di Marisa Orecchia
Il ricorso al TAR della Casa delle donne contro la delibera Cota è stato respinto e i volontari pro vita e famiglia avranno in Piemonte libertà d’ingresso nei Consultori pubblici, fatti salvi, va da sé, il rispetto della privacy della donna che vi si reca a richiedere la certificazione per abortire e la sua volontà di accettarne la presenza, sin dall’inizio del colloquio. La situazione è certamente innovativa – nessun’altra Regione ha mai deliberato in tal senso e la presenza di volontari pro life nelle strutture e nei presidi sanitari pubblici si è finora attuata solo raramente sulla base di iniziative personali a livello locale – e impone alcune considerazioni.
Ci sono ancora spazi per la buona politica. La delibera della giunta piemontese che consente ai volontari l’ingresso nei consultori pubblici e la loro partecipazione al colloquio con la donna che richiede di abortire, nasce infatti da un accordo stretto prima delle elezioni regionali tra Federvita Piemonte, che mirava ad impedire la rielezione della presidente uscente, Mercedes Bresso, radicale pro aborto ed eutanasia, e il candidato Roberto Cota. Il quale, una volta eletto, con la delibera in questione ha rispettato i patti. Non si era trattato infatti, in campagna elettorale, della solita generica richiesta di tutela della vita e della famiglia, tipo quella che da anni, in vista di ogni tornata elettorale, veniva rivolta a tutti i candidati che puntualmente rispondevano positivamente, salvo poi dimenticare tutto ad elezione avvenuta, ma di un vero e proprio accordo per la tutela dei valori non negoziabili.
I Centri di aiuto alla vita e le altre associazioni pro vita e famiglia saranno così interlocutori accreditati delle ASL locali e parteciperanno a quella prevenzione dell’aborto volontario che la stessa L. 194 prevede. Diventerà finalmente realtà il colloquio che dovrebbe far emergere le difficoltà della donna di fronte a quella gravidanza e la possibilità di trovare per lei il sostegno adeguato per l’accoglienza del suo bambino. Colloquio che il Consultorio pubblico, nel culto dell’autodeterminazione della donna ha perlopiù abolito, nella stravagante convinzione che niente e nessuno ne debba condizionare la scelta. Che invece non ci sia scelta più condizionata che quella dell’aborto sanno bene i volontari per la vita, che tanti bambini riescono a salvare accogliendo le loro mamme, ascoltando, parlando con loro, aiutandole nelle piccole e nelle grandi necessità.
Un ulteriore risultato di questa delibera sarà il ricentrare il Consultorio stesso sulla famiglia, facendogli parzialmente recuperare il ruolo previsto dalla legge 405, istitutiva dei Consultori familiari, appunto, come luogo di accoglienza e tutela per la famiglia. Non sfugge infatti che tale obiettivo è stato ben presto disatteso dai Consultori che si sono sanitarizzati divenendo luoghi di cura per le patologie femminili, di educazione contraccettista per i giovani, di rilascio per la certificazione all’aborto.
Il ricorso che per ben due volte l’associazione femminista Casa delle donne ha presentato al TAR e le roventi polemiche che accompagnano dall’inizio la delibera Cota ci mettono di fronte, se ancor ce ne fosse bisogno, ad una situazione culturale diffusa e pervasiva per la quale l’aborto è cosa che riguarda solo la donna , suo inalienabile diritto, e per la quale il figlio, se non è voluto, non esiste. Vede perciò ogni tentativo di prevenzione post concepimento come inaccettabile intromissione nella sfera privata della donna. E’ una cultura che ha fatto più di cinque milioni di morti solo in Italia e che ha spinto la donna sulla strada dell’alienazione e della spogliazione di quanto più naturale c’è per lei, il farsi carico di suo figlio. Di quanto strazio, di quali tragedie sia cosparsa questa strada sanno bene volontari, medici, psicologi, sacerdoti che si siano imbattuti nell’abisso del post aborto. Ma tant’è il femminismo è questo, la solita ideologia scritta a tavolino per la felicità della donna sulla terra, e se non porta alla felicità, tanto peggio per la donna.
Questo è il motivo per cui non possiamo fermarci. Grazie alla delibera Cota entreremo nei Consultori e, a Dio piacendo, strapperemo qualche bimbo in più all’aborto. Ma per noi questo è un traguardo intermedio. Accoglieremo per il futuro con soddisfazione ogni eventuale riforma che interessi l’operare dei Consultori, ogni nuova possibilità di collaborazione tra enti locali e volontariato pro vita, ogni stanziamento di fondi a sostegno delle maternità problematiche. Ma non potremo cessare di impegnarci affinchè la legge 194, punto di arrivo dell’ideologia radical femminista e a sua volta fautrice, stante l’inevitabile funzione pedagogica delle leggi, di diffusa cultura radical femminista non venga cancellata. Fino a che una legge consentirà l’uccisione anche di un solo bambino, non potremo tacere.
La dimostrazione che il voto aveva ancora un significato e che l’ostracismo verso alcune forze politiche nella base cattolica , nella gerarchia e in certi partiti di ispirazione “cristiana” era solo un atteggiamento masochista.
Adesso si consolino con Celentano o con Monti , secondo i gusti.
GRAZIE COTA ! Il mio voto non è andato perso. Hai dimostrato di essere leale, coerente, rispettoso di un patto elettorale molto importante ma impopolare. Non hai guardato al mondo politico ma al mondo dei valori. Rflettiamo gente, riflettiamo ! I nostri governanti dovrebbero prendere esempio da quest’uomo moralmente pulito e forte. GRAZIE COTA anche da parte dei BAMBINI ( anche fosse uno solo) salvati dalla morte e restituiti al loro diritto di vivere.