E’ giusto, per chi aspira ad evangelizzare, chiedersi come farlo interrogandosi sulle modalità più opportune per testimoniare la fede, soprattutto verso i più giovani. Un simile impegno non può però giustificare qualsiasi iniziativa, non si può cioè anteporre l’attenzione alla pubblicità alla serietà che inevitabilmente contraddistingue l’impegno di fede. Lasciano dunque ammutoliti trovate come la “Cristoteca” inaugurata l’altra notte a Marina Piccola, località di Cagliari, e ripresa da quelle organizzate da tempo in Brasile. Trattasi, in breve, di ballare dalle 22:00 all’una del mattino su versetti del Vangelo e messaggi di Dio remixati.
Ora, nessun dubbio che dietro all’idea vi sia un’intenzione buona, di svago salutare e di sano intrattenimento. Ma il punto è proprio questo: la fede religiosa non è svago o intrattenimento bensì, per chi ce l’ha, il centro della propria vita o qualcosa di molto simile. Per molti, poi, è persino motivo di sacrifici e, pensando ai cristiani in Iraq (e non solo) stanno vivendo una condizione di tremenda persecuzione, è difficile non guardare alla “Cristoteca” come ad una clamorosa mancanza di rispetto nei loro confronti. E, soprattutto, nei confronti di Dio, verso il quale un tempo – udite, udite – pare si usasse addirittura pregare in ginocchio.
Lo faceva lo stesso Gesù non seguendo ma calpestando le convenzioni – Greci e Romani rifiutavano il gesto di inginocchiarsi, che anche Aristotele riteneva atteggiamento barbarico (Retorica, 1361 a 36) – e consegnandoci un esempio del quale probabilmente non siamo più degni, noi che fingiamo di non sapere o forse neppure sappiamo che solo nel Nuovo Testamento la parola proskynein, riferita alla genuflessione, compare ben 59 volte. Noi così confusi da credere che fra una pseudo discoteca religiosa in un porticciolo sardo, già meta delle passeggiate romantiche delle coppiette cagliaritane, e l’evangelizzazione vi possa essere un nesso.
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