Il neo cardinale Muller, prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, ha presentato a Roma il suo ultimo libro edito dalla LEV, “Povera per i poveri”. A margine dell’evento ha risposto ad alcune domande dei giornalisti. Il tema, ovviamente, è quello della pastorale familiare, al centro di un dibattito molto acceso all’interno della Chiesa Cattolica.
Per chi sta seguendo la discussione appare sempre più evidente che, in vista del prossimo Sinodo di ottobre, si sta mandando in onda un film già visto. Lo ha rilevato bene l’ottimo vaticanista Sandro Magister, sottolineando appunto come le analogie con la situazione che condizionò il Vaticano II sono molte.
Come disse Benedetto XVI, in uno dei suoi ultimi discorsi, il “concilio dei media” finì per essere “dominante”. Si trattava – sono sempre parole di Ratzinger – di “un’ermeneutica politica”: “Per i media il concilio era una lotta politica, una lotta di potere tra diverse correnti nella Chiesa. Era ovvio che i media prendessero posizione per quella parte che a loro appariva quella più confacente con il loro mondo.” Senza entrare in questioni ermeneutiche rimaniamo a questa analisi ratzigeriana che ha una sua validità.
Il Card. Muller in questo contesto mass mediatico sembra essere la voce in controcanto rispetto a quelle di molti altri che, invece, adottano un linguaggio decisamente aperturista, generalmente in nome della misericordia.
Durante il Vaticano II, e anche nel post, queste trappole ideologiche ammantate di comprensione per i nuovi problemi furono disseminate qua e là per far passare di tutto a livello pastorale.
La vicenda dell’enciclica Humanae Vitae, che non a caso qualcuno sta chiamando in causa anche nell’attuale dibattito, rappresenta l’esempio più clamoroso. Per farsi un’idea precisa di come andarono le cose, di quali subdoli cavalli di Troia furono portati dentro il recinto ecclesiale, si può leggere il libro pubblicato dal medico Renzo Puccetti, “I veleni della contraccezione” (EDS). Qui si evidenzia con chiarezza come alcuni teologi e prelati (ad esempio il card. Suenens, Guano, Küng, Häring e John Courtney Murray) fecero sponda con i media per far pressione sull’autorità ecclesiale a mutare la dottrina.
A proposito di contraccezione si scriveva che la continenza periodica era impraticabile, era inefficace, che i coniugi cattolici la stavano abbandonando in massa per passare alla pillola. Come ha dichiarato lo stesso Puccetti: “Il solo dibattere la dottrina della Chiesa sulla contraccezione costituiva un formidabile argomento contro la dottrina stessa; se infatti se ne discute, allora vuole dire che non è irriformabile, se non è irriformabile, vuol dire che non è certa e se non è certa non obbliga.” Nel 1968 però arrivò l’Humanae vitae a mettere i puntini sulle i, ma tutti sappiamo come la prassi pastorale successiva risentì non poco di quel dibattito possibilista.
Oggi si scrive e si dice che gli uomini e le donne del nostro tempo non sono più in grado di apprezzare la bellezza del matrimonio cattolico, che sono troppi i casi di sofferenza, i matrimoni che falliscono. Si citano percorsi penitenziali, sulle orme di quanto previsto dalle chiese ortodosse, per poter riammettere i divorziati risposati al sacramento dell’eucaristia. E secondo il card. Kasper, che ha aperto il recente concistoro, la Chiesa si troverebbe oggi in una situazione simile a quella dell’ultimo Concilio. Anche allora – ha detto il cardinale – c’erano questioni che i pronunciamenti e le decisioni del Sant’Ufficio sembravano chiudevere a nuove soluzioni, invece, il Concilio aprì le porte.
A tutto questo risponde il card. Muller nella conferenza stampa a margine della presentazione del suo ultimo libro: “Non possiamo ridurre la rivelazione e la parola di Gesù Cristo perché tanti cattolici non conoscono la realtà. (…) Sarebbe paradossale se la Chiesa dicesse: poiché non tutti conoscono la verità, la verità non è obbligatoria per il futuro”.
Ma il sinodo “mediatico” è già lanciato. Ad esempio il bimensile diocesano di Angouleme (Francia), a proposito delle coppie omosessuali, ha scritto che “bisogna convertire lo sguardo di ciascuno (…) bisogna diffondere largamente il lavoro dei moralisti che da più di trent’anni lavorano su questo soggetto. A partire da qui – continua il giornale diocesano francese – noi potremo costruire un vero progetto pastorale verso le persone omosessuali considerando che un amore tra persone dello stesso sesso è anche portatore di fecondità per le persone interessate e il loro entourage”.
Nello stesso articolo si critica anche l’atteggiamento di certi vescovi e preti francesi che rispetto alla famigerata legge Toubira, quella de le mariage pour tous, si sarebbero posti in modo troppo negativo, un modo che è apparso “violentemente ostile” nei confronti delle coppie dello stesso sesso.
D’altra parte quest’ultima posizione non è prerogativa di un giornale di una dispersa diocesi francese, ma anche la Civiltà Cattolica – mensile dei gesuiti che non esce senza una “supervisione” interna dei sacri palazzi – nell’ultimo numero ha ripreso la stessa considerazione. Padre Salvini, ex direttore della rivista e amico personale del Card. Martini, ha ripreso un vecchio documento dell’episcopato francese che di fatto critica un atteggiamento troppo battagliero nel difendere la visione cristiana del matrimonio sulla pubblica piazza. A qualche Vescovo francese, che si è apertamente schierato contro la rivoluzione sessuale promossa dal governo Hollande, saranno fischiate le orecchie.
Il prossimo Sinodo sulla pastorale famigliare verosimilmente non muterà la dottrina cattolica, ma la vicenda dell’Humanae Vitae ha molto da insegnare. Potrebbe, infatti, verificarsi che sulla sulla spinta dell’attuale dibattito si instauri poi una pastorale famigliare fumosa, capace di far passare ciò che magari la lettera non dice o non dice in modo chiaro.