Da un po’ di anni varie associazioni con fini ideologici, promuovono e sostengono i Darwin day, con un intento molto chiaro: far passare nella gente comune, servendosi di qualche divulgatore cui la Tv ha dato la patente di “scienziato”, l’idea di un contrasto insanabile tra Fede e ragione, tra Fede e scienza sperimentale. Esiste addirittura una International Darwin Day Foundation (http://darwinday.org/), che si propone di celebrare ogni anno “Darwin, la Scienza e l’Umanità”. Secondo costoro Darwin andrebbe celebrato come “libero pensatore”, come “rivoluzionario”, come un uomo che avrebbe cambiato, questo è il convincimento di fondo, la visione secolare di Dio e dell’uomo. Il fondatore dei Darwin day (1993), Robert Stephens, ha dichiarato che nessun altro scienziato ha contribuito come Darwin alla causa dell’ “Umanesimo”. Cosa significhi questo, non è chiaro, finché non viene detto più o meno esplicitamente che l’Umanesimo coinciderebbe con l’ateismo. La prima cosa che si potrebbe notare è che Darwin, il primo celebre scienziato della storia ad auto-definirsi non “ateo”, non lo disse mai, ma “agnostico”, viene utilizzato da questi suoi estimatori in modo strumentale e forzato, più per le sue idee ben poco umaniste (era molto sensibile all’eugenetica del cugino Galton), che per certe sue intuizioni naturalistiche. La seconda è che il termine “Umanesimo” vuole rivestire l’ateismo di una dignità assoluta, che però, alla luce della storia, appare piuttosto opinabile: difficile immaginare inferni terreni più terribili di quelli creati dai dittatori atei del Novecento.
In ogni modo, se dagli Usa passiamo in Italia, è dal 2003 che l’Unione Atei e Agnostici razionalisti (Uaar) organizza i Darwin day, cercando di far passare come “scientifica”, razionale, una visione materialistica, riduzionistica, irrazionale dell’esistenza. Qualche titolo dei Darwin day dell’anno scorso può far comprendere l’impostazione: “Perché l’evoluzione ha creato dio (e non viceversa)” con G. Vallortigara; “La scienza non ha bisogno di Dio” con E. Boncinelli; “Orgasmo e pregiudizio” con R. Salvadorini e F. Turriziani Colonna; “Dalla descrizione alla sintesi del vivente. Clonazione: a che punto siamo”, con C. A. Redi…
Sintetizziamo il senso generale di questi incontri: Dio non esiste; perciò l’uomo è solo e soltanto un animale; la clonazione è cosa buona e giusta (così come l’aborto, la clonazione e tutto ciò che tratta l’uomo da semplice animale senz’anima né dignità altra, qual è…)..
Ebbene, siamo evidentemente di fronte ad una visione teologica e filosofica inaccettabile, che però fa molta breccia nel pensiero comune.
Per questo un gruppo di amici, a partire dall’anno scorso, ha lanciato una nuova iniziativa: i Mendel day. Non tanto in contrapposizione, quanto per fare divulgazione scientifica, teologica, filosofica e bioetica in modo onesto, affrontando i temi e la storia della scienza non ideologicamente e non selettivamente (senza ridurre, per esempio, tutta la storia della scienza alla bega tra Galilei e Urbano VIII sul sistema proposto dal canonico Copernico).
Così recitava il manifesto di lancio dei Mendel day: “Eravamo nell’Ottocento. In quel secolo di illusioni si pesavano le urine e si misuravano arti e crani (convinti che il cervello espella pensieri come il fegato secerne la bile), allo scopo di classificare, graduare gli esseri umani, “scientificamente”. Si riteneva, da parte di molti, che la scienza umana avrebbe risolto tutto, compreso ogni cosa, realizzato un mondo futuro di uomini felici, perfetti, sani… Intanto si ponevano le basi per il razzismo “scientifico”, anglosassone e nazista. In quell’epoca, un intellettuale alla moda, Auguste Comte, propose di sostituire i santi, nel calendario, con gli scienziati. Oltre un secolo dopo, alla fine del Novecento, emuli tardivi di Comte, per lo più legati allo UAAR, hanno lanciato i Darwin day, una sorta di festa laica dello scientismo, scagliato contro i credenti. A costo di fare violenza su Darwin stesso…”. E’ ora che oltre ai Darwin day, continuavano gli organizzatori, nascano i Mendel day: “Una giornata all’anno, cioè, per ricordare che la scienza sperimentale è uno dei tanti doni della grecità e del cristianesimo al mondo. Mendel, padre della genetica (come Spallanzani, “principe dei biologi”; come Stenone, padre della moderna geologia; come Leonardo Garzoni, pioniere del magnetismo; come Renè Just Haüy, padre della mineralogia e della cristallografia; come G.E.Lemaître, il teorico del Big bang….)- era un sacerdote cattolico. Era, inoltre, Mendel, un monaco come san Benedetto, padre dell’Europa; come Alcuino, “ministro dell’istruzione“ di Carlo Magno; come Guido d’Arezzo, inventore del pentagramma musicale; come Padre Benedetto Castelli, padre dell’idraulica moderna… Come loro amava la natura, il canto liturgico, la Sacra Scrittura, e la carità cristiana. Tanto che quando ebbe a morire i giornali, poiché ancora non si era capito il suo contributo alla genetica, scrissero che era morto un bravo meteorologo e un “amico dei poveri”…”.
La conclusione: “Mendel day, dunque, per ricordare che la genetica penetra l’intelligenza del Creatore posta nel creato; per rammentare che la vita non è cosa nostra, ma realtà che obbedisce a leggi e che nello stesso tempo sprofonda nel Mistero; per tornare ad uno sguardo, sulla natura e sull’uomo, religioso, cioè stupito, amorevole, estraneo ad ogni riduzionismo materialista. Dietro il genoma, infatti, c’è un mondo, e, soprattutto, una domanda: di Chi ci parla l’ “intelligenza” della vita?”.
Quest’anno i Mendel day prenderanno veramente piede: sono già oltre venti le città che hanno aderito e che ospiteranno l’evento, tra fine gennaio 2014 e marzo. Gli scopi che gli organizzatori si prefiggono sono: dare un simbolo all’amicizia tra Fede e ragione; mostrare che tra scienza e fede non vi è contrasto (facendo buona filosofia e buona teologia); parlare di buona scienza, a favore dell’uomo; affrontare alcuni argomenti di bioetica estremamente attuali.
Le idee di fondo sono che la scienza sperimentale ha ancora molto di dirci, perché è fondata sulla filosofia greca e, soprattutto, cristiana: gli scienziati possono facilmente riconoscere, come hanno fatto per lo più nella storia, che la realtà è data, oggettiva, non nostra (viene da un Altro); che essa è bella, ordinata, attraente; che è regolata da leggi, non dal caso; che le leggi sono l’invisibile che regola il visibile… Gli scienziati, soprattutto, non possono essere relativisti: credono nell’esistenza di una verità, di una oggettività da studiare e da comprendere (almeno in parte).
Vogliamo attualizzare? Una forma mentis scientifica non può che riconoscere, per esempio, che un feto è vita umana; o che un bambino nasce sempre da un ovulo e da uno spermatozoo, da un uomo e da una donna… se è coerente riconosce che l’esistenza di leggi fisiche fa il paio con l’esistenza di leggi morali. Non dirà mai: “se vuoi buttarti da un ponte, fai pure, io alla legge di gravità ci credo, ma tu sei libero di non crederci…” (così come spesso si sente dire: “per me l’aborto è un omicidio, ma se per te non lo è…”
Come ha scritto Paolo Musso: il pensiero scientifico è oggi “uno dei pochissimi luoghi in cui viene ancora preservato un pensiero che afferma una pretesa di verità, una esigenza di rigore e una apertura alla realtà a cui la nostra cultura ha ormai quasi completamente abdicato”.
I Mendel day saranno un modo, dunque, per ricordare l’adesione dei più grandi scienziati della storia alla fede in un Dio personale e Creatore; e per riflettere anche su altre domande: fino a che punto l’uomo può spingersi nel dominio della natura? Perché, come scriveva il grande biochimico E. Chargaff, riferendosi alle tecniche di fecondazione extracorporea e alle possibili manipolazioni genetiche, è razionale, scientifico, cristiano, umano pretendere, “come minimo, che le scienze naturali non snaturino la natura, non disumanizzino l’uomo”.
Se tante associazioni diverse sparse in Italia, facessero negli stessi giorni un Mendel day, tutte insieme, sarebbe un gran bel segnale culturale. Ognuna con il suo simbolo, sotto un unico grande ombrello, per una volta all’anno. da: Il Timone, gennaio 2013