrazione sessuale: “La maggior parte degli adulti ama carezzare i bambini e i bambini rispondono a questo tipo di intimità eccitandosi sessualmente ed eroticamente. In verità essi sono incapaci di essere eccitati da qualcuno troppo giovane. Per loro non esiste una sovrapposizione tra l’amore genitoriale e quello sessuale”. Non che i legami tra esponenti dell’ideologia gender e sostenitori della pedofilia finiscano qui, anzi. Potremmo citare il caso Lunacek, per esempio, e tanti altri sui quali qui non ci soffermiamo. Solo il tempo per ricordare i primi documenti ed i primi “manifesti” che compaiono in rete: “Dobbiamo combattere contro la nostra immagine negativa rappresentata nei media”. E ancora: “chi ama una bambina non è un uomo pervertito che vuole fare della pornografia minorile, ma un uomo che tiene una bimba tra le sue braccia e la fa sentire felice e speciale”: sono queste alcune delle deliranti frasi pubblicate su PIT (Paedophilic Ideological Terrorism, terrorismo pedofilo ideologico), blog aperto da un pedofilo, Nihil_Aeturnius. E potremmo andare avanti per molto. Solo alcuni casi: chi non ricorda che in Olanda, nel 2006, era nato il partito dei pedofili? Il programma: sesso libero dai 12 anni. “Migliaia di messaggi di protesta”, scrivevano i giornali. Però intanto se ne parla. E le “finestre di Overton” non mancano: «Educare significa anche far conoscere il sesso ai bambini», ha dichiarato uno dei fondatori. Non è forse un’affermazione condivisibile? Siamo già alla “fase quattro”.
Andiamo avanti: nell’ottobre 2008, Frédéric Mitterrand, nipote dell’ex presidente, omosessuale e ministro della Cultura francese, è stato accusato dal quotidiano Front National e dal Partito socialista, di aver difeso, tra gli altri, Roman Polanski condannato per pedofilia e di aver scritto un libro nel 2005 in cui rivela orgogliosamente atti pedofili durante un suo tour sessuale in Thailandia. Dalla parte dell’intellettuale laico si è schierato il leader dei Verdi franco-tedeschi Daniel Cohn-Bendit, già difensore della pedofilia (Cfr. Il Giornale e EuroNews). Parliamo di Mitterrand, mica dell’ultimo arrivato o di un exgaleotto: un uomo di potere, di classe, colto ed elegante, che ha rappresentato milioni di francesi, stimato e riconosciuto a livello internazionale.
Ancora: nell’aprile 2010 apprendiamo da La Repubblica la notizia di abusi sessuali in una esclusiva scuola per vip nei pressi di Francoforte. L’ultimo caso risale al 1999 e sono almeno 40 le vittime degli abusi messi in atto “da più di otto insegnanti”, ma parla anche di “spaventosi abusi tra studenti”, forse a sottolineare la qualità dell’educazione ricevuta in questi posti. Almeno quattro studenti abusati si sono suicidati dopo aver terminato gli studi. Si tratta della Odenwaldschule, una scuola che promuove l’auto-determinazione della personalità e l’educazione anti-autoritaria, in opposizione alla cultura cristiana. Nella scuola è utilizzato il “tu” agli insegnanti e nell’ora di educazione fisica, ragazzi e ragazze, devono essere sempre senza vestiti, con lo scopo di liberarsi dalla morale (Cfr. Wikipedia e 40 vittime di abusi in una scuola laica tedesca). E potremmo proseguire con altri numerosi, luminosissimi esempi.
E che dire – ancora una volta – delle piroette del DSM?
Nel novembre 2013, improvvisamente, sembra che per gli psichiatri americani impegnati alla redazione del DSM la pedofilia possa essere derubricata a mero “orientamento sessuale”. Dopo i cori di immediate proteste (i tempi non sono ancora maturi, evidentemente), si comincia a parlare di “un piccolo errore della American Psychological Association” che, nell’effetto farfalla, si è riverberato facendo parlare ed indignare buona parte degli Stati Uniti. Ma l’Apa, nell’ultima versione del manuale del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, il documento che certifica tutte le devianze mentali conclamate, ha definito la pedofilia un orientamento sessuale, sbagliando. La stessa Apa ha poi diffuso un comunicato nel quale si faceva carico dell’errore spiegando che la pedofilia ora è chiamata «disordine pedofilo», al fine di conservare la coerenza della definizione in relazione al altri disturbi. Ma di fatto, come scrive Giulio Meotti dalle pagine de Il Foglio (5 novembre 2013) «Dopo le accuse di aver normalizzato la pedofilia, l’Associazione degli psichiatri ha detto che rettificherà il nuovo manuale, distinguendo stavolta fra “pedofilia e disordine pedofiliaco”. Se la seconda resta una patologia psichiatrica, la prima diventerà “un orientamento normale della sessualità umana”. Il discrimine è nella mano che accarezza? Sofismi da parte di chi per anni, nelle aule dei tribunali e sui media, ha scatenato la caccia alla Chiesa cattolica a suon di psichiatri-testimoni e che adesso considera la pedofilia al pari di ogni altro comportamento sessuale. D’altronde questa è la forza di chi scrive i manuali scientifici: un disturbo psichiatrico non esiste se non c’è nel manuale degli psichiatri americani. È il potere di scrivere, letteralmente, la realtà».
Che altro aggiungere?
Mentre si susseguono in tutto il nord Europa gli scandali dei politici accusati di pedofilia, non mancano le grida di allarme e di protesta per quanto si sta cercando di attuare dal punto di vista sociale, partendo dalle pratiche educative. Sempre passo dopo passo, in modo graduale, s’intende. Per il principio della rana bollita. Nel 2013 si scopre che in Germania circolano opuscoletti preparati dallo stesso ente che ha elaborato “Gli Standard per l’Educazione Sessuale in Europa (Standards for Sexuality Education in Europe) ossia il Centro Federale per l’Educazione alla Salute (BZgA)” che vengono così commentati: il Governo Tedesco promuove la pubblicazione di “Pedofilia incestuosa come educazione al sesso sano”. A quanto sembra – sono stati infatti ritirati – questi opuscoletti stampati da una filiale del ministero del governo tedesco per la Famiglia incoraggiano i genitori a massaggiare sessualmente i loro bambini di 1-3 anni di età. Due opuscoli di 40 pagine intitolati “Amore, Corpo e Gioco del Dottore” dal Centro di Educazione alla Salute della Germania Federale (Bundeszentrale für gesundheitliche Aufklärung – BZgA) che sono indirizzati a genitori – il primo orientato ai bambini di 1-3 anni e l’altro ai bambini di 4-6 anni di età. “I padri non dedicano sufficiente attenzione al clitoride e alla vagina delle loro figlie. Le loro carezze troppo raramente riguardano queste regioni, mentre questo è il solo modo in cui le ragazze possono sviluppare un senso di orgoglio per il proprio sesso”, recita l’opuscolo riguardante i bambini di 1-3 anni. Gli autori razionalizzano, “Il bambino tocca tutte le parti del corpo del padre, a volte eccitandolo. Il padre dovrebbe fare lo stesso”. Logico, no? Si tratta di educare al meglio i propri figli, seguendo ciò che dicono gli esperti del settore.
E via.
Vogliamo fare dei riferimenti nostrani? Non mancano. Si parte dalle notevoli dichiarazioni di Aldo Busi, scrittore di successo, che al Maurizio Costanzo Show ha dichiarato: “ma da quando la pedofilia è un crimine? Io ho fatto di tutto! Se anche un adulto masturbasse un ragazzino, che male ci sarebbe?” Busi ha anche incolpato addirittura i minori di essere provocatori verso gli adulti. Ha affermato: “non c’è nulla di scandaloso se un ragazzo compie atti sessuali con un adulto e semmai sono i bambini a corrompere gli adulti e non viceversa”. Intervistato da Repubblica ha detto: “Può esistere una pedofilia blanda, quella praticata dai bambini sugli adulti. I bambini sono in certi casi corruttori degli adulti. Oggi cercano il capro espiatorio nel cosiddetto pedofilo, come ieri negli zingari, negli omosessuali, negli ebrei, nei palestinesi, nelle donne, ma anche i bambini hanno la loro brava sessualità e che gli adulti non devono più reprimerla” (da Repubblica 12/12/1996). Ci sono anche diversi video in cui rilascia dichiarazioni spesso raccapriccianti.
Poi possiamo andare al pensiero (non sempre facilmente decifrabile, ma in questo caso limpidissimo) di Niki Vendola, che in un’intervista (mai smentita) ha dichiarato: “Non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia ad esempio, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti”. Si noti: l’avere rapporti sessuali sarebbe “un diritto” del bambino. Che c’è di male nel concedere diritti? Come si vede la “finestra” di Overton è già in azione, anche qui.
Si noti – per inciso – che la sequenza para-logica è di impressionante ipocrisia: 1) il bambino ha “diritto” alla sua sessualità, non va limitato; 2) quindi non va limitato nemmeno nelle sue scelte circa il partner sessuale, altrimenti che libertà sarebbe?; 3) ne consegue che il bambino dev’essere libero di scegliere anche un adulto per esercitare la sua libera sessualità. Ma in questa catena para-logica non si fa mai riferimento al fatto che adulto e bambino non sono equiparabili in termini di maturità e comprensione di ciò che viene fatto e che all’uno spetta la guida dell’altro e non viceversa: se il bambino ha il diritto a conoscere la sua sessualità, l’adulto ha il dovere di rispondere alle sue domande e di educarlo ad un rapporto corretto e maturo col proprio corpo, rispettandolo integralmente nella sua inviolabile dignità. Dal Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalità (Università di Firenze) apprendiamo poi che “i sostenitori della pedofilia dichiarano (e sul sito DPA si esprimevano con chiarezza) che se una persona, adulto o bambino, vive la sua sessualità per gioco, per amore, per piacere fine a se stesso, o perché non ha niente di meglio da fare, sono affari suoi ed è giusto che la gente impari a rispettare il suo modo di essere se questo non arreca danno a nessuno, quindi è assurdo che un rapporto tra un adulto ed un bambino debba essere considerato negativo per il bambino anche se quest’ultimo ha provato solo piacere, ha fatto tutto di sua volontà o se ha addirittura fatto lui la prima mossa. Sostengono che i bambini devono giocare, divertirsi e guardare i cartoni animati, ed è proprio perché quello è il loro mondo dichiarano di amarli. E se fare sesso li diverte, non vedono perché, noi antipedofili, dobbiamo prendercela tanto!”. Come si vede, un altro para-argomento che, tralasciando il presupposto più evidente (la differenza ineliminabile tra adulto e bambino) mira a mostrare come “almeno da un certo punto di vista” la pedofilia sia accettabile. Si tratta di interpretazioni. Interpretazione, interpretazioni: non esiste alcuna verità oggettiva che faccia da criterio per le nostre scelte. Nietzsche vedeva lungo, non c’è che dire. Tanto più che anche la pedofilia, comel’omosessualità, è considerata da alcuni “specialisti” non solo un «orientamento sessuale», ma anche un comportamento non correggibile: insomma, “natura umana”, che in quanto tale non va discriminata ed anzi protetta.
Ciò che è naturale non va protetto e tutelato?
E qual era il commento del famoso quotidiano The Guardian in merito? Alla luce del sole, il prestigioso giornale parlava della necessità di modificare la «percezione sociale» del problema. Un «ampio cambiamento sociale è necessario», viene sostenuto nell’articolo, «lasciando che i pedofili siano dei membri ordinari della società», si aiuterà a proteggere i bambini. Si tratta fondamentalmente di normalizzare la pedofilia, venire a patti con la sua esistenza come declinazione naturale della sessualità umana, per “responsabilizzare” e valorizzare i pedofili che hanno volontariamente scelto l’autocontrollo ed aiutare chi non ci riesce. Tesi, questa, poco convincente per Smith per il quale, «molti […] ricevono già aiuto per controllare i loro impulsi, prima di rovinare una vita», nondimeno, trasformare «l’aberrante ed il patologico in qualcosa di accettabile non aiuterà a proteggere i bambini». Ma a preoccupare davvero Smith è quella che lui definisce come “acriticità morale terminale”, ovvero il lento ed inesorabile passaggio dalla proibizione all’accettazione. «Se una visione del genere dovesse entrare nell’opinione pubblica – e ci sembra vicina- », conclude, «siamo sulla strada per la morte culturale».
Il lento, inesorabile passaggio dalla proibizione all’accettazione sociale, induce a pensare che in quanto socialmente accettata una pratica sia per ciò stesso legittima. Ma tante, troppe cose nel passato erano socialmente accettate e nient’affatto buone, quindi legittime in senso forte, in senso pieno. Come il caso della percezione dell’omosessualità ha mostrato, le conseguenze di questo passaggio sono drammatiche e –come sempre – a farne le spese sono i più deboli e i più indifesi: i bambini. Prima di arrivare al capolinea, alla definitiva morte culturale, per usare la bella espressione di Smith, sarebbe bene discutere i fondamenti razionali della rivoluzione antropologica che stiamo per compiere, sospinti dall’ideologia gender da un inconfessabile bisogno di farla finita, definitivamente, con i confini tra bene e male. Eh già, Al di là del bene e del male, come giustamente aveva profetizzato Nietzsche: è lì che ci sta conducendo il nichilismo estremo che abbiamo abbracciato nel modo più superficiale e noncurante possibile.
Sulla libertà di espressione non si discute,
ma sulla ragione sì*.
Qui l’articolo completo: Sulla libertà di espressione, ma non di ragione
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* «È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo» (Aristotele, Metafisica, Libro Gamma, cap. 3, 1005 b 19-20). La verità delle cose non è democratica e men che meno si presta ad interpretazioni, in modo da diventare alla fine il contrario di quello che era prima. Quello che viene affermato o è vero o è falso e, soprattutto, o è giusto o è sbagliato. Ci si può convincere di tutto, ma una cosa è la verità, altro è ciò di cui siamo di volta in volta convinti, sulla base delle nostre interpretazioni o delle suggestioni che più o meno consapevolmente subiamo.