di Elisabetta Pittino
“Se quello che i mortali desiderano, potesse avverarsi, per prima cosa vorrei il ritorno del padre”, dice Telemaco, figlio di Ulisse, esprimendo l’angoscia del figlio senza padre.
Ma chi è veramente il padre? Il prof. Claudio Risé, psicanalista, docente di Sociologia dei processi culturali e delle comunicazioni all’Università dell’Insubria (Varese), esperto della figura paterna, risponde così: “Il padre è colui che è consapevole della sua natura di co-creatore della vita in un disegno di felicità che si esplica secondo due aspetti. L’aspetto dinamico si configura come spinta originaria, donativa e vitale, atto maschile per eccellenza: il padre è colui che mette in moto il processo di creazione, è colui che realizza il getto del dono creativo, capace di promuovere una nuova vita e la stessa continuazione della vita. Il secondo è un aspetto di accoglimento, cioè di disponibilità alla fondazione e rifondazione della personalità del figlio, disponibilità alla quale il padre, roccia e rifugio, deve essere sempre aperto e che presuppone una disposizione all’accoglimento del figlio e all’offerta di rifornimento di energie allo stesso. Quindi il padre, come creatore, presenta da una parte un lato direttamente propulsivo, dinamico e attivo, dall’altra un lato di accoglimento che, proprio per la sua capacità di apertura, è in grado di fornire, silenziosamente e per lungo tempo, le energie necessarie alla crescita dei figli. Le due dinamiche, della spinta e dell’accoglimento, portano alla nascita del senso di appartenenza”.
L’esperienza dell’appartenenza, il fatto che io vengo da quella storia, da quell’amore per la vita, da quel padre, è costitutiva della personalità. “Solo a partire da un’appartenenza posso immaginare un destino. Solo se vengo da qualche parte posso andare verso una direzione”.
Secondo Risè lo sguardo che spinge (l’aspetto dinamico) è ben rappresentato nel San Giuseppe del Beato Angelico, mentre la funzione di accoglimento è magistralmente rappresentata nel Figliol Prodigo del Guercino, in cui il padre è raffigurato mentre è dedito alla cura del figlio, per metterlo in grado di ripartire nella vita. In due libri Il padre l’assente inaccettabile, prima, e Il mestiere di Padre, poi, Risé riscopre la figura paterna, “assente inaccettabile” della nostra società, con l’intenzione di contribuire ad una speranza: che il padre ritorni.
Perché il padre è diventato un “fantasma” nella società occidentale? Quali sono le conseguenze psicologiche e sociali di questo processo? Secondo Risé oggi c’è “nostalgia dello sguardo paterno… di un padre più coraggioso del corporate man, dell’uomo di azienda. Più coraggioso negli affetti, ed in particolare, in quello verso i figli. Un padre, insomma che non abbia paura di fare il suo mestiere”.
Continua Risé: “Il padre è oggi emotivamente assente, spesso addirittura respinto in una grigia terra di nessuno, da cui non può più guardare, comunicare coi figli, né loro con lui. La figura del padre è, infatti, costitutiva della creazione, della vita, e del suo sviluppo. Senza una significativa presenza paterna l’organismo vitale tende ad indebolirsi, ed a perdere interesse alla stessa esistenza. Tutto l’umano assume una forma definita, ed acquista il suo dinamismo, nel segno del padre, che lo genera, così come acquista tranquillità e sicurezza affettiva nell’esperienza della madre positiva, che lo accoglie. Ecco perché oggi proviamo, tutti, più o meno consciamente, nostalgia di questa presenza”.
La paternità e, quindi, la mascolinità si imparano attraverso un’esperienza che bisogna fare in una relazione affettiva con il padre. “La principale conseguenza di questa assenza è la perdita di identità del giovane uomo occidentale”. “La speranza è – scrive Risé – che i due libri insieme, possano dare un preciso e valido aiuto al grande popolo di persone responsabili, uomini e donne, oggi impegnato a trasformare quel fantasma ambiguo di padre, che ha preso forma nell’ultima parte del ’900 in Occidente, in una realtà di carne e di sangue, di pensiero e d’azione. Un soggetto autenticamente paterno, dotato di un suo sentire, e di una sua precisa conoscenza, e competenza, affettiva, e spirituale. Un padre che, proprio perché ama i figli, ed è profondamente affettivo, non si sottrae alla sua funzione di fornire loro indicazioni, norme, visioni del mondo. Un materiale di conoscenze e valori che spesso i figli rifiuteranno, o accantoneranno per lungo tempo nella loro vita. Un dono paterno di cui hanno tuttavia assoluto bisogno, per costruire, nel confronto con esso, la propria sicurezza, e la propria libertà”.
A tutti quelli che non hanno potuto fare l’esperienza del padre: c’è San Giuseppe, c’è Dio che è Padre, Abbà, papà e noi siamo suoi figli. In nome di questa speranza invitiamo i lettori a prendere visione ed a sottoscrivere il Documento per il Padre: http://www.claudio-rise.it/documento_per_il_padre.htm.
Non abbiate paura di essere padri! da: L’Ottimista