La “rifondazione” della vita religiosa

cismdi Luisella Scrosati

Dal 3 al 7 novembre, a Tivoli, si è tenuta la 54° assemblea generale della CISM (Conferenza Italiana Superiori Maggiori) dal tema: “Missione della Chiesa e la vita consacrata. Una lettura dell’ Evangelii Gaudium”. Presenti, tra i relatori, Dom Manicardi, vice priore della Comunità di Bose, P. Fidenzio Volpi, Segretario Generale della CISM, ed attuale Commissario dei francescani dell’Immacolata, Sua Ecc.za Mons. José Rodriguez Carballo, Segretario Generale della Congregazione per gli Istituti di vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Dom Innocenzo Gargano, calmaldolese, estimatore della Scuola di Bologna, etc.

Relatore unico, nella giornata di mercoledì 5 novembre, S. Ecc. Mons. Nunzio Galantino, attuale Segretario Generale della CEI, con un conferenza dal titolo molto significativo: “Una Chiesa in ‘uscita’ è una Chiesa dalle porte aperte. Il paradigma ecclesiologico della Evangelii Gaudium” (per la lettura integrale, vedere qui).

Nella prima parte del suo intervento, Mons. Galantino parla di tre tentazioni della vita religiosa:

1) Sfiducia: «Francesco ci ha ricordato che a frenare il cammino è innanzitutto “la tentazione dell’irrigidimento ostile”, quello che prende quanti si chiudono nella lettera e non ne colgono più lo spirito: si può essere, allora, anche zelanti e scrupolosi, ma ci si condanna a non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio di Gesù di Nazaret…».

2) Buonismo distruttivo, che spinge a «trattare i sintomi e non le cause e le radici».

3) Considerarsi padroni e non custodi del depositum fidei, ossia, citando papa Francesco, «la tentazione di trascurare la realtà con l’utilizzo di una lingua minuziosa e di un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente! Li chiamavano bizantinismi, queste cose…»

Dunque, secondo Galantino, i veri problemi della vita religiosa sarebbero l’irrigidimento di chi si ostina magari ad osservare letteralmente la propria regola, il buonismo e l’eccessiva minuziosità del linguaggio…

«Per vincere queste tentazioni, che si manifestano anche nelle diverse forme che degradano la vita religiosa confinandola nella meschinità e rendendola semplicemente infruttuosa, la via indicata dal Vangelo è riassunta in una parola, per la precisione in un verbo, che abbiamo imparato a riconoscere come uno dei capisaldi dell’insegnamento di Papa Francesco: uscire…». E precisa: «Si tratta di uscire per abbracciare la prospettiva della periferia». Vogliamo sommessamente ricordare (come diceva il saggio: “a volte anche l’ovvio va detto”) che “la via indicata dal Vangelo” mette al centro innanzitutto quel “Convertitevi e credete al vangelo (Mc 1,15) che è l’inizio della predicazione di Nostro Signore. Solo così si può “uscire”.

Comunque sia da questo nuovo imperativo (Uscire!) derivano tre scelte precise da attuare nella vita religiosa:

1) «un decentrarsi che comporta di saper prendere le distanze sia dalle proprie idee – quante volte indebitamente assolutizzate! – sia dalle stesse opere».

2) «la disponibilità a vincere la paura rispetto a ciò che è altro da noi, specie quando la diversità si configura come complessità e problematicità. A tale proposito, Francesco richiamava la necessità di combattere il “fantasma” di una vita religiosa intesa come rifugio e consolazione. Del resto, siamo testimoni di quanto non regga più l’idea del religioso come di una sorta di artigiano che lavora in proprio, collocato in una dimensione “altra”, “speciale”, un “di più”, che dice separazione… L’intimismo, alla fine, si sposa con l’individualismo, malattie che – mentre chiudono – colpiscono tante relazioni…»

3) «Infine, accanto al decentrarsi e al coinvolgersi, uscire significa anche rifarsi lo sguardo o, meglio, assumere lo sguardo di Cristo».

Ergo, dice il Segretario della CEI, urgono tre condizioni per una rifondazione (?):

a) «La prima è una vita comunitaria, una vita di relazioni fraterne… l’altro diventa parte dell’identità di ciascuno, in una vita di comunione che non minaccia l’alterità, ma la genera…». [non chiedetemi cosa significhi, NdA]

b) «Necessità di essere autenticamente radicati in un determinato carisma», che Galantino spiega in questo modo: «La vita religiosa si trova oggi a vivere un tempo di svolta, di riposizionamento, addirittura di rifondazione: ormai non si tratta più di adattarsi né semplicemente di aggiornarsi; occorre arrivare a cambiare gli stessi paradigmi della vita religiosa, se si vuole innescare un autentico processo di cambiamento. Non liberarsi dalle storicizzazioni che condizionano la fedeltà all’oggi sarebbe come arrivare in ritardo all’appuntamento con la storia e quindi rischiare di non esserci, di non venire riconosciuti come presenti, di sparire».

c) «Necessità di essere profondamente immersi nella realtà, facendone esperienza… Quanto bisogno c’è di proporre una santità che non sia relegata tra gli incensi del tempio e che non sia spogliata della sua carica originaria, ma fatta di trascendenza e di esistenza quotidiana, indissolubilmente intrecciate tra loro: allora, è laboratorio di nuova umanità, capace di dar vita a strutture mentali, spirituali, affettive – e pure organizzative – semplici e accoglienti, poco pesanti e aperte, in cui non sia assente la gioia della comunione, perché una fraternità senza gioia è una fraternità che si spegne… L’alternativa è la sterilità, a cui siamo condannati quando il patrimonio della vita religiosa si blocca su un modello di società che non c’è più e su un modello di comportamenti che non esprimono più un valore avvertito come tale».

Ci stiamo avvicinando al 2015, anno dedicato alla vita consacrata, e avremo molto tempo per riflettere su queste piste di avvicinamento e per una “rifondazione” (?) della vita religiosa.

Visto che l’intervento di Mons. Galantino si proponeva di indicare parole chiave per un rinnovamento della vita religiosa abbiamo fatto una banalissima statistica. Premendo sulla nostra tastiera i tasti ctrl+f e digitando le seguenti parole. Di fianco a ciascuna troverete quante volte compare nel testo.

Peccato: 0

Mortificazione: 0

Penitenza: 0

Pregare/preghiera: 0

Maria/Madonna/Immacolata: 0

Ascesi: 0

Gesù: 3

Fede: 0

Speranza: 1 (nel senso di “abbracciare il futuro con speranza”)

Carità: 0

Adorare/adorazione: 0

Grazia: 1 (come “tempo di grazia”, riferito al prossimo anno della vita consacrata)

Papa Francesco: 17

Benedetto XVI: 1 (per dire che Papa Francesco riprendeva Benedetto XVI sul tema della testimonianza)

Uscire/uscita: 6

Periferia/periferico: 6

Ascolto/ascoltare: 4

Quindi per “rifondare” (?) la vita religiosa sembra che le parole chiave “preghiera”, “penitenza”, “conversione”, “ascesi” e “adorazione”, non siano troppo necessarie. Forse abbiamo capito male, forse abbiamo solo spigolato e certamente vi saranno altre occasioni per mettere in rilievo il ruolo di queste parole chiave.  L’anno dedicato alla vita consacrata si avvicina…

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Autore: Libertà e Persona

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