Proponiamo un ulteriore articolo di approfondimento sulla politica, questa volta in merito a “Fratelli d’Italia”.
di Paolo Maria Filipazzi
Io, da cattolico, sostengo Fratelli d’Italia. Premetto un paio di precisazioni.
La prima: la Chiesa non ha il diritto, bensì il dovere, di fronte alla società di cui costituisce parte integrante, di levare alta la voce in difesa dei principi non negoziabili e di ammonire i cattolici ad orientare le proprie scelte politiche alla difesa dei medesimi. D’altro canto, la determinazione della lista che meglio difenda (o meno danneggi…) tali principi spetta alla coscienza del singolo cattolico nella libera assunzione delle proprie responsabilità. Ovviamente preti, vescovi e cardinali sono cittadini italiani con pari diritti, quindi se il cardinal Bagnasco vuole fare endorsement (per dirla all’anglosassone) per Mario Monti faccia pure, ma si tratterà della legittima e rispettabile opinione di un cittadino elettore come un altro, per nulla vincolante per il singolo fedele.
La seconda: posto come assodato che a sinistra sta il nemico, e che il centro è solo quella cosa che serve a raccogliere voti a destra per portarli a sinistra, resta da dare uno sguardo obbiettivo allo schieramento correntemente definito come “destra” o “centrodestra”. Per quanto la linea politica dello schieramento guidato da Silvio Berlusconi in materia di principi non negoziabili sia stata, realisticamente parlando, “il male minore”, a livello culturale il cosiddetto “berlusconismo” si è caratterizzato per la promozione massiccia, attraverso anche l’armata mediatica del leader, di un modello antropologico votato all’individualismo sfrenato. Un modello che, incarnato perfettamente da Berlusconi stesso, si è progressivamente diffuso, intaccando progressivamente nell’elettorato la sensibilità proprio a quei temi in nome dei quali molti cattolici hanno negli anni contribuito alle vittorie del centrodestra. In parallelo a quell’erosione sono gradualmente emerse e si sono rafforzate posizioni laiciste fra gli esponenti del Popolo della Libertà, sicchè oggi anche quel partito comincia ad avvicinarsi sempre più all’invotabilità.
Dunque, Fratelli d’Italia. Con la nascita del nuovo partito torna quell’idea affascinante della militanza politica nata dalla tensione ideale, affrontata con spirito di servizio e, se necessario, di sacrificio, che è propria della tradizione della Destra italiana e della lunga storia delle sue sigle giovanili, una storia di cui Giorgia Meloni è prodotto esemplare. Un approccio affascinante, lontanissimo dal gelido ed asettico stile manageriale che ha prevalso in questi anni e, almeno a mio modesto avviso, molto simile a quella definizione della politica data dal servo di Dio Paolo VI come la più alta forma di carità.
Attorno a questa idea di militanza, Fratelli d’Italia, lungi dall’essere una sorta di revival vetero-missino, riunisce tanti esponenti nazionali e locali e militanti provenienti da storie politiche diverse. Chi milita in Fratelli d’Italia non sta difendendo questa o quella posizione sulla base di sondaggi/indagini di mercato su quale sia il prodotto che la clientela desidera, ma porta convintamente con sé una visione del mondo. E questa è già una credenziale di cui difettano in buona parte pressoché tutti i cosiddetti “grandi“ partiti.
E passiamo al programma, esposto nel documento “Le sfide per l’Italia”. Si legge nel cappello introduttivo: “Pretendiamo che la politica torni a essere impegno civico, passione per le idee e la loro affermazione, volontà di costruire un modello sociale compatibile con i principi per cui ci si batte. Cerchiamo il confronto, ma non nascondiamo le differenze in ossequio ad un relativismo etico che annulla le identità.” E già l’idea di un partito che combatta il relativismo scalda il cuore, così come l’aperto richiamo, poco più in là, alle culture del popolarismo e del liberalismo cattolico fra le radici valoriali e culturali. Si parla poi di “Tutela della natalità e delle famiglie”(punto 11), in cui si denunciano “un’emergenza sociale che metta in crisi il diritto alla vita nel presente e nel futuro” e gli “ostacoli che le coppie devono affrontare per conquistare la possibilità di essere genitori”, prendendo un solenne impegno: “Intendiamo promuovere con decisione la natalità e sostenere la coppia nell’importante compito educativo, per restituire alle giovani generazioni il “diritto al futuro”.” Fra le diverse misure prospettate a tal proposito spicca a mio avviso: “Piena applicazione della legge 194 sull’aborto, finora inapplicata nella parte che tenta di rimuovere le cause economiche e sociali che portano a rinunciare alla maternità.”. Anche se la legge infame non viene messa in discussione, finalmente non si parla dell’aborto come di una fulgida conquista di civiltà, ma si affronta la necessità di rendere effettivi gli strumenti giuridici volti a scongiurarlo. Come cattolico, comincio a sentire aria di casa. E mi conferma in questa convinzione la notizia dell’adesione di Giorgia Meloni al Manifesto del Forum delle Associazioni Familiari “Più famiglia oggi, più Italia domani”, adesione non scontata.
Ma mi sento a casa anche quando prospettando “La Rivoluzione del welfare” (punto 9) si afferma: “Il modello assistenzialista è sbagliato, non risolutivo e non più sostenibile. Applicare il principio di sussidiarietà non solo significa mettere il cittadino al centro delle scelte, orientando le politiche sociali nella giusta direzione, ma soprattutto liberare energie, anche economiche, trascurate, con un circolo virtuoso che vede protagonisti il settore pubblico, quello privato e il non-profit”, riaffermando quel principio di sussidiarietà che è centrale nella Dottrina Sociale e nell’ elaborazione del cattolicesimo politico almeno fin dai tempi di Leone XIII e don Luigi Sturzo. Promette bene anche l’impegno a “Difendere la specificità della nostra economia” (punto 6), con particolare attenzione alle “piccole e piccolissime imprese”.
Insomma, un ottimo programma, presentato da un partito di persone serie, oneste e credibili. Per questo, da cattolico, voterò Fratelli d’Italia.