Mussolini, la sua formazione culturale e la fede

…Quanto a Benito Mussolini è assai noto il fatto che tutta la sua formazione umana e culturale fu influenzata da ideologie sostanzialmente atee. Il nome di battesimo, Benito, gli fu imposto dal padre in onore di Benito Juarez, il rivoluzionario messicano ferocemente avverso ai cattolici. La sua crescita culturale fu segnata dalla lettura di Rousseau, Spencer, Ardigò, Marx, Sorel, Nietzsche, Mazzini, Giosuè e Vittorio Carducci: una mescolanza di ideali socialisti, cui aderì per una parte molto importante della sua vita, anarchici, positivisti, e di aspirazioni risorgimentali, garibaldine ed anticlericali. I biografi raccontano la sua giovinezza irrequieta, fatta di ardenti passioni politiche ed amorose, di un vagabondare inquieto, tra diverse città, svariate donne, e incontri significativi, come ad esempio quello con Lenin, che più avanti avrebbe incolpato i socialisti italiani di essersi lasciati sfuggire l’unico capace di fare la rivoluzione. Sappiamo che nel suo peregrinare il futuro duce si scontrò spesso con figure di credenti: in Svizzera, ad esempio, ebbe un dibattito pubblico con il pastore evangelico Alfredo Tagliatatela, cui spiegò, togliendosi platealmente l’orologio, che se Dio fosse esistito, avrebbe dovuto dimostrarlo, fulminandolo entro cinque minuti. A Trento, dove rimase qualche mese insieme al socialista anticlericale Cesare Battisti, entrò in conflitto con alcuni sacerdoti locali, da cui fu anche querelato. Spiegava, nei suoi scritti, che la religione è il fardello dell’umanità, e che occorreva liberarsi dalle “unghie dei preti”, definiti anche “vampiri” e “pipistrelli”. Avendo letto “La vita di Gesù” del seminarista rinnegato e razionalista Ernest Renan, una sorta di Dan Brown o di Corrado Augias ante litteram, arrivò a spiegare che forse Gesù non era neppure esistito, e che i Vangeli non potevano essere considerati documenti degni di fede. Salvo poi sostenere, in più occasioni, che in verità Cristo era stato un “socialista ante marcia”, e che il grave peccato dei papi era quello di non essere fedeli, loro, anzitutto, proprio a Cristo stesso.

Citando Darwin, affermava che il naturalista inglese aveva portato avanti, insieme a Marx, la lotta “contro la tradizione, l’autorità, il dogma”. Si distinse anche per aver abbattuto a picconate la statua della Madonna del Fuoco di Forlì. Tra i suoi scritti si possono ricordare una difesa dell’ateismo in 47 pagine, “L’uomo e la divinità”, un romanzo anticlericale a puntate, commissionatogli da Cesare Battisti, “Claudia Particella, l’amante del cardinale”, il romanzo storico “Giovanni Hus il veridico”, esaltazione di un eretico boemo del medioevo e scritti inneggianti a Giordano Bruno e alla ragione, definita come l’ “Anticristo” temuto dai papi. Il 24 dicembre del 1910 scriveva: “Il Natale cattolico è una mistificazione. Cristo è morto e la sua dottrina agonizza. Ma v’è un Cristo vivo, lo schiavo, che attraverso i millenni ha portato la croce della miseria. Questo schiavo non può celebrare il Natale cristiano… Il Natale Umano, verrà”.

Da buon socialista Mussolini conviveva senza matrimonio, neppure civile, con Rachele, sino a che non lo ritenne utile politicamente; analogamente si rifiutò di battezzare i figli Vittorio ed Edda. Erano gli anni in cui con echi carducciani definiva Cristo il “Rabbi vile dalle chiome rosse”, da prendere a calci insieme ai “suoi più vili rabbini dalle sottane nere”. Divenuto sempre più nazionalista ed interventista, Mussolini inasprì lo scontro con la Chiesa, rea di essersi schierata per la pace e per l’Austria cattolica, l’Impero di diritto divino che egli considerava “il principio del Male”, l’ “anti-Uomo”. “Preti e gesuiti, scriveva, sono neutralisti per amore dell’Austria vaticanesca e temporalista”. Senza tema di cadere nel ridicolo, l’uomo che avrebbe via via accordato le sue idee alle circostanze, secondo la bisogna, con astuto pragmatismo, diceva: “La neutralità di Benedetto XV, è deicida, uccide Dio nel cuore degli uomini, Benedetto è l’apostolo dell’ateismo”.

Nel 1919, fondando i fasci di combattimento, in piazza San Sepolcro a Milano, indicò ai suoi uomini un programma in vari punti che contemplava, tra le altre, l’idea di confiscare “tutti i beni delle Congregazioni religiose”. Accanto a lui arditi, futuristi, numerosi massoni, ex socialisti, nazionalisti, dannunziani e anarchici…tutti accomunati da una matrice anticattolica e spesso consapevolmente atea.

Col tempo Mussolini si sarebbe accorto che per governare l’Italia avrebbe dovuto essere più accorto, più pragmatico e meno impulsivo: iniziò così pian piano a non attaccare più con la violenza di un tempo né la monarchia, né la Chiesa. Scriveva, con grande astuzia politica, nel 1920: “Il Vaticano rappresenta 400 milioni di uomini sparsi in tutto il mondo ed una politica intelligente dovrebbe usare ai fini dell’espansionismo proprio questa forza colossale. Io sono, oggi, completamente al di fuori di ogni religione, ma i problemi politici sono problemi politici. Nessuno in Italia, se non vuole scatenare la guerra religiosa, può attentare a questa sovranità spirituale[1]. Per questioni di tattica, di strategia politica, dunque, Mussolini arrivò anche a sposarsi in Chiesa, mentre tradiva giornalmente la povera Rachele, e a strizzare l’occhio ai cattolici italiani, con esiti alterni, sino ai Patti Lateranensi. Cesare Maria De Vecchi, uno dei quadrumviri, ambasciatore fascista in Vaticano e strenuo difensore della buona fede del duce nella Conciliazione, ricorda che subito dopo la firma dei Patti Lateranensi Mussolini scriveva al re “di aver lasciato alla Santa Sede tanto territorio quanto bastava per seppellire in maniera definitiva il plurisecolare dominio temporale dei papi”. Davanti al Gran Consiglio del fascismo il duce ebbe anche a dire: “Come avete udito, abbiamo fatto la pace con la Chiesa…Ora che la pace è fatta, si può pure riprendere la guerra!”. In effetti immediatamente dopo i patti, il governo italiano e la santa Sede entrarono continuamente in conflitto.

Pio XI si sentiva ingannato da Mussolini, che oltre a limitare la libertà d’azione e di pensiero dei laici cattolici, lanciava sovente frecce avvelenate, sostenendo ad esempio pubblicamente che “se il Cristianesimo anziché trasferire a Roma con Pietro e Paolo il suo centro di azione universale, fosse rimasto in Galilea, vi avrebbe subito la sorte di una delle varie sette ebree del tempo”. La voce che correva in Vaticano e in buona parte del mondo cattolico, all’indomani della ufficiale Conciliazione, fu che il papa era stato ingannato. Personalità importanti, come il cardinal Merry del Val e altri influenti uomini di curia, incolpavano soprattutto il segretario di Stato Gasparri, che effettivamente si trovò sempre più in difficoltà di fronte ai rapporti che giungevano in Vaticano, da parte di reparti di polizia e carabinieri ostili al regime, sulle persecuzioni, i sequestri e le angherie subite dall’associazionismo cattolico.

L’Osservatore Romano e la Civiltà cattolica sparavano le loro pallottole di carte sul duce e sui suoi tentativi di monopolizzare l’educazione della gioventù, sui seimila Circoli cattolici chiusi con la forza e sottoposti a devastazioni e violenze di studenti facinorosi protetti dalla polizia, sui bollettini parrocchiali censurati e osteggiati, sugli ex Popolari spiati di continuo dal regime come oppositori, o fatti incarcerare come Degasperi…ma l’impotenza vaticana di fronte alla forza del regime era evidente. Pio XI non poteva far altro che promulgare qualche enciclica, che veniva regolarmente silenziata, come “Non abbiamo bisogno” e “Dell’educazione cristiana della gioventù”, senza che il loro effetto fosse veramente tangibile. Non di rado si sfogava con De Vecchi o altri diplomatici del regime, con affermazioni come questa: “Ecco cosa avete fatto, avete imbrogliato il Papa! Lo dicono tutti, lo sanno tutti, lo scrivono dappertutto, dentro e fuori l’Italia”. Oppure: “L’Azione Cattolica è la pupilla degli occhi del papa ed è perseguitata con sistemi che non voglio qualificare perché la qualifica sarebbe troppo grave…Gli vada a dire (al duce, ndr) che con i sistemi che usa e con i fini che si propone, mi fa schifo…nausea, vomito…[2].

La lotta tra Chiesa e regime si svolse sempre secondo questi canoni: colpi proibiti, piccole vendette, tentativi di boicottaggio, senza che nessuno dei due contendenti, certamente non la Chiesa, avesse la forza per distruggere o condannare totalmente l’altro. All’indomani dell’enciclica “Non abbiamo bisogno”, ad esempio, Mussolini, vedendosi attaccato spiegò machiavellicamente ai suoi: “Intanto io darò un giro di vite alla situazione per quanto riguarda le scuole cattoliche condotte da religiosi. Tutto questo sul piano tattico, mentre sul piano strategico manterremo la nostra linea di perfetta osservanza religiosa e di rispetto nei confronti del papa e della Chiesa[3]

Tornando alle idee religiose di Mussolini, si può ricordare che uno studioso ha parlato di una conversione alla fine della vita, dopo l’arresto del 25 luglio 1943. Renzo De Felice, nella sua biografia di Mussolini in quattro volumi (Einaudi), nega che sia successo qualcosa di veramente nuovo nel rapporto del duce con la fede religiosa, benché sia inevitabile immaginare che nella sconfitta anche in lui si siano fatti largo dubbi e domande sul destino ultimo della sua anima. Per il grande storico del fascismo il fatto che in quelle circostanze Mussolini abbia letto “La vita di Cristo” del Ricciotti “è un risvolto del suo stato di isolamento, direi un percorso più intellettuale che religioso”. In ogni modo resta innegabile quanto scrisse a sua tempo Armando Carlini, discepolo di Giovanni Gentile, suo successore sulla cattedra di filosofia teoretica a Pisa, deputato fascista e membro dell’Accademia d’Italia: Mussolini “della religione comprende e sente il lato umano e storico in generale: non ha mai lasciato trapelare un interesse a questioni dogmatiche, anzi s’è guardato accuratamente dall’entrarvi anche quando l’occasione gli veniva offerta naturalmente. E’ vero che con lui il nome di Dio risuonò, forse per la prima volta, solenne e ammonitore, nella fredda e grigia aula del Parlamento. E’ vero che si deve a lui la distruzione in Italia della Massoneria e la Conciliazione col Vaticano. Ma queste imprese non furono da lui eseguite, e di fatto giustificate, con ragioni che non fossero essenzialmente politiche e sociali. E se pure si ha da concedere qualche valore religioso alla invocazione di Dio, essa non va al di là di una fede in un principio del tutto indeterminato, troppo più vicino al vago principio di una fede di stile mazziniano, che a quello ben definito, preciso e impegnativo, del cristianesimo, anzi del cattolicesimo…la morale del fascismo da lui fondato è tutta una esaltazione di principi fondamentalmente pagani, come molti hanno messo in rilievo[4].

Il fascismo infatti si nutriva dei miti pagani della nazione, della rievocazione della grandezza di Roma: la Roma degli imperatori, non quella dei papi. Utilizzava un linguaggio, simboli, riti, cerimonie, tutti tipici di una religione civile, per sacralizzare lo Stato, come “educatore del popolo nel culto della nazione”, e per celebrare il duce come il grande sacerdote della Patria. Divise per tutti, littori, sabati fascisti, feste laiche della patria, patrioti celebrati come “martiri”, creazione di una “storia sacra del partito”, corsi di “mistica fascista”, usanza di contare gli anni dall’inizio dell’ “era fascista” invece che dalla nascita di Cristo, leggi razziali, liturgie di Stato, culto della bandiera, giuramento di fedeltà al fascismo, pellegrinaggi obbligati al Milite Ignoto, celebrazione di eroi fondatori…dicono chiaramente che il nazionalismo fascista fu una religione. Una religione laica, politica, senza Dio, senza redenzione divina, senza aldilà”. Una religione, si potrebbe aggiungere, analoga al comunismo (benchè molto meno feroce).

da: “Perchè non possiamo essere atei“, Piemme


[1] Gianni Vanoni, “Massoneria, fascismo e Chiesa cattolica”, Laterza, Bari, 1979, p. 19, 28, 38. Si veda anche Luigi Sardi, “Battisti, Mussolini, Degasperi” Curcu & Genovese, Trento, 2004.

[2] Cesare Maria De Vecchi, “Il quadrumviro scomodo”, Mursia, Milano, 1983, p.129-164.

[3] Cesare Maria De Vecchi, op. cit., p. 208.

[4] Armando Carlini, “Filosofia e religione nel pensiero di Mussolini”, Il Settimo Sigillo, Brescia, 1983.

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Autore: Francesco Agnoli

Laureato in Lettere classiche, insegna Filosofia e Storia presso i Licei di Trento, Storia della stampa e dell’editoria alla Trentino Art Academy. Collabora con UPRA, ateneo pontificio romano, sui temi della scienza. Scrive su Avvenire, Il Foglio, La Verità, l’Adige, Il Timone, La Nuova Bussola Quotidiano. Autore di numerosi saggi su storia, scienza e Fede, ha ricevuto nel 2013 il premio Una penna per la vita dalla facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in collaborazione tra gli altri con la FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) e l’Ucsi (Unione Cattolica Stampa Italiana). Annovera interviste a scienziati come  Federico Faggin, Enrico Bombieri, Piero Benvenuti. Segnaliamo l’ultima pubblicazione: L’anima c’è e si vede. 18 prove che l’uomo non è solo materia, ED. Il Timone, 2023. Ha una pagina youtube: https://www.youtube.com/channel/UC4keWMPfcFgyMAe3ke72HOw  

568 pensieri riguardo “Mussolini, la sua formazione culturale e la fede”

  1. Questo ritratto di Mussolini e del suo rapporto con la realtà della fede religiosa cattolica è ben pennellato e indubbiamente veritiero.
    Quello descritto da Agnoli però è il giovane Mussolini: ideologizzato, anticlericale, e forse ateo ( anche se le pubbliche dichiarazioni di ateismo, come quella fatta dal futuro duce durante il noto confronto con il pastore protestante Taglialatela, non sempre corrispondono a una realtà interiore così ben definita). Nel testo di Agnoli inoltre c’è anche il Mussolini maturo e “ufficiale”, uomo di potere che vuole limitare l’azione della Chiesa.

    Su questo sfondo pubblico e a tutti noto esiste però, a mio avviso, un Mussolini più intimo, combattuto e scisso, certamente molto più difficile da ricostruire rispetto all’uomo pubblico, ma forse meno distante dalla fede cattolica di quel che si potrebbe pensare. E’ il Mussolini profondamente legato alla figura della madre Rosa, cattolica e devota, che ha lasciato tracce indelebili nell’intimità del capo del fascismo; l’educazione da questi avuta nell’infanzia, seppur soffocata dallo spirito anticale e dall’ideologia anticristiana, qua e là affiora in diversi fatti della vita del futuro duce, ed è forse quella che è riemersa nel momento decisivo della tragedia finale.
    Sono quegli spunti intimi che alla fine della sua vita lo porteranno a cercare un indubbio e più deciso aggancio con la fede: lo testimoniano, tra le altre cose, la messa celebrata su sua richiesta nel 1944 da Fra Ginepro, e i contatti insistenti con don Giusto Pancino – non solo per riagganciare la figlia Edda – e don Giuseppe Chiot , in cui si parla anche di espressa confessione sacramentale.
    Questo ovviamente non assolve Mussolini dalle sue pesanti responsabilità nella sua azione spesso repressiva del fascismo – invero non sempre da lui espressamente voluta – nei confronti della Chiesa Cattolica. Azione che d’altro canto è anche per tanti versi meritoria, seppur con la finalità di usare spesso la Chiesa come “instrumentum regni”.

  2. Caro Paolo, quello che dici è certamente vero… era pur sempre un italiano. Proprio per questo, penso, non fu mai neppure paragonabile a Lenin, Stalin, Hitler, Mao, Pol Pot e agli altri dittatori…

  3. “profondamente legato alla figura della madre Rosa, cattolica e devota”

    anche per i piu’ duri…….la mamma e’ sempre la mamma!

  4. Sarebbe interessante leggere anche i diari di Ciano nella quale annottava i frequenti sfoghi del duce sulla Chiesa. Una volta, ad esempio, il duce giunse a rammaricarsi per il fatto che i tedeschi non avessero abolito il Natale che rappresentava la nascita di un ebreo che aveva “fregato il mondo con le sue teorie svilizzatrici e che ha particolarmente fregato l’Italia per con la creazione del papato”.

  5. In realtà, nella pratica neanche Mussolini ha abolito le feste religiose in Italia. Anzi, ha contribuito a rafforzare il calendario cattolico con ampie concessioni alla Chiesa. Gli sfoghi riportati da Ciano – i cui diari sono stati troppo spesso ipervalorizzati come fonte documentaria – sono appunto tali, e mi sembra rientrino nel carattere complesso, umorale e sovente contraddittorio del personaggio. Sono certo segni non trascurabili della sua notoria intolleranza per molti aspetti della Chiesa istituzione, ma andrebbero letti nel contesto reale in cui sono stati pronunciati. La frase sull’ebreo che ha fregato l’Italia, che ricalca l’infatuazione antisemita- molto strategica e ben calcolata – degli anni dell’alleanza ufficiale con Hitler, andrebbe accostata alla lettura assidua da parte dell’ex- duce della cattolicissima “Vita di Cristo” dell’abate Ricciotti, nel periodo della prigionia (dopo il settembre 1943). Lettura fatta con entusiasmo, testimoniato da numerose sottolineature dei passi più forti di quella notissima vita di Gesù.

  6. Non credo comunque che dopo il 1943 Mussolini si sia convertito al cattolicesimo perché, secondo la biografia di Denis Mack Smith, durante la repubblica di Salò il suo rapporto con i preti e i sacramenti rimase assai scarso, incoraggiò un gruppo di sacerdoti scomunicati che minacciava uno scisma e pensò anche di rivedere il concordato per ridurre la presenza della Chiesa nella società.

  7. Purtroppo, la biografia di Mack Smith è ancora citata – a livello divulgativo – ma è anche una delle opere più abborracciate e superficiali, come del resto parte della storiografia di marca anglosassone sul tema. La storiografia inglese ha prodotto alcune cose di pregio sulla storia del fascismo, e il lavoro di Mack Smith non è uno di quelli. Fonti citate a dir poco in maniera parziale e superficiale – come dimostra infatti la sottovalutazione dei rapporti intensi di Mussolini con la Chiesa e il Vaticano negli ultimi anni: si vedano testi di spessore ben più ampio come, tra i tanti, “L’occhio del Vaticano sull’Italia in guerra”, con documenti riservati della Santa Sede dal 1939 al 1945: qui c’e davverio materia seria e importante per una riflessione non umorale e “internettiana” sul tema; e poi, in Mack Smith, opinioni buttate là senza alcun riscontro, con in più il classico approccio riduttivo di certa obsoleta critica storiografica britannica alla vita di Mussolini, visto ancora come il tipico macho clownesco di italica stirpe, senza il minimo desiderio di approfondimento. Le prime pagine del testo di Smith sulla presenza di Mussolini in Inghilterra e la descrizione della sua attività politica sono in effetti veramente esilaranti dal punto di vista della serietà storica.
    Detto questo, quanto citato da Smith rientra comunque sempre nell’inasprimento dello scontro con l’istituzione Chiesa, compresa la minaccia del sostegno ai preti scismatici: fu uno strumento di pressione “politica”, non dettato da una convinzione religiosa profonda. Così come la minaccia di ridimensionare il Concordato, atto per altro assai velleitario nelle condizioni in cui si trovava il Duce a Salò: infatti non fece nulla. Erano solo mezzi per aumentare la pressione diplomatica sulla Chiesa, in vista delle trattative segrete con gli Alleati, in cui la Chiesa di Pio XII ebbe un ruolo di rilievo. Il livore di Mussolini era di fatto più rivolto verso la figura di Pio XI.
    Anche il colloquio con Schuster, seppur fallito, ha un suo obiettivo significato nell’ambito di questo discorso.
    In ogni caso, qui si analizzano dati, non si vuole arruolare per forza Mussolini in un campo o nell’altro, anche se alla luce di fatti concreti si possono prospettare certe conclusioni. Importante è farlo con serietà.
    Grazie degli spunti e cordiali saluti.

  8. Effettivamente la biografia di Smith, seppur contente dati interessanti, punta più sulla demonizzazione che ad una reale analisi. Molto meglio Renzo de Felice e i suoi “allievi”. Cosa pensasse Mussolini intimamente rimarrà probabilmente un mistero.
    Cordiali saluti anche a lei.

  9. mussolini e’ e rimarra’ un mistero.

    sono d’accordo.

    ebbe secondo me la capacita di andare oltre l’ideologia umana fine a se stessa per quanto alti possano essere gli ideali che la costituiscono.

    e di sicuro fu “nutrito” in questo modo di essere dalla madre.

    resta il fatto che un papa lo defini’ uomo della provvidenza, credo perche impedi che in italia attecchissero nei laici-atei d’italia, le ideologie comunista e nazista.

    forse davvero in lui conviveva il conflitto di un padre ateo e socialista e di una madre devota e cattolica.

  10. Ad onor del vero la frase corretta di Pio XI sarebbe: “L’uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare”… è un po’ diverso il concetto.

    Condivido con quanto sopra… è e rimarrà un mistero.

  11. buona laprecisazione! non ricordavo bene la frase e non la sono andata a ricercare.

    secondo te quale fu il motivo che spinse il papa a dire quella rase?

  12. mi scusi, rocco,ma secondo lei mussolini ha impedito che in italia attecchisse il nazismo anche tra il 1938 e il 1945?i

  13. @Rocco

    Per aver risolto definitivamente la questione romana firmando i patti lateranensi, a differenza dei suoi predecesori troppo avulsi dall’anticlericalismo. Anche se credo che vedendo quello che fece il duce con l’Azione cattolica e sopratutto con le leggi razziali può avere mutato parere.

  14. e comunque la mia era una ipotesi in merito alla quale ho chiesto altre opinioni.

    e se mi dici la tua, ruggero, magari ne parliamo cosi’ imparo qualcosa!

    qual’e’ il senso della frase del papa?

    quali sono i pregi che il papa vide nel duce? o forse parlava del semplice uomo mussolini?

  15. a me sembra che l’allineamento di mussolini con hitler dal 1938 e soprattutto dal 1943 sia stato totale. una prova è che il neofascismo è + vicino al nazismo che al fascismo storico

  16. mattia,

    ancora non avevo letto la tua.

    o forse aveva capito che a differenza di hitler e stalin era un uomo piu’ “umano” col quale si poteva tentare d salvare il salvabile…

  17. Non credo. Quella frase l’ha pronunciata nel ’29, Hitler non era ancora salito al potere e Stalin doveva ancora iniziare i massacri di cui rimarrà tristemente noto.

  18. Per Ruggero Romani: tra fascismo e nazismo è sempre rimasta molta differenza..basta leggere da una parte il diario di Ciano o quello di De Vecchi, dall’altra H. Arendt, che lo dice molto chiaramente…

  19. cosa spinse il duce ad “allinearsi” al nazismo?

    ho sentito dire da piu’ parti per mitigare gli effetti di una conquista che il duce sapeva che sarebbe ugualmente avvenuta.

    che ne pensate?

  20. Io ho sentito che cercava nuovi alleati dopo che la Francia e l’Inghilterra lo avevano condannato per l’aggressione etiopica e perciò decise di giocare la carta tedesca cambiando tutto ad un tratto la sua precedente politica.

  21. Direi che il duce si mosse verso la Germania, abbandonando i vecchi alleati, dopo le sanzioni imposte da francia e Inghilterra dopo l’Etiopia. Poi vide la forza della Germania..ma che Mussolini sia stato un alleato fedele della germania è tutto da dimostrare. C’è infatti il carteggio Mussolini Churchill…. non escluderei che giocasse su due tavoli, sino a rimanere vittima dei suoi stessi doppi giochi…

  22. gia , le sanzione di due paesi colonialisti per delle colonie…..mi ricorda tanto l’europa di oggi.

  23. il carteggio mussolini churchill è”come l’araba fenice: che vi sia ciascun lo dice dove sia nessun lo sa”

  24. Il carteggio non si sa dove sia, ma è sufficiente sapere che ci sia..come è sufficiente sapere dei rapporti tra Chuirchill e Mussolini non segreti, ma scoperti…oppure del ruolo di Mussolini al soldo dei servizi segreti britannici e francesi per una paret della sua vita..oppure dei movimenti dei servizi inglesi subito dopo la morte del duce per recuperare qualcosa… Oppure della morte di Mussolini, che gli americani avrebbero voluto processare e che gli inglesi invece, chissà perchè, volevano morto subito.. Quando si vince e non si hanno scheletri negli armadi, si porcessa il vinto…

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