I Francescani dell’Immacolata, oggi sotto commissario, non hanno mai avuto vita facile. In un articolo pubblicato su questo sito un frate ricorda così gli inizi: “Anno 1997: il Papa Giovanni Paolo II si presenta nella Congregazione dei Religiosi … e rimprovera i presuli per aver voluto archiviare la pratica di riconoscimento di Diritto pontificio dei Frati Francescani dell’Immacolata (sigla “FFI”), i quali dopo cinque anni di Diritto Diocesano (dal giugno 1990) erano più che pronti per il Diritto Pontificio, e invece la pratica era stata archiviata da due anni per … invidia o gelosia di qualcuno? Il Papa stesso, perciò, di proprio pugno, autorizza la forma di vita e riconosce la genuinità del carisma e l’ispirazione divina dell’Istituto, con il Diritto Pontificio dall’1 gennaio 1998, Solennità della Madre di Dio”.
Tenuti compressi e isolati per molti anni, i Francescani conoscono con il tempo una crescente espansione. A luglio 2013, però, arriva il commissariamento dell’Istituto. La Congregazione dei religiosi, presieduta dal Cardinal Braz de Aviz, decide di affidarlo alle cure, che si riveleranno assai invasive, del cappuccino Fidenzio Volpi.
Ai media, tramite l’attivissimo padre Alfonso Bruno, un frate con importanti incarichi sotto la gestione Manelli, divenuto poi uno degli accusatori del padre fondatore stesso e il braccio destro del Commissario Volpi, viene spiegato che il commissariamento è stato inevitabile, dal momento che a richiederlo sarebbero stati nientemeno che il 74 % dei membri dell’Istituto stesso.
In verità la lettura dei numeri proposta dal Bruno e dal Volpi, e rilanciata il 31 gennaio dal segretario della medesima congregazione, José Rodríguez Carballo, è sostanzialmente falsa. Riassume così Magister, dopo aver esaminato i dati: “Se la matematica non è un’opinione, quindi, il commissariamento era stato chiesto non dai tre quarti dei frati – come asserito dalla nota – ma dal 74 per cento del 61 per cento, cioè dal 45 per cento del totale, una minoranza, e nemmeno da tutti questi, dato che per vari di essi sarebbe bastato un capitolo generale straordinario. E non è tutto. La nota diffusa il 31 gennaio dalla congregazione per i religiosi ha aggiunto che la visita apostolica era stata fatta perché “richiesta da 21 membri dell’istituto”. Su un totale di circa 350 frati, 21 sono una minoranza piccolissima, il 6 per cento…”.
Ma non è solo la lettura dei dati numerici a non reggere. A fronte di provvedimenti draconiani non adottati nei confronti di nessun altro Istituto -quali la chiusura del seminario, gli spostamenti punitivi a raffica nei confronti dei frati fedeli a padre Manelli, il boicottaggio delle associazioni laicali vicine ai frati…-, non è ancora chiara l’accusa rivolta ai padri fondatori e ai tantissimi frati a loro fedeli (ma non per questo disobbedienti alle inique disposizioni imposte dal Volpi e dal Bruno nei loro confronti). Forse per questo, sentendo debole la propria posizione di fronte a molti frati e laici vicini all’Ordine, l’8 dicembre 2013 padre Volpi, in una circolare interna, lanciava una pesantissima accusa: “cosa poi estremamente grave (…) è stato il trasferimento delle disponibilità dei beni mobili ed immobili dell’Istituto, a (…) familiari del Fondatore P. Stefano M. Manelli (…). Tali operazioni gravemente illecite sotto il profilo morale e canonico, con risvolti anche in ambito civile e penale (…)”.
Ma l’accusa, il maldestro cappuccino pizzicato subito dall’avvocato dei familiari di Manelli, ha dovuto rimangiarsela pubblicando una prima parziale ritrattazione, un mese orsono, sul sito ufficiale dei Frati (www.immacolata.com), e una seconda il 31 gennaio scorso: “Padre Fidenzio Volpi conferma la assoluta estraneità dei Fratelli e Sorelle di Padre Stefano Maria Manelli alle contestate operazioni inerenti il trasferimento della disponibilità dei beni mobili e immobili dell’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata di cui alla Nota dell’8 dicembre 2013, Nota riservata e illegittimamente divulgata”.