Sui F.I.: il papa sa la verità?

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di Luisella

Ogni volta che qualcuno tenta di mostrare la “ragionevolezza” del commissariamento dei Frati Francescani dell’Immacolata, finisce per aprire una falla più grande del buco che si voleva chiudere. E paradossalmente rafforza l’idea che la vera ragione che sta dietro al commissariamento dei frati sia quella di un “conto da regolare” da parte di qualcuno.
Un recente articolo (http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/francesco-francis-francisco-34860/, 23-6-2014) ne è l’ennesima conferma.
Intanto, per la cronaca, è interessante notare che tra la sessantina di frati presenti all’incontro del Papa, mancavano delle presenze significative, tra le quali quella di due “personaggi” di un certo rilievo, quanto alla rappresentatività

dell’Istituto: i fondatori. Ma siccome erano probabilmente troppo lontani per essere avvisati in tempo per l’incontro con il Santo Padre, soprassediamo.
Dunque, ricordiamo che tra le paranoie della nuova guardia dei FI c’è quella di aver salvato l’istituto da una deriva lefebvriana, ribadita dallo stesso Tornielli, quando ricorda che tra le motivazioni del commissariamento c’è “l‘uso divenuto ormai quasi esclusivo del messale antico e l’interpretazione dell’ultimo Concilio”.
Riguardo all’interpretazione del Vaticano II, il Papa ha espresso la propria personale opinione sul fatto che Mons. Marchetto sia il migliore interprete del Concilio. Bene. Guarda a caso Mons. Marchetto era uno dei relatori del Convegno sul Vaticano II organizzato dai FFI “gestione Manelli”, nel 2010. Il Papa ha inoltre ribadito autorevolmente che la corretta linea interpretativa del Concilio è quella tracciata da Benedetto XVI nel discorso alla Curia romana del dicembre 2005, esortando a proseguire con una ermeneutica teologica e non ideologica del Concilio. E sempre per caso, uno dei frati “silurati” dal nuovo regime dei FI, p. Serafino Lanzetta, è autore di una tesi dottorale, da pochissimo edita per la stampa, che, secondo la presentazione che ne fa il Direttore di ricerca, prof. Don Manfred Hauke, si mette proprio nella linea dell’ermeneutica della riforma, cercando di evitare – lo dice esplicitamente – rotture di “destra” e di “sinistra”.

Dunque i FI erano già indirizzati nella linea indicata da papa Francesco, ma evidentemente al Papa dev’essere stato riferito altro. E non solo al Papa, visto che Tornielli, in perfetta buona fede, in conclusione al suo articolo, ha riportato la falsa notizia di un frate che se ne sarebbe andato via dall’Istituto per il fatto di non accettare il Vaticano II. La notizia è stata riferita al giornalista in modo subdolo, per convincere ulteriormente l’opinione pubblica che i FI “gestione Manelli” stavano diventando un covo di cripto-lefebvriani. Tant’è vero che lo stesso Tornielli, il 26 giugno, ha dovuto togliere il riferimento al Vaticano II: evidentemente si sarà accorto di esser stato ingannato ancora una volta – dopo la vicenda dei numeri legati al famoso questionario- dai suoi informatori…
Circa la questione del rito antico, visto che non si vuole tenere in considerazione quanto scritto in contrario ad abundantiam, facciamo una proposta seria ed onesta: si provi a fare un’indagine su quante effettivamente fossero le comunità dei FI che, al momento del commissariamento, stavano utilizzando solo il rito antico, quante solo il nuovo e quante entrambi. Dagli annuari risulta, per esempio, che nel 2012, in Italia 15 case su 21 celebrano anche secondo il rito di San Pio V: “anche” e non “esclusivamente” (se si eccettua il Ritiro mariano di Amandola). Quindi 6 case su 21 hanno solo la forma ordinaria, 15 entrambe e una sola il rito tridentino esclusivo. Nella delegazione filippina sono 3 su 6 le case che adottano anche il rito antico; negli Usa 3 su 5 Come si fa ancora a parlare di uso “quasi esclusivo” del messale antico?
Se il Papa, com’è giusto, ha spiegato che ci dev’ essere libertà “sia per chi vuole celebrare con l’antico, sia per chi vuole celebrare col nuovo rito, senza che il rito diventi una bandiera ideologica”, ciò significa che la versione dei fatti che gli è stata presentata è stata quella di una manica di fanatici del Rito antico, desiderosi di arrivare ad imporlo come rito unico. Ma anche qui, non solo i numeri, come si è visto, ma anche i fatti dicono ben altro.
Infatti, qualche anno fa, prima del commissariamento, si era si era verificata l’uscita di un novizio, per il fatto che non accettava il biritualismo, cioè l’effettiva celebrazione con entrambe le forme del rito romano; ed infatti questo novizio andò a rifugiarsi nella Fraternità sacerdotale san Pio X, per poter evitare il Novus Ordo. Ci fu anche il caso di un aspirante allontanato, sempre per il motivo che non riconosceva la legittimità della forma ordinaria.
Dunque, per l’ennesima volta, i fatti non solo smentiscono la campagna mediatica orchestrata dai dissidenti interni, ma dimostrano che la linea adottata dai Fondatori sia sul Vaticano II, sia sull’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, era esattamente quella indicata da Benedetto XVI e confermata da papa Francesco. Ma quanto stiamo scrivendo da tempo su questo blog, sarà mai arrivato alla lettura del Papa? Oppure l’unica versione dei fatti è quella in salsa Volpi-Bruno?
A questo punto pongo ancora una domanda aperta e fraterna ad Andrea Tornielli: perché non intervistare i fondatori? Perché non dare loro la possibilità di dire come effettivamente stanno le cose? Perché non favorire un loro incontro con il Santo Padre?

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Autore: Libertà e Persona

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