Una falsità inventata e diffusa nell’800 ma che ancora oggi viene data per vera da molti. La ricostruzione di come andarono veramente le cose tratta da un capitolo del libro “Lazzaro Sapallanzani e Gregor Mendel, alle origini della biologia”
L’invenzione di un conflitto tra fede e scienza nacque in ambienti anglosassoni nell’ambito del conflitto con gli irlandesi che erano di fede cattolica e che venivano dipinti come intellettualmente inferiori e culturalmente arretrati. L’origine di questa contrapposizione è nella protesta contro l’unificazione giuridica tra Irlanda e Gran Bretagna che nel 1843 vide schierati insieme i nazionalisti irlandesi e la Chiesa cattolica. Nella prima parte dell’ ‘800, inoltre, il cattolicesimo era notevolmente cresciuto in Inghilterra e il collegamento con le aspirazioni indipendentiste irlandesi rinnovava i sentimenti anticattolici che nel 1673 e nel 1678 erano sfociati con i Test Act, provvedimenti che sancivano l’interdizione dei cattolici dalle cariche pubbliche.
All’inizio dell’ ‘800 la situazione era migliorata e questo impedimento era venuto meno, ma adesso con la notevole crescita del cattolicesimo tre la popolazione, i timori di un possibile pericolo proveniente dalla Chiesa cattolica alleata degli irlandesi tornavano a crescere. Nel saggio “Nation and Religion” edito dalla Princeton University Pressleggiamo quali furono le difese che vennero messe in atto:
Per i protestanti inglesi del XIX secolo la suprema personificazione del Cattolico diverso non fu la Francia ma l’Irlanda. Gli irlandesi venivano temuti ma anche disprezzati. Erano temuti per la possibilità di un rivoluzione in Irlanda, la minaccia alla sicurezza nazionale posta dai soldati irlandesi nazionalisti all’interno dell’esercito britannico, gli assassinii perpetrati dalle società segrete irlandesi e per la possibilità che l’Irlanda potesse costituire una testa di ponte per un’invasione straniera. Essi erano anche disprezzati per la loro povertà che veniva vista come il risultato della loro ubriachezza e della loro irresponsabilità. Uno stereotipo ostile verso gli irlandesi divenne ampiamente comune nell’Inghilterra del XIX secolo con il quale veniva presentato “Paddy” spesso affascinante sebbene pigro, disonesto, pigro, irresponsabile e potenzialmente violento. Le radici di queste presunte caratteristiche venivano trovate nelle differenze razziali tra Anglo-sassoni e Celti, e infatti i disegnatori sottolineavano spesso questa presunta differenza caricature di irlandesi somiglianti alle scimmie.[1]
Come vediamo il conflitto con l’Irlanda veniva combattuto anche con degli strumenti che potremmo oggi chiamare di “propaganda”, che facevano leva su un sentimento di discriminazione religiosa che doveva essere fondato su delle presunte caratteristiche negative dei cattolici, che in questo caso erano gli irlandesi, ma che si potevano identificare nei popoli “papisti” in genere. È da sottolineare che in quella circostanza era nata la politica della discriminazione razziale che nella contrapposizione tra i meno evoluti Celti e la razza superiore degli Anglo-sassoni prefigurava quella che nel XX secolo avrebbe caratterizzato la propaganda nazista basata sulla contrapposizione tra gli Ariani e tutte le altre “razze”. Ma come viene ribadito nel testo dell’Università di Princeton, l’attacco più forte era comunque quello condotto sul versante della religione:
Sebbene la terminologia razziale fosse spesso e abbondantemente utilizzata nella retorica britannica anti irlandese, gli attacchi inglesi agli irlandesi erano principalmente basati sulla religione. Il loro cattolicesimo era visto come una falsa religione che poneva troppo l’accento sulle manifestazioni esteriori di pietà ma non sui buoni frutti della sobrietà, della parsimonia e dell’industriosità per i quali una buona religione deve essere giudicata.[2]
In seguito, nella seconda metà dell’ ‘800, la classe dirigente inglese decise di abbandonare il fondamento religioso della società per una visione scientista positivista che consentiva una maggior libertà di azione, svincolando le politiche governative dal rispetto delle regole imposte dalla religione e dai testi sacri. A quel punto, verso la fine del secolo, la necessità di mostrare la superiorità della religione anglicana sul cattolicesimo lasciò il posto alla necessità di dimostrare la superiorità del pensiero positivista su quello religioso.
Ecco quindi che nel 1884 il medico, filosofo, chimico, storico e divulgatore scientifico William Drapier, statunitense di origini inglesi, pubblicò il libro dal titolo Storia del conflitto tra religione e scienza – ma il titolo più appropriato avrebbe però dovuto essere “Storia dell’invenzione del conflitto tra religione e scienza”- nel quale uno dei principali argomenti contro la Chiesa era costituito dalla presunta credenza che durante il medioevo la Terra fosse ritenuta piatta (con questo argomento sarebbe infatti stato ostacolato il viaggio di Cristoforo Colombo). Ma come si è detto si trattava di una pura invenzione a scopo propagandistico: fino a quella data nessuno, nemmeno i più accesi oppositori della Chiesa cattolica, aveva mai attribuito una tale posizione alla Chiesa. Infatti nomi come Condorcet, Diderot, Hume e Franklin non fecero mai riferimento ad una tale questione. Del resto basta ricordare che nella concezione cosmologica medievale, espressa da Dante nella Divina Commedia, la Terra è sferica: come si poteva, e come si può ancora oggi pensare che durante il medio evo la Terra fosse ritenuta piatta? E poi, non era giunta dal più accanito anticlericale dell’epoca, il già ricordato Voltaire, il più grande riconoscimento al lavoro scientifico del prete gesuita Lazzaro Spallanzani? Non era stato un ecclesiastico cattolico anche Niccolò Copernico?
Dobbiamo aggiungere che significativo appare il fatto che lo stesso William Draper sia stato colui che nel 1860, l’anno successivo alla pubblicazione del libro “L’origine delle specie” di Charles Darwin, tenne nelle sale del Museo di Hoxford una conferenza per presentare una propria pubblicazione: “Lo sviluppo intellettuale dell’Europa considerato in riferimento alle opinioni del signor Darwin”.
Al termine Draper introdusse un dibattito sulla teoria darwiniana, un evento che sarebbe divenuto una pietra miliare della retorica del conflitto tra fede e scienza, quello tra il futuro presidente della Royal Society, Thomas Henry Huxley (che passò alla storia come il “mastino di Darwin”) e il vescovo anglicano Samuel Wilberforce, ritenuto uno dei più grandi oratori del tempo. Riguardo a quell’incontro si è poi consolidata una leggendaria risposta con la quale Huxley avrebbe riportato una bruciante vittoria su Wilberforce. Si racconta infatti che, volendo colpire con una battuta il suo antagonista, Wilberforce abbia domandato ad Huxley se discendeva da una scimmia da parte di padre o di madre. La risposta di Huxley sarebbe stata che egli non provava alcuna vergogna a discendere da una scimmia, ma si sarebbe vergognato di discendere da un uomo che usava le sue grandi doti per “oscurare la verità”. Il racconto è diventato un classico dei luoghi comuni sul dibattito fede scienza. Il su resoconto è però di alcuni anni successivo allo svolgimento dei fatti e sembra essere assunto ad una specie di mito fondante. Di fatto il più importante risultato ottenuto è che tutti conoscono la battuta di Huxley, ma nessuno sa nulla degli argomenti che il brillante Wilberforce impiegò per controbattere la teoria darwiniana.
Le cose non andavano molto meglio in Italia, dove, nel 1869, nasceva il movimento dei cosiddetti “liberi pensatori” che nella loro dichiarazione programmatica affermavano la
“volontà di combattere ogni religione positiva, sedicente rivelata, per sostituirvi il regno della Ragione… e annichilare le tenebrose religioni soprannaturali entrate dall’Oriente nell’Occidente per mezzo del cristianesimo”.[3]
In seguito alle rivendicazioni risorgimentali sui territori dello Stato della Chiesa anche in Italia veniva affermandosi la stessa tecnica impiegata in Inghilterra per contrastare l’indipendentismo irlandese. Così come gli irlandesi erano combattuti con una propaganda che li dipingeva come una razza inferiore e soprattutto come appartenenti ad una religione nemica della scienza, anche in Italia la battaglia contro la Chiesa ricorreva alle stesse armi e il passato veniva dipinto come “oscuro”, nascevano in quegli anni le leggende nere e i “secoli bui” del medioevo ancora fortemente radicati nell’immaginario collettivo.
[1] Nation and religion – Princeton University Press, 1999 pag. 47
[2] Ibidem
[3] Antonio de Lauri – La “patria” e la “scimmia”, Biblion Edizioni, 2010, pag. 35
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