di Vittorio Leo
<<Nella cultura del provvisorio, del relativo, molti predicano che l’importante è “godere” il momento, che non vale la pena di impegnarsi per tutta la vita, di fare scelte definitive, “per sempre”, perché non si sa cosa riserva il domani. Io, invece, vi chiedo di essere rivoluzionari, vi chiedo di andare contro corrente; sì, in questo vi chiedo di ribellarvi a questa cultura del provvisorio, che, in fondo, crede che voi non siate in grado di assumervi responsabilità, crede che voi non siate capaci di amare veramente. Io ho fiducia in voi giovani e prego per voi. Abbiate il coraggio di “andare contro corrente”. E abbiate anche il coraggio di essere felici>>.
Lo aveva già fatto capire alla GMG di Rio e poi all’incontro con i giovani ad Assisi, il Santo Padre, che il pericolo della “cultura del provvisorio” sarebbe stato uno dei grandi temi del suo Pontificato. In un certo senso è il consequenziale sviluppo della “dittatura del relativismo” coniata da Benedetto XVI e che anche Francesco ha richiamato più volte in discorsi e omelie.
Ciò che accomuna i due Pontefici è la sfida a chi ritiene che nulla esista di stabile e permanente, ma tutto sia relativo ai tempi, ai luoghi e alle circostanze.
E’ la logica relativista che ha reso l’amore un bene di consumo, un abito da cambiare a proprio piacimento.
E’ un’ideologia brutale che dopo aver sradicato dai popoli il sentimento religioso e comunitario adesso vuole eliminare, cominciando a impoverirlo dall’interno, l’istituto matrimoniale e la famiglia, l’unica possibile, quella fondata dall’unione tra un uomo e una donna.
Anche il concetto di amore è svuotato del suo contenuto, ridotto a puro sentimentalismo e attrazione fisica.“ Non dimenticate- ricordava Benedetto XVI,all’incontro con i giovani fidanzati dell’11 settembre 2011- poi, che, per essere autentico, anche l’amore richiede un cammino di maturazione: a partire dall’attrazione iniziale e dal “sentirsi bene” con l’altro, educatevi a “volere bene” all’altro, a “volere il bene” dell’altro. L’amore vive di gratuità, di sacrificio di sé, di perdono e di rispetto dell’altro”.
Ciò che allontana le nuove generazioni, oggi più di ieri, da una scelta definitiva è quel “per sempre”, quell’abbandono fiducioso ad un’altra persona con la quale percorrere non un pezzetto di strada ma l’intero cammino della propria vita.
Nel 2011,in Italia, secondo un report dell’Istat, benché il numero di separazioni e divorzi sia rimasto sostanzialmente stabile, i tassi di separazione e di divorzio in rapporto al numero di matrimoni hanno continuato il trend in ascesa che ormai si registra da 15 anni. L’interruzione dell’unione coniugale riguarda sempre di più anche i matrimoni di lunga durata e le coppie miste.
La durata media del matrimonio è di 15 anni per le separazioni e 18 anni per i divorzi. La decisione di lasciarsi riguarda sempre di più anche i matrimoni di lunga durata: rispetto al 1995 le separazioni decise dal venticinquesimo anno di matrimonio in poi sono cresciute di due volte e mezzo.
La cultura del provvisorio sta lacerando profondamente il corpo sociale. Non stupisce che il magistero dei Pontefici, a partire dal postconcilio, si sia indirizzato sempre più verso un’attenta pastorale familiare, anche se quest’ultima non sempre è stata recepita correttamente dal clero locale.
Come ci ricorda Papa Francesco, qualsiasi scelta noi facciamo, che sia formare una famiglia, rispondere ad una chiamata al sacerdozio o alla vita contemplativa, deve essere quella definitiva che ci permette di realizzare pienamente la nostra vita.
Eppure abbiamo paura di “armonizzare” il tempo a nostra disposizione con il tempo di Dio, abbiamo paura di quel Sì che cambia la nostra vita. Certo il Santo Padre non nega le difficoltà, in un momento economico estremamente difficile, per le giovani coppie. Il Papa chiede cuori giovani e generosi capaci di andare contro corrente: anche se non lo dice esplicitamente, a mio avviso qui il riferimento del Santo Padre è alla riscoperta di un cultura di segno contrario rispetto alla provvisorietà, che è il lascito più cospicuo della rivoluzione culturale del ’68.
Alle famiglie convenute a Roma il 26 e 27 ottobre 2013 per l’Anno della Fede il Papa ha indicato con quale spirito affrontare il viaggio: «Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita». «Gli sposi in quel momento non sanno cosa accadrà, non sanno quali gioie e quali dolori li attendono. Partono, come Abramo, si mettono in cammino insieme. E questo è il matrimonio! Partire e camminare insieme, mano nella mano, affidandosi alla grande mano del Signore». Questo «mano nella mano» è per «sempre e per tutta la vita! E non fare caso a questa cultura del provvisorio, che ci taglia la vita a pezzi!».