di Francesca Castellaneta
Può un Vescovo togliere l’insegnamento della religione cattolica ad un docente con più titoli degli altri, a un cattolico fedele alla Chiesa, assiduo alla preghiera, ai sacramenti, sposato con sei figli? Può far relegare quell’insegnante al ruolo di bidello in una biblioteca, a ritirare carte o a dare indicazioni agli alunni sugli orari della didattica, raddoppiando le sue ore di lavoro? Può umiliarlo così nella sua vocazione, che è quella di trasmettere ai ragazzi, nel rigoroso rispetto del Magistero del Santo Padre e della dottrina cattolica, la sua fede e la sua cultura? Può una Diocesi scrivere che quell’insegnante viene rimosso per “carenze pedagogiche e didattiche”, nonostante il fatto che personalità della cultura e della Chiesa Cattolica (tra cui Padre Giovanni Cavalcoli, già Officiale della Segreteria di Stato della Santa Sede) siano intervenuti a suo sostegno e che almeno tre dei suoi alunni abbiano manifestato la volontà di entrare in Seminario?
Sì che può. Nonostante il prestigioso premio “Attilio Mordini” ricevuto dal Professore dall’ Associazione Europea Scuola e Professionalità docente (Aespi) nel 2008, nonostante il premio Vaticano “Giuseppe Sciacca” che tre mesi dopo la rimozione gli veniva attribuito dal Cardinale Castrillon Hoyos con la seguente motivazione: “Docente di straordinaria perizia e qualità pedagogiche, ha dato impulso alla diffusione di una sana cultura teologica e storica, scevra da compromessi ideologici e unicamente orientata a superiori finalità spirituali nel rispetto della verità oggettiva, secondo il perenne insegnamento del Magistero della Chiesa”, nonostante l’apprezzamento e la benedizione di Papa Bendetto XVI che conserva nel suo studio privato più d’un libro pubblicato dalla casa editrice che Zenone dirige.
È accaduto a Giovanni Zenone, il quale, oltre che insegnante, è direttore di “Fede & Cultura”: 280 titoli pubblicati negli ultimi sette anni, per diffondere nell’intero Paese gli insegnamenti cristiani. Tra questi, uno degli ultimi s’intitola “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio”, di Danilo Quinto. Il libro, con prefazione di Mons. Luigi Negri, è uscito a settembre e sta riscuotendo un grande successo. Nel mese di ottobre, il Vescovo di Verona, Mons. Giuseppe Zenti, ha confermato alla madre di Zenone la decisione presa due anni fa di estromettere suo figlio dall’insegnamento. Non sono bastati due anni di “espiazione” oppure sono sopraggiunti nuovi motivi? Magari proprio la pubblicazione del libro di Quinto? Potrebbe essere, considerato il numero di “amici” che i radicali annoverano dappertutto, anche tra i cattolici e gli ecclesiastici.
Finora, Zenone ha ubbidito alla decisione, in silenzio. Non si è ribellato. Ha fatto ricorso al Vescovo ed è stato respinto. Ha sofferto, certo, soprattutto sul piano esistenziale. “Mi hanno sottratto, con una motivazione paradossale, una parte essenziale della mia vita – racconta – quella legata al dialogo con i ragazzi, al mio desiderio d’insegnare e di concorrere, per quel che posso, alla loro formazione umana e spirituale, alla loro crescita personale”. Mentre i militanti di ideologie secolarizzate e anticlericali minacciano e cercano di condizionare gli insegnanti di religione, la Diocesi di Verona toglie l’idoneità all’insegnamento proprio ad un docente che con coraggio e competenza ha educato gli studenti alla conoscenza della religione cattolica e fa un’opera apologetica di portata nazionale. Zenone ha sofferto anche perché ha dovuto sottrarre numerose ore quotidiane alla sua famiglia, a sua moglie e ai suoi figli e al suo lavoro di editore, rischiando di mettere in una grave crisi economica questa realtà.
È inspiegabile lo zelo e la durezza con cui alcuni funzionari della Diocesi di Verona si sono accaniti contro Giovanni Zenone, senza prendere in alcuna considerazione le numerose eccezioni giuridiche e procedurali presentate dal suo legale Abbondio Dal Bon. “Non mi resta – sostiene Zenone – che procedere con un ricorso canonico alla Santa Sede e uno civile per contrastare e respingere quella che appare come una gravissima ingiustizia. Non vorrei farlo, perché autori di quest’ingiustizia sono uomini della mia amatissima Chiesa, ma le parole di Gesù Cristo sono chiare. Egli è venuto al mondo per restituire all’uomo la possibilità della vera libertà e della verità. È questa l’essenza dell’essere cristiani. Costi quel che costi”. Vedremo come questa storia andrà a finire. Per ora, appare come una storia di persecuzione, incomprensibile e deleteria per l’immagine e l’identità di una Diocesi intera.
dura lex sed lex
Romani ci risparmi le sue sciocchezze
inizi lei a dare esempio di parsimonia.
dove manca di parsimonia la sig.ra lorenzat, professor romani?
nel dire sciocchezze,
tipo quali, mi scusi?
le stesse che ,a suo dire, dico io.
Dal Vescovo di Verona non mi meraviglia… andate a vedere la stutuina che hanno messo nella cappella degli Stimmatini di Sezano, diocesi di Verona…