Tutta antipolitica? Non proprio. Se si vuole capire quello che sta succedendo in queste settimane nel nostro Paese, occorre diffidare delle semplificazioni e iniziare, prima di tutto, con un po’ di pulizia terminologica. Partiamo quindi con delle distinzioni: un conto è l’antipolitica, un conto è la politica che potremmo chiamare “antisistema” e un altro ancora è la crisi della politica. Quest’ultima, per essere chiari, non ha nulla a che vedere col caso italiano, dal momento che riguarda primariamente la sudditanza – Europea? Occidentale? – delle istituzioni rispetto all’andamento dei mercati finanziari. Non è esclusiva italiana, a ben vedere, nemmeno la ciclica emersione di movimenti di protesta; basti pensare al fenomeno internazionale degli “indignados”, per molti versi una riedizione, per così dire, di quello dei “No global”.
Del tutto italiano, invece, è il caso del cosiddetto “grillismo”. Ed è qui che brevemente intendiamo soffermarci. Riprendendo anzitutto quanto si affermava poc’anzi, e cioè che antipolitica e politica “antisistema” sono sì fenomeni contemporanei, ma distinti; entrambi attuali, ma tutt’altro che identici. In particolare l’antipolitica coincide con l’accresciuta distanza pre-politica [1] tra cittadini e istituzioni. In tal senso, l’antipolitica per antonomasia si concreta nell’astensionismo, realtà che – è stato giustamente osservato – «l’attuale sistema dei partiti (opposizioni protestatarie incluse) non è stato in grado di stemperare», con il conseguente imporsi d’una «gigantesca bolla della disillusione e della disaffezione impolitica della gente» [2]. Non è dunque antipolitico chi esprime un voto di protesta, bensì chi si priva volontariamente del diritto di recarsi alle urne, intravedendo nei meccanismi stessi della gestione del potere disfunzioni ritenute insanabili.
Un discorso a parte merita la politica antisistema, nella quale possiamo inscrivere il fenomeno del “grillismo”, che, dopo il successo alle ultime elezioni amministrative, culminato nella conquista di alcuni Comuni, non appare più liquidabile come la «tendenza a “ridere” dei problemi, anziché tentare di risolverli» [3], anche se c’è chi osserva come esso non sia tutt’ora in grado di «costruire una piattaforma progettuale, di costruire un percorso di controcomunicazione capace di creare conoscenza, cultura e dunque di generare un cambiamento sociale» [4]. Sia come sia, possiamo qui rilevare come il “grillismo”, di fatto, non solo non esprima volontà antipolitiche, ma ne sia addirittura agli antipodi, dal momento che incarna – sia pure con modalità irrituali – un desiderio di partecipazione e attira simpatie insospettabili e – secondo recenti stime – addirittura di un italiano su tre spera che il movimento di Grillo possa ottenere «molti seggi alle prossime elezioni politiche» [5].
Un secondo aspetto curioso legato al MoVimento 5 Stelle concerne la sua collocazione ideologica: destra o sinistra? Si tratta di un dubbio impegnativo, che nel recente passato era affrontato ricorrendo alla categoria del giustizialismo. In realtà la questione è assai più complessa, al punto che non manca chi, come Camillo Langone, da un lato vede nei “grillini” degli attivisti di sinistra, mentre d’altro lato riconosce in Grillo un leader di destra sulla base di diversi argomenti impiegati dal comico genovese: «Il primo è senza dubbio la nazione: Grillo non fa che scagliarsi contro le istituzioni sovranazionali, propugna la fuoriuscita dell’euro […] grosso modo il programma della cara Marine Le Pen e di tutta la destra sovranista. Il secondo è l’immigrazione […] si è messo a parlare degli operai cinesi che tolgono il lavoro agli operai italiani […] il terzo argomento […] è la libertà personale […] Grillo si è scaldato davvero quando ha cominciato a tuonare contro le tasse» [6].
Verosimilmente anche questa lettura, per quanto suggestiva, presenta dei limiti. E’ innegabile, tuttavia, la difficoltà di collocare politicamente il MoVimento 5 Stelle. Tanto è vero che il solo parallelo che sembra storicamente accettabile è quello con il movimento del qualunquismo fondato nel Dopoguerra da Gugliemo Giannini; anche in quel caso si trattava di un realtà priva di solide basi ideologiche ma molto determinata nella denuncia verso tutti i partiti, ritenuti come «usurpatori della sovranità popolare», e al «professionismo politico» [7]; anche in quel caso si trattava di un movimento che arrivò in poco tempo ad imporsi su scala nazionale divenendo, con l’elezione di 30 deputati, il quinto partito nazionale e toccando il proprio apice nelle elezioni amministrative nelle quali, a Roma ottenne 6.000 voti più della Democrazia Cristiana.
Detto questo, appare importante una annotazione sul successo del “grillismo”, che – provvisto o meno che sia, come spesso viene detto, di capacità propositive e risolutive dei problemi che in parte denuncia – di fatto rappresenta non la causa, bensì una conseguenza di quella che Giovanni Sartori, rifacendosi a Bauman, ha chiamato la «liquidazione» della politica [8]. E in tal senso non è da escludersi che, una volta affermatosi su scala nazionale e parlamentare, il MoVimento 5 Stelle – come prevede il sociologo Carlo Carboni – «verrà istituzionalizzato» smarrendo, sotto il profilo mediatico, il fascino attuale, così anticonformista ed esplosivo[9].
Prima che ciò accada o per favorire questa integrazione istituzionale del MoVimento 5 Stelle è fondamentale che i partiti prendano coscienza che se, da un lato, accusano il “grillismo” di essere demagogico e, d’altro lato, omettono ogni misura di concreta corrispondenza alle richieste di un elettorato che esige trasparenza e contenimento dei cosiddetti “costi della politica”, di fatto finiscono per divenire i primi sponsor dei seguaci di Beppe Grillo. Soprattutto è importante comprendere che “grillismo” e dintorni tutto sono – come abbiamo già detto – meno che espressione di antipolitica. Paiono decisamente condivisibili, a questo riguardo, le parole di Giuliano Zincone: «Altro che antipolitica. Queste iniziative possono piacere o dispiacere, possiamo chiamare difensive, o velleitarie, effimere, egoistiche, reazionarie, riciclate […] ma il loro avversario non è la Politica: è, al contrario, il vuoto di politica nella cultura e nell’azione dei partiti» [10].
Conclusivamente, il suggerimento è quello di evitare, dinnanzi alle uscite spesso provocatorie di Beppe Grillo, una reazione di disgusto che impedisca di cogliere le dinamiche, non di rado interessanti, che soggiacciono al successo che il “grillismo”, «specchio in cui riflettono tutti i vizi e le insufficienze dei partiti contro cui è entrato in guerra»[11], oggi riscuote. Del resto, una insistita sottovalutazione elettorale del MoVimento 5 Stelle, lo ribadiamo, ne rappresenta la più solida garanzia di longevità politica; un po’ come è avvenuto alla Lega Nord, partito oggi in crisi ma dalle origini movimentiste, a lungo sottovalutato e caratterizzato da una storia singolare, se si pensa che, ad oggi, rappresenta l’ultimo partito della Prima Repubblica ancora presente sulla scena.
Appare pertanto auspicabile che le istituzioni possano cogliere al più presto, integrandoli, gli aspetti positivi del “grillismo” – soprattutto in termini di rinnovamento della classe politica e di richiesta di democrazia – così da avviare, almeno in parte, quel cambiamento di cui in Italia, per ora, si è sempre e solo parlato, senza apprezzabili conseguenze. Anche se a considerare la granitica staticità dell’attuale classe politica, è da escludere che ciò possa avvenire, se non in un raggio di tempo non breve. Staremo a vedere.
Note: [1] Gualdo R. – Dell’Anna M.V., La faconda Repubblica, Manni 2004, p. 18; [2] Carboni C., Il primo partito? Gli indifferenti. “Il Sole 24 Ore”, 28/5/2012, p. 18;] [3] Caprarica A., Gli italiani la sanno lunga..o no?, Sperling & Kufler, 2010; [4] Pira F., La net comunicazione politica, FrancoAngeli 2012, p. 75; [5] Mannheimer R., Un italiano su tre simpatizza per i grillini. “Corriere della Sera”, 27/5/2012, p. 15 [6] Langone C., Beppe è di destra, i suoi non lo sanno. “Libero”, 27/4/2012, pp. 1-13; [7] Capozzi E., Partitocrazia, il “regime” italiano e i suoi critici. Alfredo Guida Editore 2009, p. 66; [8] Sartori G., Com’è liquido il grillismo. “Corriere della Sera”, 25/4/2012, p. 1; [9] Carboni C.,«Non chiamatela antipolitica. Il vero problema è chi non vota più». “Corriere della Sera”, 8/5/2012, pp. 10-11; [10] Zincone G., Altro che antipolitica, sono i partiti a non distribuire più speranza. “Il Foglio”, 27/4/2012, p. 2; [11] Salvadori M.L., La terza repubblica nelle mani dei grillini. “La Repubblica”, 31/05/2012, p. 42.
ho rivisto i video dei suoi sketch e dei suoi spettacoli.
lo preferivo comico.