Il tema della ricerca di Dio è sempre più attuale. Nonostante l’immensa pervasività del mondo economico-finanziario nella vita di tutti i giorni, la domanda di senso affiora e fa capolino ovunque, così come la parietaria cresce tra i fitti sassi del muretto non appena può, cioè appena trova un po’ di terra tenera.
La natura dell’uomo, infatti, è rapporto con l’infinito e il valore dello spread di oggi la lascia assolutamente indifferente.
Margherita Hack sembra avere idee chiare su questo tema. Recentemente, invitata all’Istituto religioso Euromediterraneo, ha ribadito la sua posizione: “L’idea di Dio nasce per spiegare ciò che la scienza non sa spiegare. La scienza dice cosa sono le stelle, come funzionano. Sappiamo ricostruire un album di famiglia dell’universo ma non sappiamo dire perché sia fatto così. Ed ecco che è stato inventato Dio. Dio è comodo, troppo comodo. Ma è un’idea infantile, come Babbo Natale”. A seguire i soliti applausi. Non si sa perché.
Vorrei analizzare la sua tesi, ormai logora, proponendo prima un paio di questioni e poi una riflessione.
Inizio con la prima domanda: “perché mai gli uomini, vedendo che continuano a scoprire cose nuove, una dopo l’altra, dovrebbero inventarsi un Dio Creatore di tutto, piuttosto che attendere fiduciosi i prossimi successi della Scienza?”
Se, cioè, abbiamo chiarito cosa sono le stelle, se abbiamo descritto la loro reazione termonucleare, se ancora siamo in grado di metterle in fila, dalle nebulose ostetriche alla sequenza principale, dalle giganti rosse alle nane bianche (“l’album di famiglia dell’Universo”) perché mai l’uomo moderno, colto e tecnologico, non dovrebbe sedersi soddisfatto e dire a se stesso: andiamo avanti così, di scoperta in scoperta, senza farci illusioni?
Non c’è una contraddizione tra la gratificante sequenza di scoperte e l’intuizione di Dio?
Se dunque gli scienziati (Newton, Copernico, Keplero, Einstein, Mendel, Maxwell, Fermi, Rubbia, Zichichi, Rossi, Canobbio, ecc…) formulano l’ipotesi di Dio, lo fanno in un contesto di conoscenze e non di ignoranze. Avranno i loro motivi per farlo: perché ritenerli tutti bambini incapaci di parlare e di pensare?
La cosa deve far riflettere perché porta a conclusioni opposte a quelle riferite dalla Hack: sono le nostre scoperte che ci avvicinano a Dio e non il nostro bisogno di capire.
Proseguo con un’altra domanda.
“E’ un’idea infantile…” dice la Hack, ma, mi chiedo: “Tra le due ipotesi: il Mondo inventato da una Mente Superiore e il Mondo fattosi da solo, qual è la favola più grande?”
Altro che Babbo Natale! Quello almeno porta i doni ai bambini per stupire e diffondere gioia, ma… un Mondo Ordinato che sorge spontaneamente dal nulla e che si evolve in 13,7 miliardi di anni formando il lago di Garda e le Dolomiti, le barriere coralline e il tramonto sul mare, gli occhi dei bambini e il genio di Mozart, i fiori del campo e le sequoie giganti della California, il ciclo dell’acqua e la fotosintesi clorofilliana…
Credere che tutto questo si sia fatto da solo non è infinitamente più folle di tutte le nostre fiabe?
Come si fa a pensare che anche solo una delle nostre cellule possa autoassemblarsi a partire da miliardi di molecole possibili con altrettante infinite combinazioni?
La Hack continua a dire: “dalla zuppa primordiale a me i passaggi sono tutti materiali”. Ma perché la materia dovrebbe produrre un essere cosciente come me per poi farlo precipitare nel nulla, dopo avergli fatto assaporare la consapevolezza unica dell’esistere?
Non conosco proprietà materiali della materia capaci di ordinare tanto.
Concludo ora con la riflessione.
Dio è la spiegazione necessaria di ciò che esiste così come esiste. La complessità irriducibile dei fenomeni materiali che la Scienza descrive trascende a tal punto la natura dei suoi costituenti da richiedere una Finalità ordinatrice e causale, pena la contraddizione.
In parole semplici: la retina e il cristallino non vedono, ma l’occhio collegato al cervello sì.
Perché mai l’occhio dovrebbe essere fatto così com’è e per di più collegato al cervello, quando le combinazioni possibili dei suoi “pezzi” sono molteplici ed equiprobabili?
Da quali proprietà cellulari dovrebbero mai scaturire queste architetture complesse e scelte tra tutte le possibilità?
Insomma: le componenti della vista possono darsi da sole ciò che non hanno?
E ovviamente l’esempio dell’occhio è certamente quello più sfruttato nelle letteratura classica ma si tratta solo di un particolare; si pensi ai cicli della biochimica cellulare, si pensi alla relazione tra la respirazione e la fotosintesi, si pensi ad ogni singolo apparato del nostro corpo o alle reti ecologiche, o ancora a tutta la sinergia dell’intera biosfera.
La Scienza contemporanea avvicina sempre di più la ragione indagatrice all’ipotesi di una Mente superiore nella misura in cui svela un’organizzazione della materia “fine tuned”, che non può darsi da sola per il semplice fatto, scontato, che i protoni, i neutroni e gli elettroni non sono intelligenti.
Dio è l’intuizione della mente di fronte all’intelligenza della materia che, inizialmente uniforme, infinitamente densa e calda, si è raffreddata lentamente, si è espansa in modo controllato, si è organizzata in galassie e pianeti e, su uno di questi, la Terra, un punto azzurro e caldo immerso nel gelido spazio, è diventata il sorriso e il pianto del neonato, che ci intenerisce e ci fa toccare il Suo Mistero.
La materia primordiale, fatta di particelle subatomiche e governata dalle quattro forze fondamentali, si arricchisce progressivamente di qualcosa che non ha, l’ informazione, al punto tale da diventare cosciente.
Trovo che l’idea di Dio sia terribilmente adulta. Frutto di sguardi, di pensieri, di ragionamenti, di sensazioni, di esperienze di bellezza e di progetto.
Negare Dio coscienziosamente e a ragion veduta significa invece, per quanto capisco, precipitare tutta la realtà nel “non senso”.
Verrebbe da ribaltare la posizione della Hack, affermando: “E’ troppo comodo rifiutare Dio come la spiegazione di ciò che non si sa”.
L’idea di Dio, in effetti, continua ad intrigarmi, sia per ciò che so, che per ciò che non so.
Vorrei concludere con le parole di Richard Swinburne, Professore di Filosofia ad Oxford: “Io non nego che la scienza spieghi, ma presuppongo Dio per spiegare perché la scienza spiega.”
E infine voglio ricordare la provocazione di Antonino Zichichi, che rovescia la posizione corrente: “L’ateismo è un atto di fede. Infatti non si fonda su nulla che abbia a che fare con la Scienza. La Logica del Mondo, scoperta da Galilei, e la sua matematizzazione sono la prova che il Mondo è stato fatto da una Mente Superiore”.
Come a dire: sono gli atei che hanno fede, non i credenti!
Il problema giralo e rigiralo come vuoi si riconduce tutto alla causa prima. E tutta la teoria della fisica, dal big bang alla relatività, riconduce sempre più da vicino alla posizione di non poter eludere la questione della “Causa prima”.
Diversamente il secondo principio della termodinamica esclude scientificamente la posizione secondo la quale il caso non genera l’ordine ed il caos è sempre globalmente in aumento (entropia) nell’universo. Gli scienziati atei negano implicitamente anche il 2° principio della termodinamica.
La posizione della Hack è una posizione oltremodo stupida semplicemente perchè il suo ragionamento è mal posto, ma così mal posto senza nesso logico che denota una ingenuità d’intelletto quasi infantile (senza offesa, ma è così) che non dovrebbe addirsi ad uno scienziato, che di solito è una persona dotata di un certo intelletto. Eppure non si capisce perchè la gente applaude.
La questione è molto, ma molto semplice: o si accetta il Mistero, o si accetta l’assurdo. Da fisico ritengo più ragionevole accettare il Mistero.
“E’ un’idea infantile…” dice la Hack, ma, mi chiedo: “Tra le due ipotesi: il Mondo inventato da una Mente Superiore e il Mondo fattosi da solo, qual è la favola più grande?”
la zuppa primordiale se l’e’ mangiata e le ha dato alla testa.
Se a 90 anni (s)ragiona ancora così possiamo solo pregare per lei….
ma perche’ gli scienziati possono fare i preti e i preti non possono fare gli scienziati?
Ancora alcune osservazioni: ogni scienziato credente o non credente applica nello studio il metodo galileiano. Se dopo osservazione, formulazione ipotesi, soddisfa i requisiti di ripetibilità, si elabora la teoria, che è vera fino a controprova. Se un esperimento a distanza di tempo non regge a quest’ipotesi non significa che essa sia sbagliata ma semplicemente che la teoria è incompleta (es: gravitazione secondo Newton e secondo Einstein)
Ora dal momento che Dio è eventualmente una ipotesi assoluta, non capisco come faccia la Hack a sostenere l’assolutezza della sua non esistenza. E’ una contraddizione marchiana per una che dice di agire con spirito scientifico.
La cosa che non ho mai capito del suo ragionamento controverso e banale è che non accetta neppure minimamente mettere in discussione la possibilità del suo contrario cioè la possibilità dell’esistenza di Dio.
Paradossalmente uno spirito esattamente antiscientifico.
Da qui in poi ognuno credente o non credente può giudicare umanamente la ragionevolezza o la stupidità di una tale posizione. E’il peccato di superbia.
Ma da credente, perà vado oltre e mi chiedo se nel momento della morte, nella sua dimensione non più terrena, cosa proverà stupore, vergogna, paura, terrore… di fronte al Giudizio, per un simile atteggiamento…scoprendo che aveva torto….e non a messo nemmeno in discussione il fatto di poter aver torto.
Il commento di Legolas coglie nel segno. Costoro dubitano di tutto ad eccezione della loro superstizione ateistica monolitica, granitica e radicale.