Stefania Falasca torna a dettare la linea al Sinodo.
Prima di analizzare il “ritorno”, sarà bene ricordare il passato.
Il 10 ottobre 2014 Stefania Falasca spiega ai lettori di Avvenire la vera realtà del sinodo. Come si trattasse di una assemblea unitaria, senza differenze di posizioni e di vedute. Come se la linea di molti cardinali e vescovi, oppositori delle teorie di Kasper, fosse già naufragata.
Incominciava in questo modo, la sua diagnosi: “È ormai chiaro che la tendenza generale dell’assise
sinodale sta gettando le basi per favorire un possibile accesso ai sacramenti per i divorziati risposati. Ieri sera, nell’ora della sessione libera, si è fatto un ulteriore passo avanti. Il tema è stato toccato in quasi tutti gli interventi….”.
Quali i testimoni citati per sostenere la tesi? I cardinali Marx, Cocopalmerio e Schönborn. Cioè i kasperiani più noti. Oggi sappiamo che a pensarla diversamente, tra i cardinali, indegni di una citazione, vi erano almeno Mueller, Pell, Caffarra, Burke, De Paolis, Erdo, Bagnasco…
Falasca ritorna il 14 ottobre per spiegare il suo sinodo. E scrive tra le altre cose:
“…La Relatio post disceptationem (relazione dopo la discussione), frutto del lavoro di equipe e presentata ieri dal cardinale ungherese Erdò, è anzitutto espressione autentica di quanto emerso e conferma che al Sinodo non ci sono state solo parole, ma la effettiva volontà di confrontarsi veramente con la carne viva dei problemi delle famiglie nella società e nel tempo di oggi. Il lungo applauso seguito ieri alla lettura del testo in aula è stato eloquente dei sentimenti prevalenti nell’assemblea. E non allarmano ne turbano le critiche manifestate (le stesse che si conoscevano già prima del Sinodo) da pochi padri su 191 votanti…”
Cosa dovrebbe fare una giornalista? Cronaca. No, qui si fa il tifo. Facendo finta di fare cronaca. “Espressione autentica” è l’espressione usata per definire quella che i padri sinodali definiranno espressione falsificante (del resto, se non si sapesse che non è autentica, perchè rivendicarne l’autenticità? Una Relatio dovrebbe essere autentica, sempre! Invece, nel presentarla, il cardinal Erdò ne ha preso le distanze, ma anche questo viene taciuto).
Tutti sanno che le cose non stanno come sostiene Falasca. Lo sanno tutti i giornalisti che seguono i fatti. La Relatio è per molti padri null’altro che una forzatura e una falsificazione di quanto avvenuto al Sinodo. Eppure la giornalista, pochi giorni prima che l’evidenza diventi tale per chiunque, incalza:
“Ma è chiaro che ogni apporto al presente testo (da cui scaturirà la Relazione conclusiva di questa prima tappa sinodale sulla famiglia) non ne cambierà la sua struttura fondamentale nè l’orientamento aperturista manifestato dalla stragrande maggioranza dei padri e che perciò, nella sua sostanza, rimarrà tale”.
Sempre tutto chiaro. Accade però che le cose vadano in un senso totalmente opposto alle profezie-indicazioni della Falasca.
I padri sinodali ribaltano la Relatio come un calzino, la fanno a fettine, la stravolgono. La linea Kasper viene abbattuta in quasi tutti i circoli minori.
Questi i fatti dell’ottobre 2014.
Poi l’insistenza di Kasper, Marx e compagnia: sinodo o non sinodo la linea è tracciata, si arriverà dove abbiamo detto noi. Alla faccia della correttezza, del rispetto della sinodalità e di altre mille belle parole.
Ieri, come si diceva, il ritorno. Partiamo dall’incipit “peloso”:
“Il Papa è il supremo garante visibile della rivelazione. È lui il custode della retta fede. La missione specifica del Successore di Pietro è di confermare i fratelli nella fede. Il magistero del Papa (e dei vescovi in comunione con lui) con l’assistenza dello Spirito Santo «assicura dunque il contatto con la fonte originaria e offre la certezza di attingere alla Parola di Cristo nella sua integrità», come spiega il cardinale Müller, attuale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. E proprio in quanto custode della fede che cosa ci dice papa Francesco?...”.
Perché peloso? Non solo perchè contiene una sorta di avvertimento (quello che dico io, lo dice il papa), ma anche perché si parte dal cardinal Müller, è evidente, come pietra d’inciampo, per sconfessare Müller con Müller. Infatti il cardinale così stimato da Benedetto XVI al punto da essere da lui posto alla testa della Congregazione per la dottrina della fede, viene citato solo per contraddirne implicitamente l’insegnamento sul matrimonio, qualche riga dopk averlo citato esplicitamente.
Ma proseguiamo. Parafrasando il papa (quante parafrasi!) Falasca scrive:
“Parole che fanno ancora riflettere sul compito della Chiesa e sulla natura della sua missione, che non è quella di porre barriere, dogane, e di chiudersi nel proprio recinto, ma di uscire e di lasciar uscire Cristo”.
Fin qui, nulla di nuovo. L’idea delle dogane, a quanto ci consta, non è della Chiesa, che ha sempre creduto nella fratellanza tra gli uomini, nella missione, nel pentimento, possibile sino all’ultimo istante, e, salvo un manipolo di ipocriti farisei, ha sempre insegnato l’amore per tutti, peccatori compresi (e chi non è peccatore?).
Ma ecco dove si voleva arrivare: “E sono certamente destinate a segnare il percorso verso il Sinodo sulla famiglia del prossimo ottobre. Anche, par di capire, riguardo alla particolare e delicata questione dei divorziati risposati, in quei passaggi in cui Francesco si sofferma a parlare degli atteggiamenti di fronte ai «lontani, ai sofferenti e agli emarginati per qualsiasi motivo»”.
Ricordate? Era sempre tutto chiaro. Ora invece è un po’ chiaro (certamente), un po’ no (par di capire). Cosa è chiaro? Che si sta dando una indicazione per il sinodo, mai dal papa nominato! Così i divorziati risposati divengono gli “emarginati”? Da chi? E dei figli e die coniugi abbandonati? Loro non soffrono …
In verità il papa non ha detto nulla di nuovo. Invece Falasca gli fa dire – contro Müller (citato nell’incipit per prendersene gioco?), contro il sinodo stesso, contro la tradizione bimillenaria della Chiesa e tutta la teologia sulla famiglia di Giovanni Paolo II- qualcosa di nuovo: su cosa? Sui “divorziati risposati”. Cosa “par di capire”? E’ detto, e non detto, tutto nascosto sotto il velo di una troppo sbandierata misericordia, di un troppo vago amore, di citazioni pretestuose… E chi non concorda, sia chiaro subito, è uomo senza misericordia (compreso quel Benedetto XVI che sul tema è stato chiarissimo).
Par di capire, dunque, alla Falasca (questo par di capire dal suo articolo), che si vuole ancora battere il chiodo: Kasper ha ragione, la Chiesa deve cambiare dottrina sul matrimonio e la comunione.
I modi per dirlo sono tanti. Quelli arroganti di Kasper (per il quale se i padri sinodali negri non capiscono, stiano zitti!) e quelli di Marx e della sua battaglia neoluterana. Poi ci sono anche i giornalisti, alla Falasca, e non solo, che danno suggerimenti, attraverso letture dei fatti, non sempre, come si è visto, molto corrette e deontologicamente professionali. Quelli che prevedono la fine del sinodo, all’inizio del sinodo; e danno indicazioni al sinodo venturo, parecchi mesi prima; e quelli che cercano di indirizzarlo (dice nulla Vatican Insider?)
Quello che spaventa, anche per l’inconfessabile arroganza che sottintende, è soprattutto il messaggio: la Chiesa cambi dottrina sul matrimonio, per essere fedele a Cristo.
Ciò significa che è stata, per duemila anni, infedele, non nei fatti (gli uomini lo sono sempre, più o meno, data la miseria umana e la grandezza del messaggio di Cristo), ma sulla dottrina e il senso del matrimonio.
Nell’era Falasca-Kasper leggeremo ancora quelle parole (invero dure e poco popolari) di Cristo: “Non separi l’uomo ciò che Dio ha unito”?
E quelle del vangelo di Giovanni, citato proprio da Falasca in chiusura, ma a sproposito (con il copia incolla, al Vangelo si può far dire ciò che si vuole, ma quando si cita il Vangelo a proposito del matrimonio, sarebbe bene prendere i passi che parlano del matrimonio, non altri):
“Allora i suoi discepoli gli dissero: Se questa è la condizione dell’uomo che si sposa, è meglio non sposarsi. Gesù rispose: Non tutti capiscono questo insegnamento; lo accolgono soltanto quelli ai quali Dio dà la capacità di farlo” (Matteo, 19-10-11).
In conclusione: pastorale dei divorziati risposati? Senza dubbio. Tornare a insegnare cosa siano fidanzamento e matrimonio? Non sembra nei programmi di Kasper-Falasca-Marx, più attenti a difendere la fine del matrimonio naturale e a benedire nozze gay (almeno i due tedeschi); benedire il divorzio (cioè la separazione, la frattura) con il sacramento della comunione? Sarebbe l’assurdo religioso e logico, mascherato da carità (a buonissimo mercato).