L’Inghilterra decide il ritorno al nucleare ma ai paesi poveri l’energia a buon mercato viene negata, devono puntare sulle energie alternative. Il ripetersi di tragedie che ruotano intorno al fenomeno dell’emigrazione solleva una serie di questioni.
Tranne quella centrale: chi sono i colpevoli della povertà del Terzo Mondo?
“Niger, ritrovati i resti di 87 migranti. Morti nel deserto, tra loro 48 bambini“, così titolava Repubblica il 30 ottobre scorso, solo poche settimane dopo la tragedia di Lampedusa. Le vittime di questo ultimo episodio fuggivano dal Niger come riportato nello stesso articolo su Repubblica:
I migranti, un centinaio, erano partiti dal Niger, prima da Agadez e quindi da Arlit, a bordo di due vecchi camion, con passaggi pagati a caro prezzo….
Il Niger è uno dei paesi più poveri al mondo, in preda a ricorrenti crisi alimentari e per questo interessato da una forte emigrazione. Ma la strada per l’Algeria, tuttavia, non è così battuta come quella che porta in Libia, dove l’ufficio di coordinamento degli Affari umanitari dell’Onu a Niamey ha stimato siano emigrati illegalmente in circa 30mila tra il marzo e l’agosto del 2013 passando da Agades, la metropoli a nord del Niger.
C’è qualcosa però che proprio non torna in quest’analisi, il Niger non è uno dei paesi più poveri al mondo, è uno dei paesi più impoveriti al mondo, il che fa una grande differenza, per scoprirlo basta semplicemente Wikipedia:
L’economia del Niger è una delle più povere fra quelle degli stati che fanno parte del “terzo mondo” ed è basata sulla pastorizia e sull’agricoltura; a queste si sta affiancando lentamente l’industria mineraria ed in particolare l’estrazione e l’esportazione dell’uranio…
Fra le principali risorse minerarie del paese si trovano l’Uranio, il carbone, il ferro, i fosfati, l’oro e il petrolio. L’industria è ancora agli inizi; attività prevalenti sono quella mineraria e quella manifatturiera.
Il Niger è il quinto paese al mondo per l’estrazione dell’uranio (circa 3243 tonnellate l’anno), ad opera della multinazionale francese AREVA.
La moneta del Niger è il franco CFA, che nel 2005 aveva una parità con il dollaro statunitense di 525,85.
Il suo PIL a parità di potere d’acquisto è di 807 dollari pro capite (2012)[4], uno dei più bassi del mondo, mentre l’inflazione è del 3% annuale (2002).
Il Niger ha un debito pubblico estero di 1.600 milioni di dollari (2002).
Come è dunque possibile che si fugga per la povertà da un paese che è il quinto al mondo per l’estrazione dell’uranio e che ha giacimenti di petrolio e miniere d’oro?
Il motivo, che con un elementare ragionamento è evidente a tutti, sta nel fatto che che queste risorse naturali sono sottratte alla popolazione locale e dirottate verso altri soggetti che ne ricavano immensi profitti. Il meccanismo si basa sull’azione congiunta della Banca Mondiale (WB) e del Fondo Monetario Internazionale (IMF) che mediante un sistema di prestiti inestinguibili impongono condizioni finalizzate a perpetuare questo stato di cose, i debiti infatti si ritiene che siano garantiti esportando tutte le risorse per avere in cambio dollari e svalutando le monete locali rendendo di fatto queste esportazioni una svendita del patrimonio nazionale. L’altra imposizione di questi soggetti internazionali, conseguente alla creazione ad arte di un forte debito pubblico, è l’eliminazione del welfare accompagnata a tagli su ogni settore (ci ricorda qualcosa?).
L’altra parte della manovra di mantenimento programmato dello stato di povertà sono le politiche energetiche conseguenti all’allarme climatico dell’AGW, politiche che negando l’energia a buon mercato ottenibile dai combustibili fossili condannano il Terzo Mondo alla miseria, una misura di questo è possibile averla dalle immagini visibili dalla spazio (fare un click sull’immagine per ingrandire):
Immagine NASA
Al centro della zona oscura è proprio il Niger:
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L’oscurità che copre il territorio dei paesi poveri stride con le risorse energetiche di cui dispongono, il sottosviluppo è di fatto uno sviluppo negato da forme di neocolonialismo che viene nascosto dietro le politiche di ‘sviluppo’ imposte da WB e IMF alle quali si aggiunge la negazione dell’energia elettrica giustificata con il divieto di impiegare i combustibili fossili sancito dalla proposta presentata al vertice sul clima di Copenhagen del 2009 che fece gridare allo scandalo il rappresentante dei paesi poveri:
…volendo sovvertire il processo post-Kyoto, i paesi industrializzati hanno effettivamente voluto ignorare le emissioni storiche e, bloccando in politiche che consentono ad ogni cittadino di quei paesi di andare avanti emettendo di gran lunga una gran quantità di carbonio per anno rispetto ad ogni cittadino dei paesi poveri, impedirebbero a molti paesi africani di sollevare la loro popolazione dalla povertà.
Non ha sufficienti centrali elettriche a petrolio il Niger produttore di petrolio, e men che meno centrali nucleari ci saranno per il Niger produttore di uranio.
Il petrolio del Niger alimenta altre economie e così anche il suo uranio, e mentre si chiede all’Africa di avere un’economia senza emissioni di CO2 e senza l’elettricità del nucleare l’economia della tecnologica Inghilterra dichiara antieconomiche le fonti di energia alternative:
Abbiamo bisogno di rivedere alcuni dei regolamenti ambientali e tasse che spingono verso l’alto le nostre bollette. Sappiamo tutti chi le ha generate.
L’Inghilterra dunque per il suo sviluppo economico non può fare a meno di nuove centrali nucleari come dichiarato in questi giorni da fonti governative e riportato dalla BBC:
Il governo stima che con la nuova potenza nucleare – tra cui Hinkley – la bolletta energetica media nel 2030 sarà di £ 77 inferiore a quello che sarebbe stata senza i nuovi impianti.
Alla luce di quanto visto intollerabile appare dunque l’ipocrisia di chi piange le vittime dell’emigrazione concentrandosi solo sulla parte finale di quei drammatici viaggi e non denuncia questo stato dei fatti, il riferimento è non solo alla stampa ma soprattutto alle istituzioni politiche che volgono lo sguardo lontano dalle responsabilità di chi genera miseria e disperazione concentrandolo invece sulle norme da applicare una volta che i disperati giungono sulle nostre coste.
Perché ad esempio una personalità come il Presidente della Camera dei Deputati, l’On. Laura Boldrini, ex addetto stampa della FAO nonché ex portavoce dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (UNHCR), che certamente nella sua lunga carriera ha visto e compreso lo stato dei fatti si limita a criticare le norme sull’immigrazione e non denuncia le politiche neo coloniali che generano la miseria da cui i migranti fuggono?
Se il Presidente della Camera dei Deputati lo ritenesse utile potrebbe trovare un interessante promemoria di quanto esposto in questo articolo nell’intervista che rilasciò nel 2009 il missionario padre Giulio Albanese:
Quando potremo sentire dall’Onorevole Boldrini, dai funzionari dell’ONU e dai leader dei paesi industrializzati le parole di padre Albanese, allora per l’Africa ci sarà una speranza.
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