Benedetto XVI torna a parlare pubblicamente. Dopo i tre messaggi di cui si è data notizia nei giorni scorsi, il Papa emerito ha di nuovo preso carta e penna, questa volta per scrivere all’Ordinariato di Nostra Signora di Walsingham, la comunità anglicana londinese rientrata in piena comunione con Roma dopo la pubblicazione della Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, firmata proprio da Benedetto XVI il 4 novembre 2009, cinque anni fa.
Il messaggio di Ratzinger è la risposta alla lettera di ringraziamento inviata lo scorso settembre da Nicolas Ollivant (presidente del gruppo Amici dell’Ordinariato di Nostra Signora di Walsingham), che esprimeva riconoscenza per il dono di questa nuova realtà. Benedetto XVI si è detto felice per l’importante ruolo che l’Ordinariato svolge nella Chiesa universale.
E così, nel quinto anniversario della sua pubblicazione, l’Anglicanorum coetibus merita di essere celebrata, poiché ha ben realizzato il vero e sano ecumenismo. Da decenni, infatti, si pensa che la finalità del movimento ecumenico sia il dialogo per il dialogo, oppure la diffusione della bislacca teoria secondo cui la Chiesa Cattolica si trovi sullo stesso piano delle altre comunità cristiane e che quindi non ci sarebbe alcun bisogno di aderire ad essa. I Pontefici e la Congregazione per la Dottrina della Fede, però, hanno sempre cercato di porre un argine a simili derive.
In questo, il ruolo di Benedetto XVI è stato decisivo. Contro i tentativi di creare una federazione di Chiese cristiane in cui ognuna mantenga la propria identità e il proprio credo, Papa Ratzinger ha risposto con l’Anglicanorum coetibus. La Costituzione apostolica è rivolta a tutti quegli anglicani che, stanchi degli sbandamenti della loro gerarchia, aperta a tutte le storture della modernità (sacerdozio femminile, legittimazione dell’omosessualità, etc.), hanno espresso il desiderio di tornare al Cattolicesimo. Non si tratta, si badi bene, di un ritorno alla Chiesa di Roma di singoli individui, ma di interi gruppi. Così afferma la Costituzione nel suo incipit: «In questi ultimi tempi lo Spirito Santo ha spinto gruppi anglicani a chiedere più volte e insistentemente di essere ricevuti, anche corporativamente, nella piena comunione cattolica e questa Sede Apostolica ha benevolmente accolto la loro richiesta» (corsivo mio). E, dopo aver ricordato che «l’unica Chiesa di Cristo infatti, che nel Simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica, “sussiste nella Chiesa Cattolica governata dal successore di Pietro, e dai Vescovi in comunione con lui”», il documento pontificio ripete che suo scopo è provvedere «ad una normativa generale che regoli l’istituzione e la vita di Ordinariati Personali per quei fedeli anglicani che desiderano entrare corporativamente in piena comunione con la Chiesa Cattolica» (corsivo mio). Si parla quindi senza problemi di un rientro nella piena comunione cattolica.
Torna perciò in auge il tradizionale “ecumenismo di ritorno”, così come avvenuto nei secoli con molti cristiani di rito orientale, cui la Santa Sede ha concesso sempre larga autonomia e rispetto per le proprie tradizioni, fermo restando, ovviamente, il riconoscimento del primato petrino e quel che ne deriva (basti pensare all’enciclica di Leone XIII Orientalium dignitas, del 1894, in cui il grande Pontefice condannava la latinizzazione forzata degli orientali). Ebbene, la Anglicanorum coetibus,nelle sue norme, coniuga sapientemente il rispetto di alcune tradizioni anglicane con la piena adesione alla Chiesa di Roma e alla fede cattolica. In questa sede non si può esaminare l’intero testo, ma basta leggerlo per rendersi conto di tutto ciò. Rileviamo solo che il Catechismo è definito «espressione autentica della fede cattolica professata dai membri dell’Ordinariato».
Un documento, quindi, da ricordare, nell’ottica di quell’ermeneutica della continuità purtroppo ancora disattesa nella pratica pastorale di tutti i giorni. E spesso anche dottrinalmente.