Da alcuni decenni i predicatori non ne parlano più, nemmeno nelle omelie dei funerali: il Purgatorio, però, rimane una delle grandi verità di fede che ogni cattolico deve credere per salvarsi. In questo articolo, data l’attuale difficoltà per i fedeli di reperire informazioni adeguate, proverò a fornire qualche coordinata essenziale sul tema.
In via preliminare va detto che ogni nostro peccato comporta non solo l’elemento della “colpa”, ma anche l’elemento della “pena”. Cioè ogni nostro peccato (colpa), anche veniale, porta necessariamente con sé la sua pena, il castigo dovuto per quel peccato. Questa pena può essere di due tipi: ai peccati mortali consegue una pena eterna (l’Inferno), mentre ai peccati veniali consegue una pena temporale. La pena temporale consiste in un certo quantitativo di sofferenza che è possibile scontare in due diversi modi: qui sulla terra, oppure in Purgatorio.
Naturalmente la pena eterna (legata al peccato mortale) può esserci rimessa: questo accade quando, sinceramente pentiti, chiediamo perdono a Dio nel Sacramento della Confessione o, se questo è momentaneamente impossibile, con un atto di contrizione perfetta unito al proposito di confessarsi al più presto. Quando il peccato mortale ci viene rimesso, la pena eterna viene commutata in pena temporale, come per i peccati veniali.
Bisogna infatti tenere presente che, anche nel confessare i peccati veniali, possiamo sempre essere certi che il buon Dio ci perdoni e rimetta la colpa, ma non che ci rimetta tutta la pena temporale dovuta per quei peccati. Una parte della pena temporale, infatti, rimane spesso da scontare anche dopo la Confessione, anche se Dio ha già realmente e pienamente perdonato i nostri peccati.
Quindi, in sintesi: un’anima che vive in grazia di Dio, confessandosi regolarmente, di certo ha ottenuto, quanto alla colpa, la remissione completa di tutti i peccati di cui si è pentita; ma non ha necessariamente ottenuto la remissione quanto alla pena temporale con la quale occorre dare soddisfazione alla divina Giustizia. A quell’anima può restare infatti da scontare – a meno che non si tratti di un’anima veramente santa e penitente – una certa pena temporale legata ai suoi peccati veniali e/o ai suoi peccati mortali già confessati; inoltre possono restarle alcuni peccati veniali di cui non ha mai voluto pentirsi, dei quali dunque porta ancora la colpa, oltre alla pena.
La pena temporale viene scontata sulla terra in vari modi: con la penitenza, con la mortificazione, con le sofferenze accettate di buon grado per amor di Dio, con il lavoro e l’impegno quotidiano, con la pratica della carità in tutte le sue manifestazioni, con la preghiera assidua, con la partecipazione frequente ai Sacramenti e al Santo Sacrificio della Messa. Soprattutto, ogni volta che ci accostiamo degnamente al Sacramento dell’Eucaristia riceviamo una certa remissione della pena temporale dei nostri peccati, in misura sempre abbondante, ma anche proporzionata al fervore, alla fede e all’amore con cui riceviamo il Corpo e il Sangue di Gesù (molto importanti, perciò, sono la preparazione prima della Messa e il ringraziamento dopo la Messa, pratiche oggi perlopiù trascurate).
Inoltre è fondamentale la pratica delle indulgenze, parziali o plenarie, che sono dei “condoni” sulla pena temporale che altrimenti dovremmo scontare in Purgatorio: compiendo una certa opera buona a cui la Chiesa ha associato un’indulgenza, si ottiene (oltre al merito di aver fatto quell’opera) anche un merito “aggiuntivo”, tratto dal tesoro infinito dei meriti di Gesù, di Maria e dei santi; questo merito aggiuntivo colma in tutto o in parte (indulgenza plenaria/indulgenza parziale) la pena temporale che avremmo dovuto scontare per i nostri peccati. Attenzione, però: le indulgenze non rimettono la colpa, e tantomeno la colpa grave; esse rimettono solo la pena temporale, mentre la colpa deve già essere stata rimessa con il pentimento e (almeno per il peccato mortale) con la Confessione. Esiste un elenco ufficiale e completo delle opere e delle preghiere “indulgenziate”: si chiama Manuale delle indulgenze (Libreria Editrice Vaticana). Leggendolo si constata che acquistare delle indulgenze, specialmente parziali, è facilissimo: anche solo recitando mentalmente la frase “Gesù mio, misericordia” si ottiene un’indulgenza parziale. Sarebbe illogico, da parte nostra, non approfittare ogni giorno di questa opportunità, in modo da arrivare al termine della vita con moltissime indulgenze guadagnate, e quindi un enorme sconto sulle pene che ci attendono in Purgatorio. Teniamo presente che possiamo guadagnare le indulgenze non solo per noi stessi, ma anche per le anime dei defunti che si trovano già in Purgatorio, in modo da liberarli al più presto da ogni pena.
Ci rimane da parlare del Purgatorio in sé. Al momento della morte di ognuno di noi, come sappiamo, l’anima si separa dal corpo e si trova immediatamente alla presenza di Nostro Signore Gesù Cristo per il Giudizio particolare. Se un’anima si trova in peccato mortale, viene immediatamente precipitata all’Inferno (pena eterna). Se invece un’anima si trova in grazia di Dio, possono verificarsi due casi. Il primo caso, relativamente poco frequente, è che la persona abbia già interamente scontato sulla terra la pena dovuta per i suoi peccati: in questo caso la sua anima viene immediatamente accolta in Paradiso, nel grado di felicità e di beatitudine che ha meritato con le sue opere buone (un grado che ovviamente è diverso per ogni anima, ma per ognuna si tratta di una felicità che da quaggiù non possiamo nemmeno concepire, tanto è grande e perfetta). Il secondo caso, purtroppo molto più frequente, è che ad una persona morta in grazia di Dio rimanga da scontare una certa pena temporale, grande o piccola che sia, che non è riuscita a scontare per intero sulla terra, o anche alcune colpe veniali di cui non ha voluto pentirsi: ecco la necessità del Purgatorio.
In pratica, le anime perfette vanno direttamente in Paradiso; le anime imperfette invece (cioè le anime buone, ma con delle macchie non ancora pienamente purificate) vanno in Purgatorio, per essere purificate e rese perfette. Anche in Purgatorio ci sono infiniti livelli, come per il Paradiso e l’Inferno: si va da un Purgatorio relativamente lieve e che dura pochissimo o poco tempo, a un Purgatorio più severo e lungo (vari decenni o secoli, per dirlo nel nostro linguaggio legato al tempo), fino all’ultimo stadio del Purgatorio, che è praticamente indistinguibile dall’Inferno quanto alla gravità dei tormenti e inoltre, in certi casi estremi, potrà durare persino fino alla fine del mondo.
Ad ogni modo va detto che le pene del Purgatorio sono comunque molto, molto, molto dolorose, anche nei livelli più elevati, dove vengono purificate anime già quasi sante. A giudizio di parecchi teologi, persino la più piccola pena del Purgatorio è più dolorosa della più grande sofferenza che sia possibile patire mentre siamo ancora sulla terra. Se noi sapessimo veramente quanto sono dolorose le pene del Purgatorio, di certo staremmo più attenti a non commettere peccati veniali e tantomeno mortali, anche se poi corressimo subito a confessarci. Infatti anche i peccati che adesso ci sembrano bazzecole e di cui quasi non ci accorgiamo, come ad esempio la mormorazione verso gli altri, un risentimento coltivato più o meno a lungo nel nostro animo, i giudizi, le piccole vanità o permalosità o pigrizie o impazienze, potremmo doverli pagare a caro prezzo in Purgatorio, così come le nostre omissioni o la nostra poca preghiera. Ci conviene davvero purificarci il più possibile quaggiù sulla terra: qui, tra l’altro, le sofferenze che patiamo hanno un valore meritorio e soddisfattorio che le rende particolarmente preziose, in quanto le possiamo accettare liberamente, offrendole a Dio perché le accolga.
I castighi del Purgatorio (come anche quelli dell’Inferno) sono per così dire duplici, in quanto si distinguono in pena del senso e pena del danno. La pena del senso consiste nelle diverse afflizioni positive con cui l’anima viene tormentata, afflizioni che sono di diverso genere secondo una logica di contrappasso per le diverse categorie di peccati commessi in vita. Benché si tratti di afflizioni atroci, la pena del senso è poca cosa se messa a confronto con la pena del danno, che è la vera essenza del Purgatorio. La pena del danno consiste nel fatto di non poter ancora vedere e possedere Dio, quel Dio che tutte le anime purganti ora amano con intensità struggente. Esse, infatti, sono rese consapevoli della vanità di ogni cosa creata e della propria totale dipendenza dal Creatore, al di fuori del quale nulla è degno di essere desiderato. Il vuoto e il dolore causato in loro dal mancato possesso di Dio, anche se temporaneo, è quindi lancinante e indicibile.
In compenso, tutte le anime del Purgatorio, anche quelle che stanno più “in basso” e dunque soffrono di più, sono pienamente rassegnate alla volontà di Dio e anzi si sottomettono volentieri alle loro sofferenze, perché vedono bene che le hanno meritate e che, grazie ad esse, si rendono sempre più degne dell’ingresso definitivo in Paradiso. Le anime del Purgatorio hanno la grandissima gioia di essere assolutamente certe della loro salvezza eterna, e anche di sapere che non potranno mai più offendere Dio nemmeno con il più piccolo peccato veniale. Ameno in questo dovremmo invidiarle!
Ciò che le anime del Purgatorio desiderano più ardentemente, oltre alla visione diretta di Dio, è la preghiera di noi vivi e l’offerta per loro di Sante Messe e di indulgenze: gesti di carità che possono aiutarle moltissimo a purificarsi più velocemente. Queste anime intercedono con grande efficacia a nostro favore, specialmente per quanti a loro volta pregano per esse. C’è anche da dire che le anime dei nostri parenti defunti, o di persone che ci sono state strettamente legate, ci possono senz’altro vedere e seguono con amore la nostra vita, soccorrendoci con le loro preghiere e desiderando il nostro bene e la nostra salvezza.
Una grande grazia di cui godono le anime del Purgatorio è la presenza del loro Angelo custode e le visite di altri Angeli o addirittura di Santi, che possono venire a consolarle e ad alleviare le loro pene, così come le visite della Madonna. Si può ritenere, in particolare, che in occasione delle feste mariane e anche in tutti i sabati dell’anno (il sabato è il giorno della settimana dedicato a Maria), un gran numero di anime del Purgatorio venga liberato per intervento della Madre di Dio, specialmente se i vivi si ricordano di invocarla e di offrire Sante Messe, sacrifici e preghiere in suo onore per i loro defunti.
Rimane ancora da specificare che il Purgatorio è un vero e proprio luogo, non solo uno “stato” o “condizione” come dicono molti teologi troppo razionalisti; inoltre in Purgatorio esiste un vero fuoco, anche se di tipo speciale, cioè capace di agire sulle anime.
Ci sarebbe senz’altro molto da narrare riguardo alle esperienze avute dai Santi e dai mistici con le anime del Purgatorio. Per questo rimando al bellissimo e popolare libretto del gesuita Schouppe intitolato Il dogma del Purgatorio: si può scaricare gratis su internet dal sito www.totustuus.it, previa semplice registrazione gratuita. Fondamentale anche la lettura del Trattato del Purgatorio di Santa Caterina da Genova (1447-1510), famosa mistica e visionaria: un grande classico, che si può facilmente reperire in commercio. Forse, però, oggi la lettura più edificante e chiara risulta essere Fateci uscire di qui! (Edizioni Segno), il libro-intervista realizzato negli anni Novanta dalla mistica austriaca Maria Simma (1915-2004): in questo volume vengono riportate le esperienze e i dialoghi della Simma con le anime del Purgatorio che ogni giorno le apparivano, chiedendo preghiere e fornendo a loro volta preziose informazioni sulle loro sofferenze, sui peccati che le avevano causate, sulla situazione della Chiesa nel tempo presente e su molti altri temi di interesse teologico e spirituale.
Prima di concludere questo scritto con alcune osservazioni di carattere più generale, non si può passare sotto silenzio il cosiddetto “privilegio sabatino”, legato alla pratica dello Scapolare carmelitano. Di cosa si tratta? La Beata Vergine Maria, apparendo molti secoli fa a San Simone Stock e a Papa Giovanni XXII, ha promesso che coloro che porteranno sempre al collo lo Scapolare carmelitano e che la invocheranno quotidianamente (specialmente con la recita del Santo Rosario) non solo non andranno all’Inferno, ma verranno portati in Paradiso da Maria stessa nel primo sabato successivo al giorno della loro morte. Ad esempio, se un’anima muore con lo Scapolare addosso nel giorno di mercoledì, farà al massimo tre giorni di Purgatorio, perché il sabato successivo alla morte verrà condotta in Paradiso dalla Madonna; se muore di venerdì, farà al massimo un giorno di Purgatorio, eccetera. L’efficacia di questa pratica è stata riconosciuta dalla Chiesa e dai Papi varie volte, anche di recente, ed è testimoniata nella vita di molti grandi santi: ad esempio San Giovanni Bosco e Sant’Alfonso Maria de’ Liguori vissero e morirono con lo Scapolare carmelitano addosso. Maggiori informazioni si possono trovare qui.
Abbiamo visto, dunque, che Dio e la Chiesa mettono a disposizione numerosi mezzi (tra i quali il principale rimane sempre la Santa Messa!) per far sì che i cristiani siano il più possibile risparmiati dalle pene del Purgatorio. Questa abbondanza di mezzi di grazia trova il suo autentico fondamento in un dato teologico che viene scarsamente tenuto presente. Richiamo qui la distinzione, fatta all’inizio, tra l’elemento della colpa e quello della pena temporale ad essa legata. Ebbene, con la sua Passione e la sua Morte Cristo non solo ha preso su di sé e cancellato le nostre colpe, ma anche tutte le pene temporali che abbiamo meritato. Gesù ha soddisfatto in modo sovrabbondante qualsiasi debito, anche minimo, che ogni uomo ha contratto con la divina Giustizia.
Purtroppo non siamo più abituati a riflettere seriamente sul seguente fatto: i nostri peccati quotidiani, benché veniali, esprimono una malizia che in qualche modo è abissale e infinita, in quanto costituiscono altrettante offese coscienti e volute a un Dio infinito e infinitamente buono. Se l’iniziativa della riparazione stesse in noi, non avremmo alcuna speranza di sfuggire ai rigori del Purgatorio: a detta dei teologi, un’intera vita passata nelle più aspre penitenze non sarebbe sufficiente nemmeno a colmare il debito costituito da un solo peccato veniale deliberato, come ad esempio una parolaccia o il furto di una caramella. La misericordia del Padre, però, è stata tale da stabilire che la Croce di suo Figlio non solo possa riscattarci dalla colpa e dall’Inferno, ma anche che possa soddisfare in nostra vece ad ogni pena temporale da noi meritata, risparmiandoci in tal modo il Purgatorio. L’opportunità che ci viene offerta è dunque straordinaria: unire le nostre sofferenze a quelle, ben più meritorie, di Gesù, in modo da passare direttamente, nel momento stesso della morte, dalla terra al Paradiso.
Questa è, senza alcun dubbio, la volontà di Dio su ognuno di noi. Ecco perché non dobbiamo ritenere di essere presuntuosi o orgogliosi se speriamo di andare subito in Cielo. Al contrario: se approfittassimo con più fede e perseveranza di tutti i mezzi di grazia che Dio e la Chiesa ci mettono a disposizione, il Paradiso immediato sarebbe il normale esito di qualsiasi esistenza cristiana. Il Sacrificio di Gesù sulla Croce, se ci crediamo davvero, vuole ottenerci proprio questo.
Affinché ciò accada, però, occorre bandire al più presto dalla nostra vita qualsiasi tiepidezza e incredulità, così come qualsiasi sottovalutazione della tremenda realtà del Purgatorio. I sacerdoti, in particolare, hanno lo stretto dovere di catechizzare in modo esplicito i fedeli su questo dogma di fede, trattandone più spesso nelle prediche e insegnando ai fedeli a offrire frequentemente, nel corso della giornata, sacrifici spirituali per le anime purganti. Basterebbe che recitassimo mentalmente, all’inizio di ogni attività anche profana, una piccola giaculatoria, come ad esempio “per le anime del Purgatorio”: oltre al sollievo arrecato ai defunti, avremmo anche reso più “soprannaturale” la nostra vita quotidiana. È poi da rilanciare l’uso di offrire Sante Messe per le anime dei defunti, come anche la pratica, riconosciuta dalla Chiesa, delle Sante Messe gregoriane. Più avremo soccorso, mentre siamo in vita, le anime purganti, più la Provvidenza divina disporrà che siamo a nostra volta soccorsi dopo la morte.
Se Dio ha creato il Purgatorio, non è certo perché goda della sofferenza dei suoi figli. Abbiamo visto che Egli stesso, grazie al Sacrificio di Gesù, ci ha donato diversi modi di evitare questa dolorosa “tappa”. Ma non possiamo illuderci di poter giungere alla visione diretta di Dio, in cui consiste l’eterna beatitudine, senza prima essere stati completamente purificati dal Sangue di Cristo: per vedere Dio, perfettamente puro, dobbiamo essere perfettamente puri anche noi.
Mi sfugge il significato di questo passaggio:
>Ebbene, con la sua Passione e la sua Morte Cristo non solo ha preso su di
>sé e cancellato le nostre colpe, ma anche tutte le pene temporali che
>abbiamo meritato. Gesù ha soddisfatto in modo sovrabbondante qualsiasi >debito, anche minimo, che ogni uomo ha contratto con la divina Giustizia.
Scritto così sembra contraddire quanto detto in precedenza. Se il sacrificio di Cristo ha già pagato ogni nostro debito, che senso avrebbe lucrare indulgenze per sè o per i defunti ?
Addirittura, significherebbe che il purgatorio e l’inferno neppure esistono, o quanto meno sono inutili, visto che già tutto è stato soddisfatto in modo sovrabbondante.
Sono un po’ perplesso …
Se uno muore dopo aver lucrato un’indulgenza plenaria per se stesso, va subito in paradiso? Si possono lucrare indulgenze plenarie per i defunti?
Ottimo articolo, chiaro e ben scritto.
Grazie per questo bell’articolo: sono cose che ogni cristiano dovrebbe sapere, ma in realtà non è più così: spesso anche i preti sono ignoranti in materia visto che nei seminari si preferesci insegnare le eresie di Rahner e combriccola secondo i quali siamo tutti cristiani, almeno anonimi (anche Pannella) e siamo già tutti i salvi. Mi chiedo alla fine chi abbia messo in pericolo più anime: Raher o i radicali?
Quella che poteva sembrare un’ingenua contabilità da parte della Chiesa, tutto sommato, non erai un’usanza così malvagia, fermo restando il desiderio di non voler comunque criticare per partito preso la mentalità ecclesiale post conciliare. La mente semplice e senza schermi mentali – e non solo – necessità spesso della quantificazione numerica per dare spessore a un concetto. Il numero dei giorni, o anni o altro di sconto può certo apparire ingenuo. Tuttavia, nel Purgatorio c’è un certo recupero della dimensione temporale rispetto all’eternità del Paradiso e dell’Inferno, essendoci la dimensione dell’attesa da parte dell’anima che è in stato di purificazione. Si parla, ovvio, in termini umani di una dimensione che ci trascende completamente, ma per me l’usare giorni precisi per le indulgenze serviva bene a rimarcare l’importanza e le proporzioni relative di un gesto o sacrificio spirituale- preghiera, pellegrinaggio o altro, che non è sempre lo stesso per ogni azione che fa lucrare undulgenze. Un conto è una semplice preghiera di fronte a un’immagine sacra, un altro è un pellegrinaggio a piedi verso un luogo santo.
L’utilità della pedagogia del numero è evidente ad esempio nella scuola: quando nelle scuole medie inferiori i voti matematici secchi vennero soppiantati dai giudizi in parole, molti genitori e alunni cominciarono a non capirci più nulla, diventando tutto vago e fumoso.
Ripensandoci, questo riecheggia un po’ la differenza tra i catechismi e i libri di teologia di una volta e quelli attuali: chiari, secchi e precisi i primi, confusi, vaghi e verbosi gli ultimi, con il risultato di annacquare un po’ le verità di Fede di sempre.
Quella che poteva sembrare un’ingenua contabilità da parte della Chiesa, tutto sommato, non era un’usanza poi così malvagia, fermo restando il desiderio di non voler comunque criticare per partito preso la mentalità ecclesiale post conciliare. Una mente semplice e senza schermi mentali – e non solo – necessità spesso della quantificazione numerica per dare spessore a un concetto. Il numero dei giorni, o anni, o altro di sconto della pena può certo apparire ingenuo. Tuttavia, nel Purgatorio c’è un certo recupero della dimensione temporale rispetto all’eternità del Paradiso e dell’Inferno, essendoci la dimensione dell’attesa da parte dell’anima che è in stato di purificazione. Di fatti, il Purgatorio è destinato a finire alla fine del mondo, per cui in qualche modo ha una sua “durata”, sia per le singole anime che nell’escatologia collettiva. Si sta parlando, ovvio, in termini umani di una dimensione che ci trascende completamente, ma per me l’usare giorni precisi per le indulgenze serviva comunque bene a rimarcare l’importanza e le proporzioni relative di un gesto o sacrificio spirituale- preghiera, pellegrinaggio o altro – che non sono sempre le stesse per ogni azione che fa lucrare undulgenze. Tanto per dire, un conto è una semplice preghiera di fronte a un’immagine sacra, un altro è un pellegrinaggio a piedi verso un luogo santo.
L’utilità della pedagogia del numero è evidente ad esempio nella scuola: quando nelle scuole medie inferiori i voti matematici secchi vennero soppiantati dai giudizi in parole, molti genitori e alunni cominciarono a non capirci più nulla, diventando tutto vago e fumoso.
Ripensandoci, questo riecheggia un po’ la differenza tra i catechismi e i libri di teologia di una volta e quelli attuali: chiari, secchi e precisi i primi, confusi, vaghi e verbosi gli ultimi, con il risultato di annacquare un po’ le verità di Fede di sempre.
Probabilmente Rahner e i radicali sono specie dello stesso genere.
Su tale ambiguo personaggio si consiglia il libro di padre Cavalcoli: “Karl Rahner – Il Concilio tradito”.
Concordo Reginaldo!